A Lido di Ostia, in Provincia di Roma, c’è un ristorante a cui sono molto affezionato da anni che si chiama proprio “Il Tino”.
Questo locale nasce nel 1965 come vineria, gestito da due giovani signore, che pur servendo agli avventori solo vino, non disdegnavano il fatto che i loro clienti si portassero da casa il mangiare. Attraverso gli anni, nel 1985, con una successiva gestione, il locale si affinò, sviluppando anche una cucina propria.

Il tino è un “vaso vinario”, cosi si chiamano i contenitori del vino usati nella varie fasi della sua  preparazione. Il tino serve per praticarvi quel processo ossidativo anaerobico che prende il nome di fermentazione. Per l’invecchiamento e la conservazione del vino vengono usate, invece, le botti.

La forma tronconica è quella più tradizionale del tino nel suo insieme di doghe in legno compattate da cerchi di ferro. Quando questi contenitori sono nuovi necessitano di attente cure prima di introdurvi il vino. Vi si immette vapore a bassa pressione o si effettuano molti lavaggi per eliminare sostanze che potrebbero modificare il vino da essi contenuto. Questo procedimento di miglioramento prende il nome di “abbonimento”.

A Lido di Ostia, in Provincia di Roma, c’è un ristorante a cui sono molto affezionato da anni che si chiama proprio “Il Tino”.

Questo locale nasce nel 1965 come vineria, gestito da due giovani signore, che pur servendo agli avventori solo vino, non disdegnavano il fatto che i loro clienti si portassero da casa il mangiare. Attraverso gli anni, nel 1985, con una successiva gestione, il locale si affinò, sviluppando anche una cucina propria.

Poi tra il 1994 e il 2004 Massimo Salvatori, il titolare di allora, lo trasformò, cambiandogli nome, in “Le Bizze del Tino”, ma soprattutto ne cambiò i contenuti: vi fu un netto miglioramento della cucina.

In seguito due brevi e non fortunate gestioni, di un anno ciascuna.

La svolta arriva nel 2006, e precisamente il 16 giugno, quando Claudio Bronzi e Daniele Usai rilevano il locale.

Claudio Bronzi è nato a Roma, il 14 gennaio del 1979, da piccolo ha sempre sognato di fare il pilota e, infatti, alle superiori si diploma all’Istituto Tecnico Aeronautico. Il caso vuole che un cugino, di secondo grado, lo convinca ad andare a lavorare in un locale ai Parioli (uno dei quartieri più chic di Roma) che ha appena aperto (1998), il Duke’s California Bar & Restaurant. Il locale è un ambiente giovane e raffinato, una grossa novità nella capitale, ha subito successo. Claudio scopre qui il suo amore per il vino e la ristorazione di qualità.

La passione lo porta nel 2000 a diplomarsi Sommelier A.I.S. , è molto bravo e lo promuovono responsabile di sala, carica che manterrà fino al 2006, quando rileverà “Il Tino” a Lido di Ostia.

Daniele Usai, nato ad Ostia, classe 1977, anche se si diploma, nel 1996 all’I.T.C. Paolo Toscanelli di Roma, perito commerciale, ha nel sangue la cucina. Già mentre studia lavora nelle cucine di alcuni locali di Ostia, nel 1998 entra come Sous-Chef al Duke’s di Roma, dove diventa amico di Claudio, e vi rimane fino al 2001.

Successivamente lavora, un anno per ciascuno, con grandissimi e mitici chef, pluripremiati, anche con le ambite “stelle Michelin”, Enrico Derflingher, al ristorante La Terrazza dell’Eden di Roma, e Gualtiero Marchesi, del ristorante, che porta il suo nome, presso l’Albereta Relais & Chateaux a Erbusco in Provincia di Brescia.

Dal 2003 al 2004 è al ristorante Moma di Roma, poi si trasferisce a Londra, per due anni, come chef de cuisine al Detroit Bar & Restaurant al Covent Garden (distretto di Londra). Torna a Roma nel 2005 al ristorante Tribeca Cafe, e nel giugno 2006, con l’amico Claudio rileva il loro attuale locale.

Il ristorante “Il Tino”, già da fuori, è un locale raccolto e accogliente, si entra in una piccola saletta con due tavoli sulla sinistra, dove spiccano le alte imbottiture rosse dei divanetti lato muro, di fronte il piccolo bancone del bar. Piegando a destra si entra nel secondo spazio, con cinque tavoli, poi si scende una caratteristica scaletta che ci porta nell’ultima saletta, un poco più grande, rettangolare, con sei tavoli, sulla destra un passaggio che porta alla cantinetta e alla cucina.

Le luci sono soffuse, alle pareti gli opulenti personaggi delle opere di Fernando Botero (pittore e scultore colombiano), l’arredamento è semplice ma elegante. Bella l’apparecchiatura, spiccano le bianche tovaglie in lino. Per dare il meglio in comfort e qualità, alla clientela, non si superano i trenta coperti.

Il menù “Inverno 2013” è molto ricco, si parte con i menu degustazione di 6 portate, quello consigliato e l’altro aperto alle scelte del cliente secondo le sue preferenze. Seguono gli “antipasti”, “le paste”, “i secondi”, “i dolci”. I piatti pur essendo prevalentemente di mare sono ben differenziati e coprono una vasta scelta di gusti e sapori.

La carta dei vini fatta da Claudio è straordinaria, una delle più belle che abbia mai visto, una prestigiosa selezione dei vini bianchi e rossi da tutte le regioni di produzione più importanti d’Italia, molto ampia, circa un 40%, la parte dedicata alla Francia.

Voglio sottolineare che il metodo di cernita delle aziende vitivinicole è stato quello di favorire i piccoli produttori, quelli che hanno un legame più stretto con la loro terra, piccole produzioni di  altissimo pregio con un ottimo rapporto qualità/prezzo.

La carta è una piccola enciclopedia sul vino, 120 pagine, suddivise in regioni, ognuna delle quali ha le schede illustrative della sua ampelografia (dal Greco ampèlon = vigna e da àmpelos = vite, tralcio), la scienza che individua, denomina e classifica le varietà dei vitigni, con in fondo le informative sulle tipologie di vitigni autoctoni e vitigni nazionali”. Seguono le pagine con la descrizione di ogni specifico vitigno, sotto, l’etichetta del vino citato, l’anno, il prezzo, la scheda tecnica, la scheda produttore.

Che dire, anche il più profano può scegliere tranquillamente un vino secondo le proprie esigenze, nella consapevolezza di fare la scelta più giusta.

Tutti i vini dalla carta sono degustabili al calice, questo fatto eccezionale è frutto di un investimento fatto nei nuovi tappi per la conservazione dei “vini sottovuoto”. Questo metodo permette di prevenire, per giorni, l’ossidazione, causata da un contatto prolungato con l’aria, di un vino stappato, conservando al meglio le sue specifiche peculiarità.

Eccoci alla degustazione che è stata accompagnata da una ottima bottiglia di vino bianco, “u Baccan 2009”, D.O.C. Riviera Ligure di Ponente, 100% Pigato, 13,5% Vol., prodotto, con una severa selezione di uve, raccolte dalle piante più vecchie dei vigneti “Russeghine” e “Garaxin”, “quando i grappoli di Pigato hanno il color oro e il vento di libeccio porta gli echi lontani delle prime mareggiate d’autunno”, dall’Azienda Agricola Bruna di Ranzo Borgo (Imperia).

In tavola il vassoio con l’ottimo pane assortito della casa, pane casareccio in crosta dura, panini al latte con semi di sesamo e papavero, focaccina all’aneto, grissini alla senape, schiacciatina croccante:

– gamberi rossi crudi, affumicati al pino, con sottobosco di macchia mediterranea;

– foie gras, prugne secche al Cognac e pan di spezie;

– agnolotti alla ‘nduja di tonno con spuma di broccoli verdi e zafferano;

– sandwich di spatola con finferli, cime di rapa e ajoli alla colatura di alici;

– rocher al gorgonzola e nocciole con purea di mele cotogne.

Molto belle le presentazioni, ottimi i sapori, anche nei vari e molteplici accostamenti.

Anche se la degustazione di Rum super invecchiati e cioccolati pregiati, suggeritami da Claudio, è terribilmente invitante, non ce la faccio.

La cucina dello chef Daniele Usai si basa su regole e principi chiari, fare il massimo che si può in casa, usare prodotti del territorio, stagionali e di grande qualità, innovazione si, “ma con i piedi ben piantati per terra”. Si sente che è una cucina sincera, realizzata con bravura, esperienza, estrema professionalità e “con amore”.

In cucina ad aiutarlo due giovanissimi Gabriele Di Lecce e Claudio Prossomariti

Claudio in sala è premuroso, attento, simpatico e preparato. Insieme a lui due brave ragazze Eleonora e Federica Di Lecce (due sorelle in sala e un fratello in cucina).

Ho conosciuto Claudio e Daniele nel 2006, avevano aperto da poco, da subito ho ritenuto che avrebbero avuto un grande successo grazie alle molte qualità che possiedono.

Infatti, in questi anni, hanno ricevuto molti riconoscimenti e premi, il più importante, per la sua rilevanza internazionale, l’inserimento, nel 2011, nella prestigiosa Associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe (Giovani Ristoratori d’Europa).

Questa Associazione JRE è nata in Francia nel 1974, grazie all’Azienda Grand Marnier, si è allargata  in Europa nel 1992, è diffusa in dieci tra le più importanti Nazioni Europee, con più di 500 tra soci effettivi ed onorari, il suo motto è “talento e passione”. Per ottenere l’ammissione bisogna essere chef proprietari/comproprietari del Ristorante dove si opera, avere tra i 24 e i 37 anni, si rimane soci effettivi fino ai 45 anni, poi si diventa soci onorari.

Le condizioni per essere ammessi sono particolarmente severe e il livello deve essere molto alto, ciò rende essere scelti un premio ancora più ambito, Claudio Bronzi e Daniele Usai del Ristorante “Il Tino” lo hanno meritato.

Giorgio Dracopulos

Ristorante Il Tino
Via dei Lucilii, 17/19 Lido di Ostia (Roma)
Tel. – Fax. 06 5622778
Aperto sempre, giorno di riposo il Lunedì

http://www.ristoranteiltino.com/