Agosto si presenta con un caldo poco sostenibile anche per chi ha il mare a disposizione. Ecco che l’insofferenza aumenta. Leggere su certi argomenti dichiarazioni convinte e radicali che vanno in direzioni diametralmente opposte, oltre a generare irritazione, porta a concludere che ognuno può dire ciò che vuole in base a ciò che gli torna più comodo.

Visto che siamo in periodo di pranzi in spiaggia, cosa c’è di più funzionale di una bottiglia con tappo a vite, senza necessità di tagliare la capsula termorestringente, avere un cavatappi a disposizione, togliere il tappo e smaltirlo. E invece il tappo a vite è visto come un insulto al buon bere. Almeno nella nostra povera Italia di quelli che sanno tutto, poi fanno affondare navi e crollare ponti. Molto meno inviso, invece, è il tappo a vite nel resto del mondo.

Sughero o tappo a vite?

Qualcuno aveva accennato alle problematiche legate allo sfruttamento del sughero, alla carenza di materia prima che portava ad utilizzare parti non nobili, con necessità di interventi di sanificazione non sempre ben riusciti. Tricloroanisolo insegna, ma lo zoccolo duro dei sugheristi non arretra neppure davanti ai frequenti sentori anomali indotti dai tappi, sentori che, grazie alle nuove tecniche di sanificazione, sono diventati subdoli e riconoscibili solo da degustatori allenati, mentre per il grosso pubblico portano semplicemente a concludere che il vino è cattivo.

Amorim durante la timbratura

Per lo zoccolo duro dei sugheristi, i problemi di disponibilità di sughero scompaiono per miracolo ed ecco che Amorim propone di estendere la tappatura in sughero anche alla birra e magari a tutti i superalcolici. “Birra e tappo in sughero sono un binomio sempre più ricercato dai consumatori particolarmente sensibili alla genuinità”, sostiene Carlos Veloso dos Santos, AD di Amorim Cork Italia (Turismodelgusto.com 01 agosto 2018).

“Chi desidera differenziarsi nel pullulare di birrifici odierno ora punta sul sughero, materiale che richiama valori unici al mondo, la sostenibilità ambientale in primis….. Il tappo in sughero è oggi il sigillo che offre un plusvalore al vino, al gin, al whisky, alla tequila, ai brandy e, non potrebbe essere altrimenti, alla birra”.

Amorim  sta puntando anche a realizzare un tappatore mobile, pensato per portare, presso i piccoli birrifici artigianali, il professionista della sigillatura della birra che, dotato di apposito macchinario, applichi il tappo a fungo e la gabbietta.

Nomacorc Green Line

Insomma il sughero sembra disponibile all’infinito e senza problemi, tanto da poter invadere il mondo del beverage, dalla birra ai distillati? E allora perché c’è chi propone il tappo in canna da zucchero? Ecco la GREEN LINE DI NOMACORC: tappi alternativi al sughero, sostenibili, di origine vegetale come Select Bio, la prima chiusura senza impronta di carbonio realizzata con biopolimeri derivati dalla canna da zucchero. Così dopo aver scolato la bottiglia si potrà gustare anche il tappo. Infatti “ la canna da zucchero converte la luce solare in saccarosio e i cinici in credenti”, recita il claim della Nomacorc.

Per concludere abbiamo le chiusure alternative. Trascuriamo i tappi sintetici sia per la loro estetica, sia per la loro tenuta molto limitata nel tempo. Parliamo invece di Stelvin, marchio divenuto ormai sinonimo di tappo a vite. “Screwcaps are the best closures for wine as they slow down the ageing process like a really cold cellar”, confida  Chester Osborn a The Dinks Business.

Chester Osborn

Chester Osborn, proprietario della casa vinicola australiana d’Aremberg, è stato nominato quest’anno fra i 100 personaggi australiani più influenti nel mondo del vino. Produce 72 etichette tutte con tappo a vite e oltretutto usa screwcaps a ridottissimo rilascio di ossigeno, perché crede che una piccola riduzione contribuisca alla longevità dei vini. Oltre a questo, la sua scelta tiene conto del parere dei sommelier australiani che disprezzano il tappo in sughero, ma soprattutto degli umori del mercato cinese.

Le vendite del vino d’Arenberg in Cina sono cresciute del 300% nell’ultimo anno, il mercato cinese è diventato il loro primo mercato superando di gran lunga Inghilterra e Stati Uniti. Osborn attribuisce parte del merito anche alle chiusure: “L’atteggiamento dei cinesi nei confronti del tappo è cambiato, un tempo erano orientati sul sughero, ora sono molto aperti verso il tappo a vite”.

La chiusura tipo Stelvin ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, progredendo nell’impiego dei materiali e nello studio di un processo di micro ossigenazione controllato e scelto in base alla tipologia del vino. Nel nuovo mondo sta diventando una chiusura usuale, nel vecchio mondo ci sono fortissime resistenze, anche se non mancano esempi come Domaine Laroche nello Chablis, che la adottano anche per i Grands Crus.

Ma veniamo all’esperienza personale

Nel 2009 Helena Lindberg, enologa della Tenuta di Biserno, svedese di nascita e neozelandese di adozione, mi chiese una serie di campioni di Bolgheri Superiore 2006 per fare una comparazione con altrettanti vini di Coonawarra, sempre 2006, a casa loro. I viticoltori di Coonawarra restituirono il favore l’anno successivo inviando i loro vini a Bolgheri, che assaggiammo tra produttori, enologi e giornalisti a casa di Massimo Piccin a Sapaio.

Ebbene, nella degustazione alla cieca, il vino che risultò preferito fu un cabernet di Coonawarra della Lindemans con tappo Stelvin. La qualità dei vini si rivelò straordinaria senza alcuna eccezione, ma quasi tutti gli australiani erano tappati con lo Stelvin.

Per gli appassionati della materia pubblichiamo in altra parte del giornale il quaderno di degustazione redatto dai precisi soci della Coonawarra Vignerons Association “Coonawarra Cabernet Masterclass – Il Viale dei Cipressi – Celebrating the outstanding 2006 cabernet vintages of Coonawarra and Bolgheri”.

Conclusione

Collaborando all’organizzazione delle degustazioni professionali per giornalisti di Guide Vini e Magazine specializzati, mi capita molto spesso (troppo spesso) di imbattermi in vini dai tannini secchi e asciuganti, in vini con sentori di legno sporco che lasciano una bocca arida e non invitano certo al riassaggio. Se c’è la possibilità, il tempo, la pazienza per farlo, si stappa una seconda bottiglia, soprattutto se si svela che il vino in questione ha un pedigree importante, e quasi sempre viene fuori un vino totalmente diverso.

Amorim tappi sughero

Insomma il sughero, per quanto ne dicano i suoi produttori, ha sempre problemi e sempre più subdoli. Non più il solo plateale odore di tappo indotto dal fungo armillaria, o dal forte sentore indotto dal TCA, ma qualcosa di molto più nascosto e dubbio.

Se una bottiglia del genere capita in mano ad un consumatore normale, non super specializzato, questi concluderà: “che schifezza di vino!” e difficilmente ordinerà una seconda volta quella etichetta. Men che meno si inoltrerà in una discussione con il sommelier sostenendo che la bottiglia è da cambiare.

A questo punto viene spontaneo chiedersi che senso abbia sprecare tonnellate di sughero per vini di assoluta normalità. Accanto ai grandi nomi, alle grandi bottiglie, degne di lunghi invecchiamenti, di investimenti, di collezioni, esistono migliaia di vini di pronto consumo o per lo meno da consumare in un ristretto numero di anni, che del tappo in sughero potrebbero fare tranquillamente a meno.

In questo settore l’Italia eccelle per qualità, per diversità e, tutto sommato, per prezzo al consumo. Però, siccome siamo italiani, “ogni scarrafone è bello a mamma soja” (napoletano. In livornese sarebbe “la bodda ‘un vede artro ‘e  su’ boddicchi”), quindi tappare una bottiglia che magari va a finire sullo scaffale della GDO a 3 o 4 euro con un tappo a vite è un sacrilegio imperdonabile, un’offesa per l’azienda che la produce.

Tappi Stelvin di Alcan

Penso anche alle DOC di ricaduta delle DOCG oppure a tante DOC marginali: ha senso per il 90% (e sono molto buono) del Bianco dell’Empolese sprecare sughero? Un Bianco dell’Empolese DOC con tappo a vite è proprio così improponibile? Ma anche un Bolgheri Rosso d’annata, in molti casi, sarebbe proprio disdicevole con lo Stelvin?

Il nuovo disciplinare del Bolgheri DOC, per lo meno,  permette la chiusura alternativa per il Rosso, mentre altri disciplinari (esemplare il caso Valpolicella), non la consentono.

Così, mentre noi dormiamo il sonno dei giusti, australiani e nuovo mondo invadono i mercati, Cina e USA in testa, con milioni di bottiglie di Yellow Tail, di 19 Crimes, di Meiomi, di d’Arenberg e via dicendo.

Noi continuiamo a mandare missioni commerciali e assessori in giro per il mondo.

Paolo Valdastri