L’alta qualità della materia prima è fuori discussione, la gentilezza nel servizio anche, i meravigliosi colori del tramonto sul mare arrivano all’ora giusta e… molto altro al Ristorante Turcotto di Anzio

Siamo ormai così abituati ad avere tutto sempre a disposizione, 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno zucchine, carne, uova (potrei continuare) che abbiamo dimenticato qualsiasi stagionalità della frutta o della verdura, così come – per esempio – delle uova o dei funghi. Personalmente, con una famiglia di contadini alle spalle, più o meno so quando maturano le fragole e quando trovare carciofi freschi, ma una cosa mi mancava: la stagionalità del pesce.

Sì, perché anche il mare ha le sue stagioni, così come i pesci che lo abitano e che solitamente troviamo sulla tavola. Non parlo del tonno in scatola ovviamente, ma di quello fresco, come delle spigole, le orate, le alici e tutto il resto. A insegnarmi che esiste un periodo in cui si mangiano – per esempio – ottime spigole, mentre nel resto dell’anno sono o troppo piccole o troppo grasse, ci ha pensato Enrico Garzia ad Anzio, in provincia di Roma, anima e VII generazione del ristorante “Turcotto”.

Uno scambio di battute con lui e con le figlie Ermelinda e Maria, mentre la moglie Patrizia non esce dalla cucina se non a fine serata e rimanendo sempre sulla porta, e mi si è accesa una luce nuova sull’interpretazione della vera cucina di mare. Parto dalla terra, come vi dicevo, e confrontarmi con chi del pesce sa tutto, ma proprio tutto, è stata un’esperienza entusiasmante.

Entrare in un locale con 200 anni di storia, il “Turcotto” ha infatti festeggiato i due secoli di attività documentata nel 2016, è già di per sé una soddisfazione, se poi anche a tavola il godimento arriva massiccio e diffuso allora possiamo dire di sfiorare la perfezione. Abbiamo cominciato con una serie innumerevole di antipasti, forse perché avevamo comunicato la voglia di assaggiare il più possibile, caldi e freddi, fritti, con un uso ragionato e attento di alcune spezie che hanno reso l’assaggio intrigante. L’alta qualità della materia prima è fuori discussione, la gentilezza nel servizio anche, i colori del tramonto sul mare in questo periodo arrivano all’ora giusta e sono qualcosa di meraviglioso e…

Potrebbe bastare già così, ma Ermelinda ci comunica che: “stasera abbiamo anche la minestra di Sgavaglioni”. Il colpo di grazia, la parola fine (in senso positivo) alla nostra serata al “Turcotto”, famoso da sempre per la cucina tradizionale “portodanzese”, della quale questo piatto è una specie di mito. Non sempre realizzabile, proprio perché gli Sgavaglioni sono dei pesci locali difficili da trovare, e comunque di lunga preparazione, la minestra si presenta di un colore rosso intenso, frutto della pelle dei pesci e di un po’ di pomodoro fresco. L’impatto al gusto è straordinario, piccante il giusto ma così ricca di sapore di mare, se l’espressione non fosse abusata, che davvero si fa fatica a immaginare un qualsiasi altro primo altrettanto pieno di gusto.

La cena, per questa volta, finisce qui, con un dolce della casa ma senza mangiare il secondo, quasi per rispetto alla minestra di Sgavaglioni appena terminata… Ma la seconda, e magari la terza e la quarta, cena sono solo questione di tempo. Voglio approfondire il discorso fatto con Enrico sulla stagionalità del pesce: “perché le orate (parliamo di quelle pescate ovviamente – ndR) le puoi trovare per diversi mesi ma non sempre sono nel periodo migliore per essere portate in tavola”. Ad accompagnarlo ci sarà la tradizione rappresentata dalla moglie Patrizia e l’accoglienza della ottava generazione, le giovani Maria ed Ermelinda, grandi appassionate di vini e sommelier FISAR.

Intanto cresce la nona generazione, con Enrico junior, Giulia e Lucrezia pronti a prendere le redini del locale fondato dal loro trisavolo Gaetano, giunto ad Anzio da Toledo e chiamato “Il turco” per via di quel fez rosso che amava indossare e che ancora oggi resta segno distintivo del ristorante posizionato nei pressi dei resti della “Villa Imperiale” di epoca romana voluta a quanto pare dall’Imperatore Nerone, nativo proprio di Anzio.

Fabio Ciarla