Elvio Milleri: volere è potere

C’è chi va all’estero per cercare lavoro e c’è chi il lavoro ce lo ha già, ed anche gratificante, ma all’estero ci va ugualmente per seguire la propria vocazione, chiamato da una voce interna che lo indirizza e lo consiglia, lo sprona e gli dà forza e determinazione. E naturalmente, come quando si fa qualcosa che piace, ottiene un pieno successo.

 

Elvio Milleri è originario di Pontefelcino, una frazione del comprensorio perugino. Lavora in banca ma a casa osserva con interesse la nonna mentre cucina. Una cucina rurale, leggera e genuina, tipica delle campagne umbre degli anni ‘70 e adatta ad una famiglia numerosa di stampo patriarcale che alla domenica riesce a riunire anche 25 persone intorno al desco festivo.

Poi un piccolo evento apparentemente insignificante comincia a spostare gli equilibri. Nel 1976 Elvio viaggia verso Copenhagen invitato da vecchi amici del Giglio. Il clima nordico, anziché fargli rimpiangere il sole mediterraneo, lo affascina immediatamente, la città gli piace, trova ordine e laboriosità, gente magari non proprio espansiva, ma seria e attenta. Pensa e ripensa, alla fine decide di assecondare la sua propensione per la cucina e per le antiche ricette umbre e nel 1983 apre un ristorante da 28 coperti licenziandosi dalla banca. E tanta è la voglia di cimentarsi ai fornelli che sceglie un nome paradigmatico: “Era Ora”, un “finalmente ci siamo” gridato ai quattro venti. Utilizza molto la padella e le preparazioni esaltano fin dal primo momento la materia prima.

Per approvvigionarsi Elvio non conosce compromessi: una volta al mese sale in macchina, guida fino al suo paese e rientra carico di ogni ben di Dio che i contadini e gli artigiani umbri hanno prodotto. Con buona pace dei talebani del Km zero, lui il Km zero se lo porta dietro fino in Danimarca. Elvio non ha frequentato scuole di cucina o master presso grandi chef. Usa l’istinto e il gusto personale come guida, è un completo autodidatta. Si accorge che i ristoranti offrono in quel momento una cucina piatta e triste ed ha buon gioco a conquistare i favori del pubblico con la sua cucina solare e mediterranea. L’idea finale, che guida anche le attuali proposte, si basa sul concetto di Italian Inner Fusion. L’Italia è un vero scrigno di mille tesori gastronomici che è possibile fondere in combinazioni infinite utilizzando materie prime di altissima qualità e fresche.

All’inizio il portafoglio clienti è costituito da artisti squattrinati, ma già dopo sei mesi cominciano a farsi vivi personaggi importanti, ministri e funzionari, imprenditori e banchieri. Il suo talento naturale, unito alla grande passione, lo portano ben presto alla stella Michelin, ottenuta nel 1997, primo riconoscimento di questo genere per un ristorante italiano nei paesi scandinavi.

Anche con il vino Elvio ha un approccio diretto, sceglie bottiglia per bottiglia secondo un criterio personale: comincia con Podere il Palazzino, quello del Grosso Sanese che qualche anno più tardi riceverà un grosso riconoscimento dal magazine inglese Decanter. Poi è il turno de Le Vigne di San Pietro di Carlo Nerozzi, quindi Silvio Jermann, Mario Schiopetto e Rinaldi. Elvio si cura personalmente di spiegare i vini e gli abbinamenti al cliente, fornendo esaurienti notizie sui produttori.

Era ora Copenhagen: la prima stella Michelin italiana in ScandinaviaNel 2005 Era Ora lascia la sua sede di Torvegade per spostarsi poco distante su un tranquillo canale, mentre al suo posto subentra L’Altro, “l’Antiristorante con la cucina rustica di mamma”. La proprietà è sempre di Elvio, della moglie Edelvita Santos, e di Alessandro Jacoponi. Nel frattempo Elvio decide di aprire anche il terzo ristorante, interamente dedicato al cibo biologico, la “Bio-Trattoria” Chè Fè in pieno centro di Copenhagen, in Borgergade.

Era ora Copenhagen: la prima stella Michelin italiana in ScandinaviaUna delle più grandi passioni di Elvio è il pane. L’uso contadino lo ha introdotto ai segreti del lievito madre e senza di quello il pane non è pane. Briga, studia, fa esperimenti e alla fine anche qui trova la strada giusta e nel 1988 apre “Il Fornaio”. La pasta madre è utilizzata in fase solida e in fase  fluida e rinnovata 2 o 3 volte al giorno con un sistema ideato da lui stesso. La farina proviene da un grano siciliano dal caratteristico profumo di cannella e l’acqua locale è dura ma perfetta per la panificazione.

Ogni giorno viene controllato l’equilibrio degli acidi con lo scopo ultimo di evitare l’impiego di additivi. Il pane che ho assaggiato nella mia visita è uno dei più buoni e più sani che conosca. La mia riflessione verte sulla necessità di venire fino a Copenhagen per scoprire questo. Eppure anche in Italia abbiamo buoni panificatori, ma raggiungere questi livelli non è impresa facile. Tanto più se si considera la quantità di pane prodotto, 5 tonnellate al giorno con quasi 100 tipi diversi con un numero di dipendenti che supera le 60 unità.

“Il Fornaio” diventa una catena con negozi su tutto il territorio, il più caratteristico dei quali è situato nel mercato centrale gastronomico di Torvehallerne. Qui oltre all’acquisto del pane ci si può saziare con saporiti panini ripieni, pizze e dolci, ma si possono anche acquistare prodotti tipici italiani, come l’olio extravergine di oliva de Il Cavallino di Bibbona o il peperoncino Peperita.

 

Ma torniamo all’Era Ora. Situato tra i vecchi canali di Christianshavn, in un edificio del 18° secolo è stato interamente rinnovato ed arredato da Edelvita con grande attenzione ad ogni minimo dettaglio. La moglie Edelvita cura personalmente gli arredi. Elvio ricorda di quando Edelvita, modella brasiliana, varcò la soglia del suo ristorante per la prima volta: fu un colpo di fulmine ed Elvio, con la sua abituale forza e determinazione disse immediatamente: “io di qui non ti mando più via!”.

Il color terra delle pareti, un lampadario a forma di luna, i quadri dell’eclisse lunare creano un ambiente romantico e cosmico allo stesso tempo. Bello il dehor estivo che ricrea un angolo d’Italia con fiori, piante aromatiche e ceramiche, il tutto illuminato da un originale “sole”.

La cucina rispecchia fedelmente le premesse e le promesse.

Era ora Copenhagen: la prima stella Michelin italiana in ScandinaviaSi inizia con una serie di due vassoi con piccoli antipasti: “Loren’s carriage”, mozzarella in carrozza delicatamente fritta con crema di avocado e pomodori confit, “Memories by the fjord” una tartare di aragostina norvegese con insalata di finocchio e gelatina di arancia, “No meat but lots of love” zucchini ripieni di ricotta al profumo di limone, ricotta salata e striscia di peperoncino cayenne, “The old man and the sea” calamari con cipolle all’aceto e insalata di soncino con crema di mandarino, “Pollame pazzia” pollo da allevamento biologico con caponata al pesto e cipollotti, “Walking through the kitchen garden” frittella di broccolo e patate con cipolline borettane, “Raising the glasses with Nello” terrina di guancia di maiale con puntarelle e crema di zucca al rosmarino.

Un vero trionfo di sapori, ben definiti e ben legati in una sequenza ragionata ed appagante di ingredienti freschissimi e succosi. Il tutto accompagnato da una magnum di Cornaleto Franciacorta 1997 Pas Dosé, chardonnay e pinot noir con un piccolo saldo di pinot bianco.

 

Ed ecco i primi. La sequenza del menù si distende nella più classica maniera delle tradizioni italiane dal primo al dessert.

Apre le danze “Ode to Calabria” un perfetto risotto al gorgonzola, sedano, liquirizia e mandorle. A seguire “ The secret within” un raviolo ripieno di brasato, pera in due modi, scalogno arrostito, un piatto di incredibile finezza equilibrio e gusto.

Era ora Copenhagen: la prima stella Michelin italiana in ScandinaviaIl secondo si chiama “Tales from the cauldron” filetto di vitella con variazioni di cavoli in chutney, insalata, salsa e al forno, con riduzione di barolo.

I dessert si aprono con “Pascolo poetry”, formaggio “cera d’api”, mostarda di arancio, focaccia.

Spring sky above the orchard” è invece un semifreddo di lampone con granita di mirtilli e ibisco.

La conclusione in bellezza spetta a “Echoes from a hot continent”, cassata crema all’arancio e gelato di pistacchio.

Ad accompagnare i piatti è chiamato il Grosso Sanese Chianti Classico 2005 del Podere Il Palazzino, ma il vino in questo momento è in secondo piano rispetto a tanta cucina. Del vino di Elvio parleremo in un altro articolo, per raccontare le verticali che organizza per gruppi di bon-vivant danesi.

 

In conclusione la cucina di Elvio ci lascia con un ricordo di armonia estrema. Esecuzioni, cotture, materia prima, il tutto è impeccabile così come l’ideazione originale dei piatti, sempre riferibili ad un filo conduttore chiaro e preciso.

Ed è uno dei pochissimi ristoranti al mondo dove anche il pane rappresenta una delle cose più memorabili.

 

Paolo Valdastri