La “pasta” come alimento… ha una storia estremamente interessante.
La “pasta” attraverso i secoli è stata ed è fondamentale della nostra tradizione gastronomica e non solo. E’ una tipologia di cibo che unisce, sin dalle epoche più lontane, l’Europa e l’Asia.
Possiamo risalire all’Età Neolitica, l’ultimo dei tre periodi che costituiscono l’Età della Pietra, si parla di oltre 9.000 anni prima di Cristo, quando le popolazioni divennero stanziali e iniziarono a coltivare cereali e ad allevare animali.
Con l’uso della levigatura e della scoperta della ceramica vennero introdotte anche nuove forme di più lunga conservazione di quei cereali macinati e impastati con l’acqua che venivano cotti o lasciati essiccare al sole.
Un tipo di alimento, la pasta, conosciuto anche dagli antichi Greci che la chiamavano “laganon” (acqua e farina di grano duro in fogli sottili poi fritti). Successivamente i Romani la definirono “pastam” descrivendo un miscuglio di farina impastata con acqua e con l’aggiunta di una qualsivoglia salsa.
In tutti questi casi si parla di un prodotto non bollito, ma messo a cuocere su piastre calde o dentro a dei forni.
Bisogna arrivare nel V Secolo d.C. in Palestina per trovare tracce di pasta bollita e oltre l’Anno Mille, più precisamente intorno al XII Secolo, per trovare le prime tracce di pasta secca introdotta in Sicilia con l’arrivo degli Arabi.
In quel tempo il lungimirante e super documentato geografo, cartografo e viaggiatore berbero Abū ‘Abd Allāh Muhammad ibn Muhammad ibn ‘Abd Allah ibn Idrīs al-Sabti (1099 – 1165), più semplicemente chiamato “Al Idrisi il Siciliano”, cita una pasta secca a forma di fili, da loro denominata “itryah”, prodotta nella colonia Araba di Palermo.
L’Italia, con il suo clima particolarmente adatto per la coltivazione del grano duro, divenne presto il paese più importante per la produzione della pasta.
Nel Medioevo apparvero le paste forate, la pasta secca lunga e quella ripiena e nel XIV Secolo vennero costituite le prime Corporazioni di Pastai. Fino poi ad arrivare nel XVI Secolo alla nascita dei primi pastifici, a conduzione familiare, sorti nella penisola Italica in zone particolarmente favorite dal clima, adatto per una lenta essiccazione della pasta, come a Gragnano in Provincia di Napoli.
Con le successive migliorie tecnologiche della rivoluzione industriale arriviamo alla pasta prodotta in tempi più vicini a noi. La lavorazione della pasta, pur mantenendo fermi i dogmi della tradizione, si è modernizzata, in particolare per quanto riguarda la trafilatura.
La trafilatura è il passaggio della pasta nella “trafila”, il marchingegno, la macchina che da la forma desiderata alla pasta stessa a secondo dei formati desiderati. Impossibile non citare delle attuali vere e proprie straordinarie eccellenze Italiche come la pasta “trafilata in bronzo” o quella “trafilata in oro”.
La pasta nel mondo
Ma oggi voglio approfondire alcuni tipi di pasta, estremamente diffusi nel Mondo grazie anche alla loro facile abbinabilità e veloce cottura che genericamente, da alcuni decenni, vengono denominati “Noodles”.
Con il termine Inglese “Noodle” i Britannici si riferiscono a un alimento fatto con pasta di farina a forma di strisce lunghe e sottili.
Gli Americani con la stessa parola ampliano il raggio di copertura a prodotti di pasta con forme e dimensioni diverse.
Il vocabolo “Noodle” però non ha origini Anglosassoni ma deriva dalla definizione Tedesca “Nudel” che letteralmente si può tradurre in “Tagliatella”.
I “Noodles” si differenziano dalla nostra “Pasta” principalmente per il pochissimo uso del Grano Duro e della Trafilatura.
I Noodles
Le Paste che oggi definiamo “Noodles”, nascono in Cina sicuramente prima del 2000 a. C., non esiste una data certa ma solo indicazioni ottenute grazie a dei ritrovamenti archeologici. I “Noodles” Cinesi erano inizialmente soltanto integrali.
Attraverso i Secoli e con l’aumento degli scambi commerciali i “Noodles” si diffusero in molti Paesi confinanti o vicini alla Cina e nel IX Secolo giunsero in Giappone probabilmente portati da Monaci Buddhisti.
Ma la vera espansione e la diffusione generalizzata del “Noodles” in Giappone avvenne solo negli Anni Cinquanta dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939 – 1945).
I “Noodles” si preparano aggiungendo dell’acqua ad alcuni tipi di farine: riso, mais, soia, grano saraceno, patata dolce, alghe, fagiolo mungo nero (fagiolo Indiano nero) e non solo. In casi più rari all’impasto si aggiungono delle uova. Tutti i “Noodles” migliori sono quelli fatti a mano.
I “Noodles” hanno una infinità di varianti a secondo in che Paese vengono preparati, per tale fatto e per circoscrivere vi parlerò di alcune varianti Giapponesi.
I Principali e più usati (non solo in Giappone) tipi di “Noodles” Nipponici sono:
– “Soba” – (蕎麦= Soba, è il termine giapponese per il Grano Saraceno) Spaghetti fini preparati con la farina di grano saraceno che gli attribuisce un colore marroncino, possono avere delle varianti tra cui gli “Zaru Soba”(笊蕎麦) che sono la versione fredda e vengono serviti su delle superfici adagiate sopra uno strato di ghiaccio, oppure i “Ni-hachi” più particolari in quanto realizzati con otto parti di grano saraceno e due di frumento;
– “Udon” – (うどん) Sono delle simil tagliatelle, spesse e corpose, quasi sempre dal colore bianco lucido, preparate con farina di grano tenero, sale e acqua, possono essere serviti caldi e freddi in moltissime varianti;
– “Sōmen” – (素麺) Spaghettini finissimi (circa 1 mm.), di colore bianco, di farina di grano bianca, vengono lavorati a mano per diverse ore e poi essiccati all’aria, l’impasto viene allungato con dell’olio vegetale in modo da favorire il particolare taglio extra fine, i più preziosi possono essere anche affinati per alcuni anni prima di essere commercializzati, anche loro hanno diverse versioni;
– “Ramen” – (ラーメン) Sono tagliatelle di “tipo Cinese” denominate anche “Chuka Soba” (Soba Cinese), solide e corpose, sono di colore ancora più giallo quando, nell’impasto di farina di frumento, sale, acqua e “Kansui” (acqua minerale alcalina), vengono aggiunte le uova, possono essere freschi o secchi, lisci o arricciati.
Ma “Ramen” si chiama anche la mitica zuppa in cui si immerge questa tipologia di pasta. Una Zuppa di brodo ristretto di pollo o maiale con inseriti molti altri ingredienti, anche in questo caso ne esistono moltissime varianti.
La “Zuppa Ramen”, nelle versioni di più grande qualità, è diventata praticamente “un’opera d’arte” che viene preparata nei migliori Locali specializzati denominati “Ramen-ya” da Maestri che studiano anni e devono superare un esame prima di poterla realizzare.
La Zuppa di Ramen è cosi popolare, non solo in Giappone ma in gran parte del Mondo, che dal 1958 ne esiste anche una versione istantanea da preparare a Casa (inventata dall’imprenditore Momofuku Andō fondatore della “Nissin Food”) e, in alcune città Giapponesi, viene distribuita anche calda in lattina da macchinette automatiche poste nelle strade. Per non parlare poi dello “Shinyokohama Raumen Museum”.
L’ultimo tipo di “Noodles” Giapponese che desidero citare sono gli “Shirataki”. Questi spaghettini hanno una grande particolarità in quanto sono fatti con una farina derivata da un tubero, simile a una barbabietola, che si chiama “Konjac”. Il tubero viene essiccato e ridotta a farina diventando “Konnyaku” una pasta gelatinosa con cui si realizzano gli “Shirataki” spaghetti a zero calorie ma ricchi di fibre.
L’incredibile successo dei “Noodles”, come già accennato, è dovuto alla loro bontà e anche alla loro grande versatilità che si presta alle più varie interpretazioni: si possono scottare in acqua bollente, friggere in olio, saltare in un “Wok” (padellone di ferro di forma conica con il fondo arrotondato), preparare caldi, freddi, ghiacciati, asciutti, in brodo caldo o freddo, in versioni super ricche o addirittura umili, in una infinità di versioni con carne, pesce, uova, verdure, salse, alghe e non solo.
Per godere al massimo del fascino dei “Noodles” ovviamente vanno degustati usando le tradizionali bacchette, in Giapponese “Hashi” (箸), e seguendo regole e consuetudini Locali.
Ricordatevi che uscendo da un Ristorante Giapponese dovete dire allo Chef o a chi vi ha invitato: “Grazie per l’ottimo pranzo” (素晴らしいランチをありがとう)
Che cosa posso aggiungere se non che la “Pasta” è semplicemente meravigliosa anche quando si guarda con gli “occhi a mandorla”.
Giorgio Dracopulos
https://www.youtube.com/watch?v=V3zFiwa8fKs
https://www.youtube.com/watch?v=7O6RNyVO60w
https://www.youtube.com/watch?v=uuXHbaP1X98