
Ammirevole è l’audacia di certe persone e affascinante è capire da dove essa derivi, cosa fa tendere lo spirito umano verso l’affermazione di una propria visione, verso il creare qualcosa che prima non esisteva; una domenica di marzo quando ho varcato la soglia di Tenuta di Trinoro ho avuto proprio questa sensazione.
Invitata da Francesco Bonomi e Francesco Mastrosimone, nell’occasione di una Vintage Wine Room, ho assistito all’evento di Tesori Liquidi (del quale parlo in un articolo dedicato: https://corrieredelvino.it/featured/vintage-wine-room-di-tesori-liquidi/ )

Trinoro, per i pochi che non lo sapessero, è il luogo in cui si trova la Tenuta. Lo spazio attorno è intatto, incontaminato, solo natura; non c’è niente che richiami l’artificio dell’uomo su di essa. Siamo tra le stupende colline Toscane, in un contesto così pittoresco che sembra venir fuori dalla tela del più esperto macchiaiolo, paesaggio che va a sperdersi nell’angolo della provincia sud orientale di Siena, precisamente a Sarteano, piccola enclave della Val d’Orcia.
Qui Andrea Franchetti, figlio di madre americana e padre italiano, cresciuto tra New York, Venezia e Roma, ha deciso di celebrare il suo matrimonio con la natura e da questo connubio sono nati vini tra i più celebri al mondo. Erano i primi Anni ’80 e Andrea Franchetti aveva già sviluppato la lungimiranza che lo contraddistingue. Iniziò a dedicarsi all’importazione dei grandi vini italiani che cominciavano allora a cavalcare la scena internazionale. Deciso a realizzare il suo vigneto, parte per Bordeaux dove apprende l’arte e la filosofia del fare vino dai grandi maestri.
Arrivano gli anni ’90 e arriva a Trinoro. Tutto inizia con il restauro delle rovine di un’antica casa fortificata di campagna, oggi patrimonio Unesco e con l’acquisto di 200 ettari, 23 dei quali attualmente sono destinati a vigneto. Inizia la trasformazione, di quella terra senza nome, in una piccola Bordeaux.

La visita dell’azienda è stata magistralmente condotta da Lene Lundvald Bucelli, Direttrice Marketing di Trinoro e dell’altra azienda di Franchetti, Passopisciaro alle pendici dell’Etna.
«Ci stiamo affacciando a un’idea molto personale di vino, di chi lo conosceva, ma non lo sapeva fare. – ci introduce Lene Lundvald Bucelli – Andrea Franchetti, soprannominato anche “il filosofo del vino”, aveva un approccio edonista, lavorava con i sensi sfruttando la connessione con la terra. Fondamentali erano i continui assaggi dell’uva in vigna e del vino in cantina. Adesso la filosofia produttiva è ripresa dal figlio Benjamin Franchetti».
Tra i vigneti di Trinoro
Come prima cosa visitiamo l’area di produzione, il “regno” dell’enologo Lorenzo Fornaini. Dei vini, tra i più celebrati d’Italia, la cantina piccolissima, la soluzione dell’equazione è: grandissima selezione e qualità.

Infatti, i 23 ettari vitati sono separati in 50 micro parcelle, queste sono curate, raccolte e fermentate separatamente. Anche l’iter di produzione rispecchia una filosofia minimalista che mira alla naturalità delle cose. La fermentazione avviene in tini di acciaio, per l’affinamento si vuole una blanda influenza del legno, il vino sosta 6-8 mesi in barrique (quasi mai nuove) e dopodiché viene assemblato. Poi svolge un periodo di assestamento in cemento vetrificato per 12 mesi, prima dell’imbottigliamento. «Tutti i vini hanno esattamente lo stesso percorso, – spiega Lene Lundvald Bucelli – quello che si vuole far emergere è proprio il terroir».
Andiamo quindi a vedere le vigne: il principe indiscusso è il Cabernet Franc, accompagnato poi dal Merlot, Petit Verdot e l’unica uva bianca è il Semillon. I vigneti ad alta densità, 10 mila piante per ettaro, sono a regime biologico. I suoli cambiano da un vigneto all’altro, ma il filo conduttore è l’argilla blu, presente in diverse percentuali su tutti i terreni.
Con enorme curiosità iniziamo la degustazione curata da Francesco Bonomi e Francesco Mastrosimone ideatori dell’entusiasmante format Vintage Wine Room: degustiamo annate passate, non solo dell’azienda ospitante ma anche di altre realtà, il tutto rigorosamente alla cieca.
La verticale
Per praticità riporterò solo il protagonista di questa degustazione: Tenuta di Trinoro IGT Toscana Rosso. Prodotto in poco più di mille bottiglie, presenta un blend di Cabernet Franc, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, provenienti dalle migliori vigne, piantate sui terreni più poveri composti da detriti di roccia calcarea e argilla.

Tenuta di Trinoro 2021. 60% Merlot, 40% Cabernet Franc.
«Per la prima volta, Tenuta di Trinoro esce da solo, senza la mano di mio padre, che per trent’anni l’ha cresciuto». Cosi scrive nelle note di degustazione Benjamin Franchetti, attualmente alla guida delle aziende. «Il Trinoro ’21 però non è timido, anzi è un vino quasi troppo immediato, esplosivo, come se volesse gridare al mondo “Eccomi qua!”».
Frutto scuro che racconta di questa terra selvaggia, attraversato da un nervo tipico del vitigno ma elegante, che ci parla di chi sa aspettare il momento perfetto della massima concentrazione e maturazione fenolica per vendemmiare. Liquirizia e note mentolate. In bocca è grintoso, veemente, materico, il tannino è preciso. Il retrolfattivo è caleidoscopico, interminabile. Ritorna il frutto maturo in chiusura.
Tenuta di Trinoro 2013. 50% Cabernet Franc, 33% Merlot, 13% Cabernet Sauvignon, 4% Petit Verdot.
Annata fredda. Al naso perfettamente integro. Affascinante la nota marina iodata, accompagnata da note di mandarino, cappero. In bocca è consistente, emerge il frutto scuro, il tannino ancora suadente, termina in un finale con note ossidative.
Tenuta di Trinoro 2015. 50% Cabernet Franc, 36% Merlot, 10% Cabernet Sauvignon, 4% Petit Verdot.
Una delle grandi annate. Al naso è evoluto e caldo con note di sottobosco e spezia scura. In bocca sferza tantissimo su note fresche, marine e minerali. Sapido, ematico, emerge ancora il frutto nonostante gli anni. Il corpo è consistente e vibrante. I tannini sono polverosi ma ancora ben presenti e centrati.
Tenuta di Trinoro 1998. 80% Cabernet Franc, 10% Cabernet Sauvignon, 10% Petit Verdot.
Annata altalenante, prevalentemente caldissima, con picchi di freddo. Terziari a non finire, funghi, ciliegia, intriganti note balsamiche, china, e ancora presente la nota distintiva della sapidità. Elegantissimo anche in bocca dove i tannini sono ancora presenti è affascinante, timido in chiusura.

Gli altri cru
La bellezza non finisce qui. La Tenuta di Trinoro ha suoli eterogenei, qui il Cabernet Franc ha trovato la sua dimora perfetta. Per valorizzare questa grande bellezza, dal 2014 si imbottigliano separatamente i vini di tre cru, 100% Cabernet Franc: Magnacosta, Tenaglia, Camagi.
Infine Palazzi, Merlot in purezza, annata 2020, è accanto al Tenuta di Trinoro, l’altro vino di punta della tenuta. Si esprime in tutta la sua eleganza, con il frutto rosso al centro, masticabile. Anche qui le note sapide fanno da segno distintivo, pepe e spezie dolci sorreggono il frutto. Finale lunghissimo.
Grata di questa bellissima esperienza ringrazio tutti i presenti alla giornata, in particolare gli organizzatori, Francesco Bonomi, Francesco Mastrosimone e Lene Lundvald Bucelli che ha avuto l’ammirevole idea di aprire le porte di Trinoro per condividerne la grande bellezza.
Alice Romiti