Reportage da un viaggio tra i vini estremi dell’isola di Pantelleria.

Squilla il telefono. Sono impegnato in una degustazione, ma a Stefano rispondo sempre. “Senti, hai voglia di venire a Pantelleria qualche giorno per delle degustazioni insieme ad una collega americana?” La risposta è stata immediata: sì.

Lo Stefano dell’altro capo del cellulare è Frascolla, titolare con la moglie Simena Bisti – affiancati dal figlio Giovanni – e la suocera Rita, dell’azienda Tua Rita a Suvereto. Da qualche anno, innamoratosi dell’isola, hanno iniziato a produrvi un passito, il Sese, che mi riporta sempre, ad ogni sorso, al gioiello pantesco.

Pantelleria. Salvatore Murana e Stefano Frascolla

Pantelleria, per chi non avesse ancora avuto la fortuna di visitarla, è un’isola unica: o la ami, o la odi, si dice. Io non ho dubbi: la amo.
Parto, dunque, con un carico emozionale alla volta di questa goccia di vulcano nel mare Mediterraneo a 40 miglia dalla costa tunisina.

Un patrimonio da bere

L’arrivo sull’isola è un impatto: vento, pietra nera, luce netta. Mi accompagna Stefano al primo appuntamento. Ad attenderci c’è la collega americana, già immersa negli assaggi, insieme a Fabrizio Basile, padrone di casa con la moglie Simona, e a Baldo Palermo, responsabile comunicazione di Donnafugata. Ci raggiungono anche Salvatore Murana, storico interprete del territorio, Nicola Poma di Pellegrino, ed Antonio D’Aietti con la moglie enologo di Vinisola.

Quello che segue è un viaggio liquido nel cuore profondo dell’isola. Niente punteggi – se non qualche eccezione annotata per completezza – ma sensazioni, note, impressioni. Un diario sensoriale di vini che parlano il linguaggio del vento e della pietra.

Pantelleria. Alcune vecchie piante di vite di conferitori di Pellegrino

I bianchi secchi: luce liquida

Pantelleria non è solo passiti. L’isola sorprende per l’eleganza e la vitalità dei suoi bianchi secchi da Zibibbo. Il Sora Luna di Basile apre la danza: salvia, fiori bianchi e agrumi in un naso fine ed elegante, bocca sapida e vivace.

Isesi di Pellegrino (2023) è più timido al naso, ma gioca su una bocca precisa e verticale. Spiccano per profondità due annate di Gadì di Murana: il 2016 ampio, maturo e salato; il 2011 più ossidativo, con note di capperi e una sapidità quasi marina.

Tra le sorprese: A Mano Libera (Vinisola), fresco e piacevole, ideale per l’inizio di una cena. I Zefiro, sempre di Vinisola, colpisce per equilibrio e un finale teso. Donna Elisa di Emanuela Bonomo mostra qualche limite aromatico, ma una bocca dolce e amabile.

Pantelleria. Il Sese

L’asse del tempo: verticali e confronto

Notevoli le verticali proposte, in particolare su Gadì (Murana): tra le annate 2022 e 2021, emergono la vivacità, l’anima salina, l’agrumato dinamico.

Tra le etichette più evocative:

  • Shalai Moscato Spumante (2023), che gioca tra dolcezza e leggerezza.
  • Kabir (Donnafugata 2024), con un naso tipico e una bocca elegante ma dolce.
  • Giardino Pantesco (Pellegrino), piacevole e delicato.

I passiti: profondità mediterranea

Qui si entra nella tradizione più potente di Pantelleria. I passiti parlano di albicocche, iodio, carruba, spezie e vento. Il Tibè 2014 di Murana è equilibrato, caramellato e sapido. Il Martingana 2008, sempre Murana, unisce vegetale e alcol con intensità. Il Creato 1983 è un monumento liquido: iodio, inchiostro, una medicina di emozioni.

Pantelleria. Alcuni passiti degustati

Anche nelle etichette più giovani si conferma la personalità del vitigno e del territorio:

  • Shamira 2019 di Basile sfiora le suggestioni del Madeira.
  • Arbaria 2017 (Vinisola) ha un’eleganza severa

Pomeriggio da Abraxas, dove ci accoglie il direttore Paolo Vivrito, con un giro nei vigneti in una delle zone più alte dell’isola. Un bel tuffo nella produzione con alcuni assaggi dalle vasche (che non sveleremo).

Pantelleria. La verticale di Ben Ryè ed il pranzo

Il mondo Donnafugata

La mattina del secondo giorno ci immergiamo nel cuore del progetto pantesco di Donnafugata. Lo Zibibbo secco “Lighea” 2024 è un’esplosione di zagara e fiori bianchi.

Poi sapientemente guidati dal titolare Antonio Rallo e il responsabile della comunicazione, Baldo Palermo ci lasciamo rapire dal Ben Ryé, nelle annate 2023, 2021, 2017, 2016, 2013, 2011 e 2008. Un vino che si mostra in tutta la sua versatilità: capperi, albicocca, rabarbaro, pasta di mandorle, alga, iodio. Un patrimonio enologico stratificato e coerente, sempre salino, sempre vibrante.

Un’emozione di verticale e la sensazione di essere un privilegiato, mi hanno accompagnato in queste ore di verticale.

L’anima eroica della vite

Passiamo, quindi, ad una nuova verticale dell’ISESI di Pellegrino (2019–2023): una danza che va dalla zagara intensa del 2023, alla mineralità elegante del 2021, fino al miele appena accennato del 2019.

L’accoglienza anche da Pellegrino è un viaggio tra le loro vigne e la sicurezza che aziende come questa aiutano a salvaguardare un patrimonio vinicolo e naturale. Nicola Poma, poi, è una guida eccezionale, con una conoscenza profonda dell’isola insieme alla responsabile delle relazioni pubbliche, Anna Ruini.

Pantelleria. I capperi di Bonomo

Siamo quasi al tramonto quanto di spostiamo nell’azienda di Emanuela Bonomo. Ci attende con il marito. Scopriamo un mondo non solo fatto di vino (che avevamo già degustato il giorno prima) ma anche di capperi, marmellate (quelle vere!) mieli. E poi.. una degustazione con una vista unica.

Il viaggio finisce

Pantelleria è fatica e poesia. È una viticoltura eroica che non si accontenta di sopravvivere, ma che vuole raccontare. Raccontare storie di terra, sale, vento e mani. E questi vini, oggi, ce l’hanno fatta.

Il terzo giorno Stefano, come nostro novello pantesco Virgilio, ci accompagna a visitare alcuni angoli nascosti dell’isola.

Panorama da Abraxas

Il vento è forte, forse non si parte. Queste notizie solitamente mi inquietano, mentre in questo caso diventano quasi una speranza: un giorno in più sull’isola.

Ma il vento cala ed il “continente” ci aspetta.

Ciao Pantelleria, a presto e grazie Stefano.

Riccardo Gabriele