Breve viaggio tra i banchi dei vignaioli “naturali”
Villa Favorita è diversa. Diciamolo subito a scanso di equivoci. Qualcuno ha scritto che si tratta di un evento ripetitivo perché incentrato sui “Vini Naturali” e le aziende che vi partecipano sono le stesse che abbiamo trovato a Genova, Sestri Levante, Piacenza, Cerea ecc…
Certamente alcuni viticoltori presenziano tutte le manifestazioni che parlano di “vino naturale” ma ogni singolo evento ha la sua filosofia, il suo credo e Villa Favorita è diversa in tutto.
La location
“Villa da Porto detta “la Favorita” è una villa veneta fatta costruire da Giovanni Battista da Porto nel 1714-1715 e attribuita all’architetto Francesco Muttoni. Si erge sopra un elevato colle che domina l’intera pianura di Monticello di Fara, una frazione del comune di Sarego, in provincia di Vicenza.” Così si legge in una ricerca fatta in rete. E vederla nella sua imponenza, percorrendo il lungo viale alberato d’accesso, mi galvanizza e prepara all’evento.
Devo dire che Vinnatur, l’Associazione dei Viticoltori Naturali organizzatrice di questo “momento”, mi ha abituato a location “storiche particolari”, non banali, asettiche, senz’anima. Genova, palazzo della Borsa, ne è stata un’ulteriore conferma.
Villa Favorita e Vinnatur, simbiosi perfetta. Momento d’incontro tra tutti i vignaioli associati, gli invitati stranieri, gli appassionati di questo particolare mondo vinicolo e gli operatori del mercato. 140 espositori di cui ben 37 provenienti da 6 paesi europei (Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Repubblica Ceca e Slovenia).
La filosofia che li unisce
Produrre vino in maniera naturale ovvero agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando attraverso la sperimentazione, l’utilizzo di agenti invasivi e tossici di natura chimica e tecnologica in genere, dapprima in vigna e successivamente in cantina. (dal Manifesto programmatico associativo Vinnatur).
Solo così ben preparato nello spirito e con la giusta chiave di lettura, di degustazione, posso salire la scalinata che porta all’interno di Villa da Porto e immergermi in un mondo di immagini che raccontano in un reale ed evidente parallelo, vecchie tradizioni, usanze, visioni nuove, fatiche e speranze.
La mia posizione? Necessariamente, come cronista, quella di “laico” super partes, senza preconcetti attento a percepire qualsiasi dato, elemento, raccogliendo opinioni da trasmettere come contributo alla conoscenza. Ed è per questo che partecipo con convinzione a tutti gli appuntamenti che “sanno di naturale”.
Già “naturale”. Ma veramente esiste “il vino naturale” o rappresenta l’icona del “non fa male”? Sono consapevole di alzare un polverone ma partendo dai sinonimi e contrari registro che a naturale, di natura, della terra si contrappongono alterato, manipolato, artefatto, artificioso. Ed allora ci si rifugia in due nuovi vocaboli distintivi: naturale e convenzionale. Non abbiamo risolto alcun problema perché convenzionale ci potrebbe riportare a tradizionale, comune, classico. Non se ne esce. C’è solo una soluzione: far parlare il vino e chi lo produce.
Entro nella sala tasting e cerco di raccogliere, dai campioni presenti, dati e leggerli nella loro complessità al fine di fornire conoscenza per gli altri. Ne cito alcuni che mi hanno colpito.
- PierLuigi Zampaglione con il suo Don Chisciotte, un Fiano in purezza “di montagna” (800 mt). Voto
- Terpin Franco dalla zona friulana del Collio con la sua Ribolla Gialla. Voto
- Cà del Vent Franciacorta brut Sospiri Millesimato. Voto
- Roagna Azienda I Paglieri. Barbaresco Paje. Voto
- Andreas und Elisabeth Tscheppe (Austria), sauvignon blanc. Voto
- Domaine Pierre Frick (Alsazia). Gewurztraminer alsaziano. Voto
- Domaine der Rouge Queues. (Borgogna). Bourgognr Aligoté. Voto
- Domaine Laherte Frères (Champagne). Voto
- Muxagat (Portogallo). Vino del Douro Voto
Ebbene sì, dopo questa ennesima esperienza tra i banchi dei viticoltori “naturalisti”, confesso di essere ancora lontano da qualsiasi sorta di conversione. Non sono stato “illuminato” e detesto i colleghi che dichiarano di essersi convertiti chiedendomi di brindare con un Prosecco Costadilà e poi decantano, lodano, esaltano i “big wine convenzionali”.
Ancora faccio parte di coloro che “credono” nel vino buono e che i difetti sono difetti. No alle mode-tendenze (tante), ma “attenzione” ai cambiamenti in atto, quei cambiamenti che favoriscono lo scambio di conoscenze per il bene del Vino. Ė per questo che ho partecipato a Villa Favorita e ci sarò anche nelle prossime edizioni.
Urano Cupisti