Monastero dei Frati Bianchi: legame tra terreno, clima e uomo.
Giorgio Tazzara, uno dei proprietari ed anima dell’azienda mi attendeva in un pomeriggio assolato di fine aprile.
Per raggiungerlo al “suo Monastero” non è stato facile. Le frane causate dal maltempo hanno costretto questo cronista di vino a percorrere strade alternative, su e giù per la Lunigiana e valli laterali. Per orientarmi tenevo come riferimento la vetta del Pizzo d’Uccello, una delle ultime montagne delle Alpi Apuane. Che spettacolo, che meraviglia. Ad ogni curva c’era da fermarsi e fotografare.
Monastero dei Frati Bianchi
Incastonato nel verde delle colline ad un tiro di schioppo dal mare, dagli Appennini, dalla Lunigiana del fiume Magra, dalla Foce dei Carpinelli, confine con la Provincia di Lucca, Alta Garfagnana.
«L’azienda Monastero dei Frati Bianchi nasce nella primavera del 2004 quando intravidi la possibilità di ristrutturare i vigneti di famiglia e impiantarne di nuovi recuperando le antiche terre che erano già possedimenti dell’antico Monastero e che, seppur vitate per secoli, erano cadute in abbandono».
È Giorgio, al secolo Giorgio Tazzara che, dopo i saluti di benvenuto, ha iniziato a raccontare la Storia.
«Dal 2019, con l’entrata in società della famiglia Bernardini, iniziano le opere di ampliamento dei vigneti: dopo “Monte dei Bianchi”, nasce il vigneto “La Rocca“».
Andiamo con ordine. Perché Monastero dei Frati Bianchi?
«Il primo Monastero risale al VII secolo d.C. e fu edificato per volere di Ato, figlio di Egenio il Longobardo, il quale donò parte dei suoi possedimenti a Padre Fratellus incaricandolo di costruirvi un centro di culto.
Alcuni secoli dopo, nel 1106, Papa Pasquale II inviò in questi luoghi il monaco benedettino Bernardo degli Uberti per incontrare i discendenti di Rodolfo da Casola e dei Bosoni della Verrucola. Bernardo, dopo aver ascoltato le suppliche delle due famiglie, decise di far edificare un nuovo Monastero sulle fondamenta del precedente e di dedicarlo a San Michele annettendolo al dominio della potente Abazia di Canossa.
A gestirne le attività furono chiamati i frati canonici regolari, detti anche Frati Bianchi per il colore del loro saio ed anche per una certa etica morale ben diversa dalla corruzione diffusa negli ambienti monastici del tempo. Nei secoli i vari parroci che hanno prestato la loro opera spirituale e guidato la comunità locale si sono anche impegnati nelle attività agricole con l’ausilio di mezzadri e contadini».
Veniamo ai giorni nostri. Numeri aziendali: 15.000 bottiglie annue con una prospettiva tendente a 35.000 grazie all’acquisizione di nuovi impianti; 5 etichette, un bianco e quattro rossi; al momento, essendo isolati e sufficientemente protetti dai boschi, si ritiene di non intervenire con metodologie biologiche e/o biodinamiche.
Prospettive future?
«Con il ripristino della viabilità e quindi tempi ridotti per arrivare, sarà la costruzione di un agriturismo con annessa sala degustazione posta su di una altura con all’orizzonte il mare, il golfo della Spezia, le isole, la prospettiva futura. E perché no, anche una nuova cantina».
Hai detto no biologico, no biodinamico. Una controtendenza al pensiero dominante. non ti pare?
«Il nostro lavoro consiste nel cercare di ridurre gli interventi in vigna lasciando decidere alla natura. Segue il paziente e meticoloso lavoro in cantina. La qualità dei nostri vigneti è racchiusa nell’unione di quei fattori che i francesi definiscono “Terroir”, ovvero il legame tra terreno, clima e uomo. La splendida posizione collinare con esposizione a Sud Ovest permette un forte irraggiamento solare su tutto il podere; inoltre, grazie all’altitudine e alla vicinanza delle montagne, il clima è spesso fresco, ventilato ed asciutto. E poi i boschi!».
Parliamo dei terreni e dei vitigni
«I valori che ci ispirano sono il rilancio dei vitigni autoctoni come Albarola, Durella della Lunigiana, Pollera e Barsaglina accanto al ben noto Vermentino, il prosieguo della tradizione che rappresenta la nostra storia, ma anche il nostro futuro. Tra i vitigni internazionali, abbiamo scelto il Syrah ed il Merlot accompagnati da Chardonnay. Il Galestro e l’Alberese sono abbondanti e disgregandosi rilasciano numerosi minerali fondamentali per la viticoltura di qualità.
La formazione di queste colline deriva dai fondi degli antichi oceani, dove rocce magmatiche nel corso dei millenni sono state ricoperte da depositi marini, argille abissali e calcari marnosi. Le nostre viti nel cercare la profondità trovano questi minerali nascosti, che nutrendo la pianta, ne addomesticano i frutti e quindi il vino dove risuona l’eco della sua origine, testimonianza che illumina».
La degustazione
– Margine 2022, Val di Magra Igt. Vermentino 50%, Albarola 20%, Durella 20%, Chardonnay 10%. Vigneto San Terenzo. Fermentazione ed affinamento in Inox. Il mio giudizio. Molto Buono, raccomandato. 88/100;
– Cenobio 2022, Toscana Igt. Merlot 60%, Pollera 20%, Barsaglina 20%. Solo inox. Vigneto Campaccio, Pino vecchio. Il nome riprende il significato storico di comunità monastica. Il mio giudizio. Buono, adatto al consumo quotidiano. Voto 87/100;
– Pollera 2021, Toscana Igt. Pollera 100%. 12 mesi in tonneaux. Vigneto Campaccio. Autoctono della Lunigiana. Il mio giudizio. Molto Buono, raccomandato. Voto 88/100;
– Barsaglina 2021, Toscana Igt. Barsaglina 100%. 12 mesi in tonneaux. Vigneto Campaccio. Vitigno autoctono della provincia di Massa Carrara. Il mio giudizio. Eccellente, sale il gradino più alto. Altamente raccomandato. Voto 90/100;
– Deir 2019. Toscana Igt. Syrah 60% e Merlot 40%. Vigneti Campaccio e Pino. Deir significa Monastero in lingua Nabatea. Vinificazione separata in acciaio a tino aperto con lunghe macerazioni. 12 mesi tra barriques e tonneaux. Il mio giudizio. Eccellente, un grande risultato. Voto 91/100.
Enologo: Francesco Petacco
Il nostro segreto: il legame tra terreno, clima e uomo. Chapeau!
Urano Cupisti
Assaggi effettuati il 29 aprile 2024
Monastero dei Frati Bianchi
Loc. Margine -Monte dei Bianchi, 10
Fivizzano (MS)
Tel 0585 97620
Cell: 3408360807
Email: frati.bianchi@libero.it