«Negli anni ‘80 io e Giusto Occhipinti, già compagni di banco all’istituto per Geometri di Vittoria, eravamo inseparabili. Un giorno mio padre mi dice, oggi vai in campagna e pesa l’uva al commerciante, noi gestivamo i terreni a mezzadria».
Così inizia il racconto di una fantastica avventura che, con precisione e amore per la terra, mi racconta Giambattista Cilia fondatore insieme a Giusto Occhipinti e Cirino Strano dell’Azienda Agricola Cos che nasce nel 1980 a Vittoria.
«Poi mi aspetti che quando torno da Pozzallo devi fare i conti ai mezzadri. Così chiedo al mio compagno di banco di farmi compagnia. Detto fatto e siamo andati in campagna con il “motore a pedalino”.
Pesiamo l’uva, tutto bene, e ci spostiamo nel caseggiato del baglio. Era la prima volta che Giusto entrava in un Palmento, del 1800, (antica vasca per la lavorazione dell’uva, tipico del Sud Italia), e incomincio a spiegargli tutto della “Cianca” (la trave principale di funzionamento) del “Torchio” e di come funzionavano.

Tutto era fermo da quindici anni perché mio papà non produceva vino, ma vendeva l’uva. Mentre spiego a Giusto, arriva mio padre che aveva lasciato l’auto fuori ed era entrato silenziosamente. Rimane sorpreso da come spiegavo il lavoro, anche perché l’ultima volta che l’avevo sentito descrivere, avevo forse cinque anni. Mi guarda negli occhi e dice: “La vogliamo riempire una botte di vino?” E io rispondo “Sì papà, subito”. E coinvolge anche il mio compagno che non avrebbe saputo da dove iniziare. “Non ti preoccupare – gli risponde – Titta ti ha spiegato tutto e poi ci sono io”».
Nasce così, quasi per gioco una storia di straordinaria passione e volontà, dove l’amore per la propria terra diventa motore del lavoro. I due ragazzi appena ventenni puliscono il palmento, preparano tutto il necessario e il giorno successivo la prima botte è piena con l’uva più bella, che il signor Celia aveva fatto raccogliere per Giambattista e Giusto.
«Ci siamo divertiti molto – continua Giambattista – abbiamo coinvolto la nostra comitiva nel pigiare l’uva e, data la novità e l’occasione, anche le ragazze ottennero il permesso dalle mamme di unirsi i a noi (sorride). Da bevitori di acqua e latte, ci siamo tuffati nel vino, compiendo tutti i procedimenti secondo le regole dateci da mio padre.

Ad aprile avevamo la nostra botte di vino e mio papà ci disse “È vostra, ve la potete vendere a Palermo – dove frequentavamo entrambi la facoltà di architettura – e il prossimo anno ne riempite due”. Così ce ne andiamo a Palermo con qualche bottiglia di campione.
Il successo è stato immediato, in una enoteca che aveva sullo scaffale il Cerasuolo di Vittoria a milleduecento lire era pronto con un assegno per comprare tutta la nostra produzione. Decidemmo così di imbottigliare il nostro vino senza neanche avere il nome dell’azienda. Il proprietario di una famosa enoteca dell’epoca, si chiamava Bianco, lo volle anche lui, senza neanche assaggiarlo, voleva quella nuova etichetta siciliana».
Nascono i vini Cos
Con un investimento di centocinquanta mila lire a testa nacque la “Azienda Agricola Cos” le iniziali di Celia, Occhipinti e Strano. Poi Strano lasciò perché la mamma lo voleva dottore e non vignaiolo.
Fin dalle prime vendemmie il carattere del territorio, la matrice profonda dei vitigni autoctoni, sono state e sono le caratteristiche della altissima qualità dei vini Cos.

Insieme ad una volontà, che si sviluppa nel confronto, di dare contemporaneità ai vini, di dar loro un volto moderno e vitale, dove la tradizione enologica e di campagna si sviluppa in caratteristiche olfattive e degustative perfettamente adatte ai nostri tempi. Capacità di studio dei terreni poco calcarei, come il Pachino e il Licata, terreni neri, dove da dieci a venti metri trovo solo sostanza. Quindi un lavoro che permetta di ritrovare la facilità di beva, la freschezza.
Da sottolineare, sin dall’inizio degli anni 2000, l’utilizzo dell’anfora nella lavorazione dei vini, una scelta che ha caratterizzato ancor più il carattere dei vini. «Cominciammo a utilizzare anfore da quattrocento litri per il Cerasuolo di Vittoria».

Oggi le etichette in anfora sono tre Phytos Rosso, Phytos Bianco e l’eccellente Zibibbo in Phythos, coltivato a Marsala, per ragioni di disciplinare, che viene raccolto con qualche anticipo.
Un vino di grandissimo fascino. Eccellente espressione, il vitigno si esalta nei profumi e nella nettezza verticale del sorso succoso e intrigante.
«Ci divertiamo ancora molto, come allora, nel trovare l’equilibrio nei nostri vini. Il nostro spirito è lo stesso della giovinezza. Quando ci guardiamo con Giusto la sintesi è che siamo stati bravi, certo, ma anche fortunati» conclude Giambattista Celia.
Andrea Radic