L’appello di Slow Fish, la manifestazione di Slow Food e Regione Liguria al Porto Antico di Genova arriva da Ismea che, in un’indagine di mercato rileva un aumento di prodotti congelati nel carrello della spesa delle famiglie italiane.

È una di quelle certezze consolidate rispetto al rapporto tra alimenti e salute: il pesce ci fa bene, è fonte di grassi polinsaturi, i medici consigliano di inserirlo più volte nella nostra dieta settimanale e le sue proteine nobili vanno bene per donne in gravidanza, bambini e persone anziane.

Tutto vero, ma affinché faccia davvero bene alla nostra salute e a quella del mare, ci sono alcuni piccoli accorgimenti da tenere in considerazione: che sia a ciclo vitale breve, perché contiene pochi contaminanti e metalli pesanti; fresco e di stagione, perché ci permette di variare la nostra dieta rispettando i tempi del mare e dei pesci.

Sono questi i consigli che ricercatori, nutrizionisti, produttori e chef danno ai visitatori presenti alla nona edizione di Slow Fish, a Genova fino a domenica 12 maggio, dedicato al mare come bene comune da tutelare e promuovere. Eppure i dati diffusi oggi da Ismea proprio in occasione di Slow Fish dicono altro.

I dati

Il pesce è tra i prodotti alimentari che maggiormente risentono delle oscillazioni del potere d’acquisto delle famiglie. Secondo le elaborazioni dell’Ismea, dopo la crescita registrata nel 2017, gli acquisti di prodotti ittici in Italia hanno subito un calo di quasi il 2% nel 2018.

Ci sono tuttavia alcune eccezioni che forniscono indicazioni sull’orientamento dei consumi verso alcuni prodotti di utilizzo più pratico o verso alcune specie, generalmente di importazione, come il salmone, divenute in pochi anni protagoniste delle nostre tavole.

I dati del 2018 mostrano infatti un incremento dell’acquisto per il pesce surgelato confezionato, in larga parte filetti e bastoncini di merluzzo e platessa, che registra un + 2,6%, mentre tra il fresco sono poche le specie per le quali si rileva un aumento della domanda (salmone, pesce persico, orate, merluzzi, spada e di poco le alici). Tra le conserve, a fronte di un calo per alici e sardine, cresce l’interesse per il salmone.

Per effetto di tali cambiamenti, il consumo domestico del fresco rappresenta meno della metà (48%) della domanda complessiva di pesce.  La Gdo si conferma il canale preferito dalle famiglie per l’acquisto di pesce (oltre l’80% nel 2018), a discapito dei punti vendita tradizionali.

Complessivamente, sottolinea l’Ismea, una buona parte del pesce che arriva sulle nostre tavole è di provenienza estera (comunitaria e, in misura lievemente minore, extracomunitaria). L’import, in costante crescita nell’ultimo decennio, ha raggiunto 1,35 milioni di tonnellate nel 2018, generando esborsi complessivi pari a 5,9 miliardi di euro, circa un terzo in più rispetto a inizio decennio.

Insomma, l’aumento del consumo di salmone – pesce di allevamento carnivoro alimentato con mangimi a base di pesce pescato e antibiotici – e del prodotto congelato e surgelato venduto attraverso la grande distribuzione ci dicono che probabilmente negli acquisti in fatto di pesce ci facciamo prendere dalla fretta della vita moderna, quando conoscenza e consapevolezza ci aiuterebbero a fare scelte più oculate, per il bene nostro e quello del nostro mare.

È per questo che Slow Food continua a organizzare eventi come Slow Fish, in cui, al piacere del gusto per il palato e la mente, si affiancano messaggi a volte anche complessi che riguardano il modello di produzione di cibo e la sua distribuzione, le conseguenze sull’ambiente e i benefici sulla salute di chi produce e consuma.