Bella scoperta, direte voi. Cosa c’è di più toscano del Sangiovese? Quest’uva è l’emblema della Toscana, non esiste angolo dove non sia piantata, fa gridare gli stranieri allo scandalo quando scoprono che Bolgheri è tutto uve francesi, è stata per secoli il componente di maggioranza del vino icona della Toscana, il Chianti.

“Il componente”, appunto, componente che  solo di recente è ritornato al rango di  protagonista monocratico ma solo dopo il consolidamento del Brunello, dopo una delle più profonde crisi del Chianti Classico, e dopo che alcuni Sangiovese erano stati realizzati, nei primi anni ’70, in purezza come  “vini da tavola”,  poi IGT, e sempre meglio conosciuti come SuperTuscan.

Alla soglia del 2020 possiamo dire che la situazione si è stabilizzata? Non si direbbe proprio. Le nuove Denominazioni di Origine hanno risolto il problema introducendo la tipologia Sangiovese, ma con una storia ancora tutta da scrivere, mentre le Denominazioni più storiche offrono alcuni segnali di assestamento, come nel Brunello, ma altrove si disperdono in menzioni poco definite e sono sottoposte a dubbi e pressioni in attesa che fenomeni endogeni facciano emergere nuove possibilità.

Le denominazioni

Vediamo come esempio le zone che, grazie al Bando di Cosimo III de’ Medici del 1716 possono vantare le Denominazioni più antiche del mondo. Chianti Classico ha risolto la questione fin dal 1994 introducendo la possibilità di impiegare il Sangiovese in purezza, ma la cosa resta confinata nelle buone volontà dei singoli, mentre la Gran Selezione è un concetto ancora fumoso.

Val d’Arno di Sopra aspira sopra a tutto ad una denominazione tutta biologica  che preveda, sì, anche alcune tipologie di Sangiovese in purezza, come il Bòggina di Petrolo o il Ruschieto de La Salceta, ma questi esempi restano isole di un arcipelago molto articolato e frastagliato.

Carmignano vanta la presenza del Cabernet (Franc) fin dai tempi di Caterina de’ Medici che lo portò al rientro dalla Francia e che avrebbe preso piede sulle colline pratesi con il nome di “Uva Francesca”. Un Sangiovese in purezza non rientra nel disciplinare, ma molti si interrogano su questa possibilità, a cominciare da Beppe Rigoli della fattoria Ambra, fino all’esperimento dell’azienda storica del territorio, Tenuta di Capezzana, che ha introdotto UCB Ugo Contini Bonacossi, IGT Toscana con Sangiovese 100%.

Rufina (ai tempi del bando identificata solo come Pomino) rientra tra le sottozone del Chianti, il cui disciplinare  prevede un Sangiovese in purezza. Che però non costituisce un obbligo ma una scelta, mentre si sta pensando ad un nuovo assetto del disciplinare che preveda invece la selezione delle migliori viti di sangiovese per i Chianti Rufina destinati a rappresentare il prestigio assoluto della zona.

Il Sangiovese si sta insomma sempre più identificando come la punta di eccellenza e prestigio della viticoltura toscana e l’esempio del Brunello di Montalcino può servire da linea guida per tutti. Resta il fatto che gli stili, e non parliamo solo di uve o di territori, continuano ad essere numerosi e a volte profondamente diversi tra loro. Tra un vino di Gambelli e un Sangiovese della Val di Cornia ci sono molte gradazioni di stile, così come un Sangiovese di Carmignano è profondamente diverso da quello di Radda.

La Tenuta Bossi Gondi

Ma se ci mettiamo la voglia di confrontarsi, di sperimentare, di andare anche contro le tradizioni consolidate, ci mettiamo dei giovani al comando di una cantina storica ma assistiti da un enologo dinamico e dalla mentalità aperta, ecco che può nascere una novità assoluta come il FIAMMAE.

Gerardo e Lapo Gondi, giovani rampolli della nobile Famiglia proprietaria tra l’altro della Tenuta Bossi, sono convinti della necessità di avere nella gamma dei vini dell’azienda il vino tradizione, il Sangiovese, ma interpretato in maniera innovativa e che assecondi le loro aspirazioni. Il problema, però, consiste nel fatto che le loro visioni sono diverse: Gerardo vuole un vino fresco e ricco di profumi di fermentazione, mentre Lapo preferisce un vino potente austero e molto persistente. La parte del mediatore la fa l’enologo di famiglia, Fabrizio Moltard che, con la sua lunga esperienza li aiuta a fondere le due anime dando vita ad un prodotto armonico.

Le uve provengono dalla Tenuta della Villa Bossi, ad un’altitudine di circa 300mslm con esposizione a sud est in collina. Il vigneto, anch’esso denominato  Fiammae, è allevato ad archetto toscano, il terreno è galestroso e argilloso con sedimenti calcarei e, ovviamente, parliamo di Sangiovese, del migliore della Tenuta. La particolarità del vino consiste nel fatto che metà delle uve sono appassite per circa un mese, mentre il resto è immediatamente vinificato. La fermentazione avviene interamente in barrique così come il successivo affinamento, ed i legni sono diversi. Per la quota fresca abbiamo un legno di media tostatura, mentre per quella da uve appassite si utilizza una tostatura più forte. L’affinamento dura 18 mesi, dopo di che il vino viene assemblato e imbottigliato e riposa altri 12 mesi in bottiglia.

Il nome Fiammae deriva da una lunga elaborazione: “le fiamme ricorrono spesso nella nostra famiglia, racconta Gerardo, perché sono il logo del banco Gondi ed il Sangallo le volle raffigurare su alcuni bassorilievi lungo lo scalone principale del  palazzo.” Il nome, che rievoca il latino, è declinato al plurale perché dentro la bottiglia si ritrovano due anime e due fiamme, quelle di Gerardo e di Lapo unite nella passione del Sangiovese.

FIAMMAE  2016

Rosso Colli Toscana Centrale IGT

Un Sangiovese realmente interessante e diverso da quanto conosciuto sino ad ora in Toscana, anche se il tutto è da interpretare in prospettiva. Le due anime sono molto evidenti in questo vino. Da un lato un frutto fresco di ciliegia e una confettura di frutto rosso dal profilo molto raffinato  con intervento della dolcezza del rovere che però non è mai sovrastante in termini di tostatura.

In bocca è pieno e denso di frutto, non manca di freschezza, ma l’integrazione con il rovere non è ancora compiuta. Estratto, freschezza acida e qualità dei tannini giocano sicuramente per un lungo affinamento in bottiglia, e nel momento in cui le due anime si incontreranno questo Sangiovese potrà rappresentare un’icona per la intera zona.

Un vino, insomma, da seguire, attendere senza fretta e senza ricercare scorciatoie e che farà sicuramente parlare di sé.

Paolo Valdastri

 

MARCHESI GONDI – TENUTA BOSSI

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