A bocce ferme. Anteprima Morellino di Scansano

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    Per la prima volta, in ambito Anteprime Toscane, il Consorzio del Morellino di Scansano ha scelto di presentarsi non più con il mare magnum delle denominazioni “residuali”, cui non è dedicata una degustazione specifica, bensì a latere del Consorzio Chianti, in un apprezzabile tentativo di maggiore visibilità.

    La rappresentanza includeva una quindicina di aziende direttamente presenti, più un’altra trentina di etichette sparse, tra annata e Riserva: verosimilmente una quantità sufficiente a stabilire un giudizio coerente su una denominazione onestamente da me non troppo frequentata, nonostante la personale dimestichezza col Sangiovese. In degustazione, sia la problematica annata 2017, sia qualche campione delle Riserve e selezioni della molto più lieta 2016 (comunque calda) più millesimi precedenti. E i risultati sono stati tutto sommato positivi, da più di un punto di vista.

    L’analisi

    Innanzitutto la consistenza della precisione tecnica nella vinificazione: assaggi di campioni quasi sempre puliti, ben disegnati, dall’estrazione tannica piuttosto calibrata a fronte di condizioni spesso non facili, tanto più che le alte temperature e la siccità del 2017 hanno colpito con maggiore rudezza nel Sud della Toscana. La penale da scontare è stata un profilo gustativo meno carnoso del solito, ma francamente sensazioni amare e asciuganti che si potevano temere sono state più o meno evitate con sapienza.

    Occorre inoltre considerare che il territorio della denominazione è esteso, e comprende senza differenziazione contesti pedoclimatici quanto mai differenziati: da vigneti pressoché in vista del mare a impianti situati ben più in alto, con diverse escursioni termiche, profondità e composizione di suoli, ecc; non tutte le zone hanno consentito di coesistere con l’eccezionalità dell’annata nello stesso modo.

    Per le Riserve, provenienti da millesimi tanto più equilibrati e quindi potenzialmente adatti a vini anche più longevi, occorre però fare una premessa: è opinione di chi Vi scrive che le ambizioni (in termini di struttura) dei Morellino Riserva mortifichino quella che è forse la caratteristica migliore della denominazione, ovvero l’immediatezza del frutto accoppiata con l’accattivante bevibilità. In altre parole: l’affinamento in legno necessario per venire a capo di tannini generosamente estratti può nascondere una succosità dal carattere quasi gioioso, o comunque uniformarla sulle note speziate del rovere.

    Esistono, ovviamente, le dovute eccezioni: in effetti, i campioni presentati si distinguevano per una maggiore integrazione delle loro componenti, certo a livello superiore che non in mie esperienze di assaggio precedenti, sia merito dei millesimi favorevoli oppure no. D’altra parte, la tipologia “Riserva” continua a riscuotere un lusinghiero successo all’estero, dove il termine ben si spende a livello di marketing; sul mercato interno, invece, il pubblico alla ricerca di un vino base Sangiovese “importante” continua in prevalenza a rivolgersi altrove.

    In sintesi, nelle more della commercializzazione di un’annata 2017 comunque abbastanza riuscita in termini di bevibilità, il Morellino può guadagnare ulteriore credibilità e spazio con l’eleganza delle migliori Riserve. In un periodo in cui i vini del Sud della Toscana, dopo il boom modaiolo degli anni ’90, si stanno costruendo una nuova immagine qualitativa basata non solo sulla struttura e sulla potenza dell’espressione fruttata, ma anche su insospettate risorse di eleganza (nei migliori terroir), il Morellino può distinguersi come una delle punte di diamante di questa rivoluzione in divenire.

    Riccardo Margheri