David Solazzo

Qualche informazione sui vini del vulcano dell’Isola di Fogo, teatro della recente tragedia del cooperante italiano David Solazzo. 

David Solazzo è stato trovato morto la mattina del primo maggio nella sua casa sull’Isola di Fogo nell’arcipelago di Cabo Verde. Era un giovane agronomo che lavorava per conto della ONG Cospe di Firenze.

COSPE nasce nel 1983 ed è un’associazione privata, laica e senza scopo di lucro che opera in 25 Paesi del mondo con circa 70 progetti a fianco di migliaia di donne e di uomini per un cambiamento che assicuri lo sviluppo equo e sostenibile, il rispetto dei diritti umani, la pace e la giustizia tra i popoli.

Uno di questi progetti ha sede proprio nell’isola vulcanica e riguarda tra l’altro la produzione di vino che Solazzo doveva ricollegare ad un sistema di turismo sostenibile. L’avvocato della famiglia che segue la triste vicenda è Giovanni Conticelli, fratello del nostro amico Bernardo ambasciatore dello Champagne.

Eravamo stati a Capo Verde qualche anno fa ed avevamo avuto l’occasione di assaggiare questi vini. Questo era l’articolo non più disponibile in archivio del Corrieredelvino, che riportiamo a nuovo.

Fogo: i Vini del Vulcano…. magari al Tropico.                                                      Breve excursus su vini e gastronomia di Cabo Verde

10/10/2010 – Siamo tra il Tropico del Cancro e l’Equatore, alla stessa latitudine della Tailandia e del Messico. Fascia poco vocata per le grandi bottiglie. Basta ricordare, ad esempio, il vino tailandese, o meglio l’acqua colorata prodotta dalla Siam Winery dai vigneti galleggianti del Chao Phraya con due vendemmie per anno, oppure i vinelli brasisiliani o peruviani. Qui invece il vulcano compie il miracolo.

Isola di Fogo, arcipelago di Cabo Verde, un gruppo di isole vulcaniche in pieno Atlantico a non grande distanza del Senegal e dalla Mauritania, scoperte nel 1456 dagli italiani Antonio e Bartolomeo da Noli al soldo del Portogallo.

Ilha do Sal

Ed è proprio il vulcano che, anche qui come sull’Etna, sul Vesuvio, in Soave, nel Vulture, e continua, continua, fa il miracolo di generare vini alcolici e strutturati, ma bilanciati da un’acidità tagliente e da sapidità straordinaria, per non parlare dei profumi freschi e avvolgenti.

Il vino qui si produce fin dal XVI secolo, mentre la  coltivazione della vite nel comprensorio di Chã das Caldeiras risale al 1917. Furono i tedeschi a costruire le prime cantine, ma in seguito il ruolo passa in mano, udite, udite, quasi interamente agli italiani.

La chiesa alle vecchie saline vicino a Pedra do Lume

Carlin Petrini è bravissimo a comunicare le sue iniziative dei Presidi e di Terra Madre, ma qui siamo di fronte ad un fenomeno di cooperazione di grande respiro, ma che nessuno conosce e del quale bisognerebbe parlare di più.

Si è mossa la Toscana, e con la collaborazione del COSPE, Cooperazione per lo Sviluppo Paesi Emergenti, gli agricoltori di Chã costruiscono una cantina moderna e funzionale e ampliano il vigneto portandolo a circa 250 ha e 80.000 bottiglie prodotte.

Nel novembre di quest’anno, invece, potremo assaggiare i primi vini della Vigna di Maria Chaves, un’impresa dell’AMSES dei Frati Cappuccini del Piemonte, alla quale partecipano anche alcuni produttori del calibro di Conterno Fantino e dell’Enoconsult di Ezio Rivella.

Ma torniamo alla vigna di Fogo

Il clima è caratterizzato da un inverno freddo che permette alle viti di riposare per una parte dell’anno, poi grande soleggiamento e maturità già raggiunte nei mesi di luglio e agosto, quando avviene la vendemmia. Le precipitazioni sono di solito concentrate nei mesi di settembre e ottobre. Il clima caldo e secco comporta scarsissimi rischi di attacchi fungini, per cui in genere non si usano gli anticrittogamici e non vi è neppure grande necessità di irrigazione. I vigneti sono impiantati tra gli 800 e i 1800 m s.l.m.

Il suolo è ricoperto da uno strato di “jorra”, pietrisco vulcanico, che viene rimosso scavando conche da 30 a 100 cm di profondità, fino a raggiungere lo strato fertile. Il sistema di allevamento più tradizionale è quello ad alberello, che unito alle buche di protezione dal vento, ricorda quello pantesco. I vigneti più moderni sono allevati a guyot.

Le prime varietà introdotte dai portoghesi furono la Preta Tradicional e l’Uvinha Branca, seguite poi dalla Moscatel Branca. Dovrebbero corrispondere alla Touriga Nacional e al Moscatel de Setubal.

Il Manecon

È il vino tradizionale prodotto con tecniche ancestrali. Difficile commentare un vino del genere, anche perché la difficoltà di reperimento non consente la prova di appello. Forte volatile, quasi acetico, con notevole  residuo zuccherino. Molto amato dai locali, anche perché è ritenuto una bevanda fortemente energetica, ma è pressoché introvabile al di fuori dell’isola, anche nello stesso arcipelago.

Viticultores de Chã das Caldeiras – Chã Vino do Fogo Branco – 2009

Moscatel Branca

Il colore è un giallo paglierino non molto carico e con riflessi verdi. Colpisce subito il profumo agrumato di lime e di pietra scaldata al sole. Le note di pompelmo richiamano sensazioni di riesling più che di moscato e questa non può che essere la prima impronta del suolo vulcanico.

La seconda impronta la si coglie al palato: deciso l’attacco, con profilo subito sapido, quasi salino. Stupefacente per un vino tropicale è l’equilibrio tra alcol (ben 14°) e l’acidità tagliente ma domata dalla struttura estrattiva. Si avvertono le note agrumate che restano in bocca con lunga persistenza. Bel vino da crostacei e pesce al forno, oltre che da aperitivo e frutti di mare.

Viticultores de Chã das Caldeiras – Chã Vino do Fogo Tinto – 2008

Tradicional preta

Il colore è rubino cupo di bella profondità e brillantezza. Al naso prevalgono i sentori di frutta nera matura e confettura di more e prugne accompagnata da un sottofondo di fichi neri secchi, alloro e mandorla.

In bocca il profilo è asciutto e fresco. La maturità del frutto, con forte presenza di ciliegia sotto spirito, è attenuata dalla componente acida, ma soprattutto dalla sapidità che dà notevole slancio al vino. La struttura è piena, il vino è caldo e alcolico ma assolutamente  non stucchevole. Altra sorpresa tropicale.

Viticultores de Chã das Caldeiras – Chã Vino do Fogo Passito – 2008

Moscatel Branca

Il colore è giallo dorato lucido e brillante. Il profumo richiama i tipici sentori di moscato, addensati da note di dattero e fico secco con anice.

Il palato è molto godibile per il saporito profilo di marmellata di albicocca. La dolcezza è piacevolmente bilanciata dalla componente acida ed il finale è lungo e slanciato di grande pulizia.

In definitiva, dalle nostre parti (vecchio continente), ci lamentiamo dei capricci del clima, del riscaldamento globale, dell’aumento incontrollato dei tenori alcolici. Ai tropici, invece si comincia a produrre dei vini che, oltre alla semplice bevibilità, presentano caratteristiche qualitative di tutto rispetto. Morale? Forse dovremo andare a colonizzare vulcani in giro per il mondo.

Paolo Valdastri