Una storia che ha origine lontana e piena di vicissitudini
Finalmente sono riuscito ad assaggiarlo. Ne avevo sentito parlare, sparlare e seguivo il suo peregrinare, lungo l’italico stivale, ad opera del Seminario Permanente Luigi Veronelli.
Sì perché Luigi Veronelli, nel definirlo mostruoso, trovò il nome: Ora da Re.
La storia di questo vino ha dell’incredibile. Non tanto nella sua produzione che risale al 1932 ma in tutto quello che avvenne dopo.
L’occasione dell’assaggio è stato il laboratorio programmato durante l’Anteprima Vini della Costa Toscana che si è svolta a Lucca recentemente.
“Ci troviamo a Chiaramonte Gulfi, un Comune nel ragusano, collocato sulla fascia collinare che sovrasta la pianura di Vittoria, poco lontano dal corso del fiume Acate, a una latitudine più a sud di Tunisi”.
È iniziato così l’intervento di presentazione di Piero Cucchi, presidente del Co.C.I., Consorzio di cooperative di cantine di secondo grado della Sicilia.
“La zona di Vittoria è celebre per essere la patria di un vino singolare: il Cerasuolo di Vittoria, appunto. Frappato per la maggior parte, calabrese e una piccola parte di grossonero”.
Le lavorazioni manuali di quel tempo, con l’aiuto degli animali, la pigiatura con ai piedi le scarpe chiodate e il mosto che finiva in cisterne interrate dove avveniva la fermentazione.
Nel 1932, in contrada Mazzaronello, il vino prodotto fu travasato in nove botti di slavonia dalla capacità di 40/50 hl e vi fu aggiunto del mosto cotto nella misura dell’1% (per prolungare la durata del vino nel tempo).
Poi la morte del proprietario, l’espianto della vigna per fare posto ad altre colture a quel tempo più redditizie.
“Nella piccola cantina restarono ancora le botti contenenti la vendemmia 1932. Le elevate temperature estive favorirono il lento processo di ossidazione”.
Di tutte quelle botti il tempo riuscì a salvarne tre: la 2, la 8 e la 9. Le altre, troppo ossidate, non furono recuperate.
Fortuna volle che Maida Jacona della Motta, proprietaria della contrada Mazzaronello, incontrasse Piermario Meletti Cavallari, proprietario di Grattamacco che, affascinato dalla storia, la giudicò interessante tanto da recarsi in Sicilia ad assaggiarlo. Straordinario, unico, irripetibile!
Poi l’assaggio di Luigi Veronelli che, in un entusiastico articolo, lo consacrò come miracolo enologico.
Eravamo alla fine degli anni ’80. Fu deciso di prelevare campioni e farli analizzare all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. L’analisi sollevò grande stupore tant’è che “il vino fu imbottigliato utilizzando un autotreno del Centro Enologico Mobile Lipari, trasferito dal Friuli in Sicilia”. Infine la Storia dei giorni nostri.
In sala, al momento dell’assaggio, ho “fotografato” molte facce con espressioni tra l’incredulo e lo stupefatto. Forse condizionate dall’incredibile storia raccontata.
Questo l’assaggio:
Ora da Re campione botte 2. Colore tonaca di frate, Sentori di macchia mediterranea, radice di china e speziature dolci. Finale fumé. Apprezzabile l’equilibrio gustativo, dove emerge la nota alcolica ancora ben bilanciata da una freschezza e mineralità decise.
Ora da Re campione botte 8. Il colore tonaca di frate tende ad essere più chiaro. Datteri, fichi secchi, miele su sottofondo iodato e erbe aromatiche. Dolce al palato ma non stucchevole. Basso tenore zuccherino su di una alcolicità intorno ai 18/19 %. Il campione che mi ha entusiasmato di più.
Ora da Re campione botte 9. Colore tonaca di monaco più che frate. Ambrato cupo. Naso articolato. Ricordi legati al Vin Santo Occhio di Pernice, anch’esso da uve a bacca nera. Un po’ tannico. Diverso dagli altri forse destinato a cedere per primo.
Senza alcuna fretta. Se è stato ben 56 anni in botte potrà stare altrettanto in bottiglia. Trenta ne sono passati; ne restano 26, c’è ancora tempo!
“Scenda in campo il vino del mio privilegio e mostri con orgoglio le sue insegne” . Così disse Luigi Veronelli.
Urano Cupisti
Nelle foto, dall’alto:
Campione da botte 2
Campione da botte 8
Campione da botte 9