Mi ricordo sempre delle piattate di cèe che mangiavo da ragazzo, sono passati molti anni ma il profumo di quei piatti straordinari…

… lo sento sempre nel naso, e quando ti riempivi la bocca di un’abbondante forchettata di questi simil spaghettini dal fantastico sapore di mare era un tripudio per il palato. Le cieche, in dialetto toscano più brevemente chiamate cèe, non sono altro che gli avannotti delle anguille, una prelibatezza culinaria che fino a non moltissimi anni fa potevamo cucinare liberamente, oggi invece la pesca è vietata e si incorre in severe multe se presi con “le mani nel sacco”. Pescare le cèe può costare salatissimo fino a Euro 20,00 l’una ……?????

L’anguilla europea ha un ciclo vitale piuttosto complesso che comincia con la deposizione delle uova nel Mar dei Sargassi, ogni femmina può deporre da uno a sei milioni di uova pelagiche (comunemente chiamate galleggianti a causa del loro peso specifico), del diametro di 1/3 mm, alla temperatura di 20 gradi e superiore, si schiudono liberando delle larve chiamate leptocefali lunghe 4/5 mm, nastriformi e trasparenti. Il loro lungo viaggio migratorio verso le coste dell’Europa e nord-africane avviene sfruttando la corrente del Golfo e dura da sette a ventiquattro mesi, durante questa traversata assumono una morfologia fogliforme. Arrivate davanti alle coste europee subiscono un’ulteriore trasformazione diventando cieche e l’aspetto è di una piccola anguilla di 60/90 mm non ancora pigmentata (vedi foto). E’ questo il momento in cui invadono acque costiere, estuari e acque interne per la gioia dei pescatori.

Pisani e Livornesi si sono sempre contesi, al solito, la ricetta, ma io preferisco ricordare come le mangiavo a casa mia … una saltatina in padella con un pochino di burro e qualche fogliolina di salvia non troppo aromatica e poi in tavola con il parmigiano grattugiato sopra.

Che bel ricordo, e nella diatriba cèe vietate o no, posso dire una cosa sola … peccato non poterle più mangiare.