Vola il mercato dei vini della Valpolicella, con gli imbottigliamenti in crescita in doppia cifra come pure il prezzo medio delle uve e dello sfuso.

Una chiusura di anno da ricordare, che rischia però di trasformarsi in agrodolce a causa dell’aumento senza precedenti delle materie prime legate alla produzione e alla commercializzazione del vino.

È il quadro tracciato dal Consorzio vini Valpolicella con l’analisi degli ultimi dati di filiera, che restituiscono una denominazione in piena salute ma minacciata da una congiuntura che rischia di provocare distorsioni di mercato.

Il presidente del Consorzio vini Valpolicella, Christian Marchesini

Secondo il Consorzio, gli imbottigliamenti complessivi per l’immissione del prodotto sul mercato sono cresciuti del 16% nei primi 10 mesi di quest’anno rispetto al pari periodo 2020, con l’Amarone a fare la parte del leone (+30,2%, l’equivalente di 15 milioni di bottiglie nei primi 10 mesi dell’anno), il Valpolicella Ripasso a +14,7% e il Valpolicella a +7,1%.

Un exploit che ha determinato un calo netto delle giacenze di quasi 100mila ettolitri (tradotto in bottiglie circa 13 milioni di pezzi) di cui la metà afferenti ad Amarone e Recioto.

Un combinato disposto che, complice anche una vendemmia eccellente, ha fatto lievitare nell’ultimo anno il prezzo medio dello sfuso di Amarone di oltre il 20% e del 13% il Doc atto a Ripasso.

Negli ultimi anni la Doc Valpolicella ha operato scelte contenitive, in particolare sulle rese e attraverso il blocco degli impianti di una denominazione che conta in 19 comuni 8398 ettari per 1677 soci. Il giro d’affari complessivo al consumo supera i 600 milioni di euro.