Nomen omen. Gli antichi Latini pensavano che il termine «nomen» derivasse etimologicamente da «omen» (presagio), cioè che il nome delle cose indicasse in sé il destino dell’oggetto o della persona, le sue caratteristiche specifiche.
Per questa ragione siamo andati a cercare l’etimo primo del “vino” proprio per cogliere la radice del significato di questo vocabolo che indica il prodotto italiano più conosciuto ed apprezzato al mondo. Dobbiamo ricordare però che non furono i Latini a denominare così la pregiata bevanda derivata dalla fermentazione dei frutti della vite.

La Magna Grecia
A partire dall’VIII secolo a.C., si spostano dall’Ellade coloni Achei che per mare raggiungono le coste dei Sicani, dei Siculi, degli Apuli, dei Lucani; popoli con i quali gli esuli riescono ad avere una convivenza pacifica e collaborativa tanto da considerare ben presto i luoghi di insediamento importanti come la madrepatria e denominano questa zona Megàle Ellàs o detta alla latina, Magna Graecia.
Gli storici interpretano in due modi questa onomastica: grande Grecia perché terra culturalmente ricca ed economicamente fiorente o perché luogo più ampio e dai declivi collinari e montani verdeggianti e ricchi di risorse idriche, in contrasto con le aride zone scoscese e pietrose della Grecia.
Ma anche un altro nome identificava per i colonizzatori, la terra di questi popoli indigeni: Oinotría ovvero terra del vino (oinos). Oinotria deriva da Enotri, un antico popolo italico molto probabilmente proveniente anch’esso dalla Grecia ma prima della seconda colonizzazione dell’VIII secolo a.C., ovvero circa nel XII secolo a.C.
L’uso del vino per i popoli preitalici in quest’epoca, ovvero la media Età del Bronzo, aveva scopi alimentari e integrativi; le bevande zuccherine fermentate ricavate da succo di bacche o frutti sono attestate da ritrovamenti archeologici per cui si è stabilito anche che precedentemente all’VIII secolo nella penisola italiana l’uva non veniva coltivata ma soltanto raccolta e lavorata per ricavarne del vino e si trattava di semplice uva selvatica.

Nel mondo greco invece il vino aveva una grande importanza sociale: i banchetti erano un’occasione per riunirsi, incontrarsi, discutere, divertirsi e ritrovarsi in un luogo ed un momento di cui questa bevanda esaltava e suggellava la concordia tra i convenuti.
Presso i Greci era simbolo della coesione sociale all’interno della polis ed espressione dei sodalizi dei ceti aristocratici riuniti sotto la protezione di Dioniso, una delle più importanti, se non forse la più importante, delle divinità terrestri della Grecia antica, dio della vitalità, della natura e del vino.
Ma torniamo alla vite: i Greci, dunque, conoscevano la fermentazione dell’uva prima di colonizzare la parte meridionale della penisola italiana, ma anche qui trovano terre coltivate a vitigni e l’arte della vinificazione già praticata anche dai popoli autoctoni.
Ma chi ha inventato il vino?
L’origine del vino è antichissima e le testimonianze su chi ha inventato questo pregiato prodotto si perdono nel passato più remoto. La storia del vino, infatti, si intreccia con quella di civiltà arcaiche e con la religiosità intrinseca nella cultura dei popoli primitivi.

Attualmente gli studiosi non sono in grado di indicare con certezza chi ha inventato il vino e dove. L’origine comune della parola in tutte le civiltà con lingue di derivazione indo-europea testimonierebbe l’antichità di questa bevanda e la localizzerebbe appunto in area mediterranea.
Nonostante una delle credenze più diffuse collochi l’invenzione del vino in Egitto, le testimonianze archeologiche spostano la prima produzione del vino nella zona del Caucaso circa diecimila anni fa.
La più antica giara di vino mai rinvenuta (risalente al 5.100 a.C.) è stata scoperta infatti in un villaggio neolitico nella parte settentrionale dell’Iran mentre la più antica “casa vinicola” risale al 4.100 a.C. con sede in Armenia. Qui è stata infatti rinvenuta una grotta adibita alla fermentazione e produzione del vino, dove ancora oggi cresce spontanea la vitis silvestris.
L’utilizzo della parola vino, prima in greco poi in latino, si sarebbe diffusa ai popoli che invasero la penisola italica come i Celti e i Germani. Anche i termini slavi utilizzati per riferirsi a questa bevanda sembrano derivare dal prestito latino.

Secondo altre teorie, il termine deriverebbe invece dalla parola sanscrita “vene”, caratterizzata dalla stessa radice di Venere, nome della dea romana dell’amore e del piacere, a connotazione della vocazione del vino legata al godimento e al piacere stesso. E qui il cerchio si chiude: Dioniso dio della vitalità, della vita.
Da vita “vite”, che ha la stessa radice di vis o vir (forza o uomo), quindi una bevanda che dà forza, una bevanda usata nei simposi come nei riti dionisiaci in Grecia, bacchici nell’antica Roma; il vino, usato per riti religiosi già nella preistoria per la potenza dell’effetto di ebbrezza considerato come liberazione temporanea dello spirito che si libera per un attimo dalla materialità del corpo e diventa un tutt’uno con la natura.
«Nomina sunt consequentia rerum», ovvero «i nomi sono conseguenza della realtà delle cose».
Nello scegliere una bottiglia dagli scaffali di un supermercato o dai cataloghi online di un’azienda, nel mescere un rosso o un bianco in un calice, nell’assaporare gli aromi che caratterizzano un vitigno da cui proviene ciò che stiamo sorseggiando, dietro ogni gesto che ci accompagna nella scelta di questa bevanda pregiata, c’è una parola, “vino”, che come ogni parola è in sé e per sé già un racconto, una storia, la rievocazione di un’avventura, di una vicenda di popoli e culture, che nasconde l’affermazione di significati il cui senso è vita, forza, piacere.
Alice Romiti