Enjology, il vino di Bosa, Careggine (Lu)

Quando si dice che un Vino è Onesto? Quando lo si trova sincero, un po’ schietto (che non vuol essere un difetto), franco. Quando chi lo produce conosce i limiti e non lo presenta come migliore anche se è costato sacrifici di tempo e di denaro, apprensioni. Onesto come premio alla natura, alla mano dell’uomo e alle poche, poche tecniche di cantina.

Ultimamente ho definito onesto un vino fattomi assaggiare in una occasione particolare. Enjology il nome, Geopark il produttore (Parco delle Apuane) e Bosa di Careggine il luogo di allevamento dei vitigni e sede della piccola cantina.

Ricordo alcuni anni fa quando, durante il mio Corso di formazione, il relatore della lezione Vini della Toscana nel parlare di quelli della Lucchesia, affermò decisamente che “ne in Versilia ne in Garfagnana è possibile fare vino”. A distanza di qualche anno alcuni viticoltori non solo fanno vino ma le loro realtà ricevono premi a non finire, attenzione dei media di settore e di studiosi dell’Università di Pisa.

Quest’ultimi per verificare quale vitigno sia più adatto a vinificare in quelle terre. Presto avremo anche un Riesling prodotto a mille metri di altezza, nel bel mezzo delle Alpi Apuane, sulle orme di antiche e perdute vigne esistenti nella zona e ricordate in antichi manoscritti conservati per la memoria. La Versilia, nella sua fascia pedemontana, produce vini di buona fattura ed è entrata ufficialmente nella Strada del Vino e dell’Olio deile Colline lucchesi, di Montecarlo e della Versilia. La Garfagnana in senso lato suddivisa in Media Valle e Garfagnana vera e propria (da Gallicano verso Nord-Ovest), da alcuni anni è presente sui mercati nazionali e non solo con i suoi vini biodinamici. Due aziende producono anche Pinot Nero e fanno parte a pieno titolo dell’Associazione Pinot Nero di Montagna insieme ai più blasonati vini del Mugello e Casentino.

Enjology, in grande prevalenza Merlot, nasce in un paesaggio dove il bianco candido del marmo delle Alpi Apuane lascia spazio al verde cupo dei castagneti cosparsi da radure cotivate. E tra queste quella di Bosa che risente l’effetto benefico di un microclima dove si è inserito a pieno titolo il bacino artificiale di Vagli di Sotto.

Il vino assaggiato (Enjology) si è presentato nel bicchiere con un colore rosso cupo impenetrabile. Al naso un po’ monocorde con evidenti toni fruttati. Al palato ha denotato freschezza, sapidità però non in equilibrio con le componenti carenti morbide. La pai (persistenza aromatica intensa) è risultata molto corta. Rappresenta l’espressione di una vinificazione la più tradizionale possibile. Il “vino del contadino”.

Oggi l’evoluzione della scienza enoica e della tecnologia usata in cantina ci hanno portato a prodotti eccellenti difficilmente ottenibili con una ricercata improvvisazione di un tempo. I lieviti “indigeni” sono spesso sostituiti da “lieviti selezionati” frutto di ricerche continuamente in evoluzione; le”medicine” comprate presso i Consorzi Agrari sono sostituite con prodotti fitosanitari (agrofarmaci o fitofarmaci) di sintesi o naturali,  utilizzati per combattere le principali avversità; le fermentazioni in larghissima parte sono termocontrollate.

Non c’è più spazio per l’amarcord, la rievocazione in chiave nostalgica di un vino pronto, vinoso. Enjology, il vino di Bosa, puoi definirlo solo un Vino Onesto, sincero, schietto, franco. Il territorio c’è, i terreni sono adatti per la viticoltura. Serve un enologo preparato, una attenzione maggiore durante le fermentazioni e qualche tecnica di cantina indispensabile. Ed allora il Vino Onesto si trasformerà in un ottimo Vino di Bosa.

Urano Cupisti