La storia, l’ambiente, le tradizioni, il personaggio, i suoi vini. Il riassunto di questo incontro, avvenuto pochi giorni fa, grazie all’insistenza di un carissimo amico con il quale ho calpestato tante vigne in tutt’Europa: Massimo Ortori.
“Ti devo far conoscere un personaggio del vino, di quelli sconosciuti ai più, che lo fa per passione, passione vera”.
Così è iniziata l’avventura presso la cantina di Luciano Baldiati, a Massa. La cantina che mi aspettavo dalle descrizioni di Massimo. “Non ti aspettare niente di che, è la classica cantina sotto-casa solo per pochi intimi”. Che bello sentirsi un privilegiato!
Il personaggio
Luciano, che ama definirsi coltivatore d’uva, è un valente e conosciuto architetto con l’hobby per la vitivinocoltura. Ha iniziato il suo racconto, la storia della piccola azienda, seduti su sgabelli improvvisati, di fronte alle bottiglie storiche della sua avventura. Una piccola cantinetta di plastica con poche bottiglie di annate precedenti. “Anche perché ho il vizio di non lasciarle invecchiare. Se poi “partono” ne avrei il rimpianto misto a sgomento”.
La storia
“Cominciai nel 2000 per hobby. L’acquisizione della vigna, il modellare il terrazzamento collinare a ciglioni raccordati consentendo la meccanizzazione leggera. Prese così forma il vigneto così come è nell’assetto attuale. Nel 2011 nacque ufficialmente l’Azienda Agricola Luciano Baldiati come attività complementare alla libera professione. Nel 2015 l’inizio della commercializzazione dei vini”.
L’ambiente
Il vigneto di circa 3500 mq (meno di ½ettaro) è posizionato subito dopo il Passo della Foce, la strada interna che collega le città di Massa e Carrara a 250 metri s.l.m.. Guarda Carrara e il Monte Sagro con Campocecina in evidenza (le ultime cime delle Apuane). A raccontarla tutta, meglio identificarlo “alle spalle della Collina del Candia”, anche perché i terreni sono simili con la sola esposizione diversa.
Terreno sabbioso e allevamento a Guyot. Luciano, per riverenza verso il suo vigneto della Foce, ha voluto etichettare il suo rosso come “FoceRosso”.
E della disposizione dei filari ne vogliamo parlare? “Roba da architetti”.
Non mi dilungo oltre. Invito il lettore a focalizzare il marchio aziendale registrato®. Riproduce il vigneto di Luciano Baldiati. Speciale, insolito, inconsueto.
Le tradizioni
“I nostri vini sono espressione dell’andamento dell’annata, alla quale sono fortemente legati sia nel carattere che nei tratti tipici della propria naturale personalità. Il metodo di conduzione del vigneto e della cantina, seppur rapportato alle ridotte dimensioni della superficie vitata, è teso al raggiungimento di tale scopo”.
Antiche tradizioni di questa terra, chiusa in se stessa e schiva alle innovazioni. Un male? Un bene? Una cosa è certa: oggi è una scoperta di tesoretti nascosti, di piccoli vignaioli, coltivatori di uve, di metodi ancestrali ancora esistenti nelle cantine sotto-casa.
I suoi vini
Una produzione di circa 2000 bottiglie su base annua per due etichette (al momento. In un prossimo futuro chissà): Màcina bianco, Focerosso.
I miei assaggi hanno spaziato dai campioni di botte, vini ancora in affinamento, a quelli datati (secondo Luciano da non dimenticare sugli scaffali ma bere con gli amici e ricordarli). Riporto quelli che mi hanno colpito:
– Màcina 2017. Viognier in prevalenza e Vermentino. Macerazione sulle bucce e fermentazione in barriques nuove. Affinamento sempre in legno di 1° e 2° passaggio. Interessante il numero delle bottiglie prodotte: circa un migliaio scarso. Direi per pochi intimi!. I 12 mesi in legno dona al vino quel savoir-faire alla francese. Fresco al punto giusto, coinvolgente per la sua rotondità. Racconta un’altra storia alimentando il “bianco” della Foce di quel carattere gustativo ricco di energia, dinamicità. Ottimo, voto 89/100 tutti meritati.
– Màcina 2019. Campione ancora in legno. Il bianco che darà grandi soddisfazioni a Luciano. Ha tutta la stoffa per ergersi a vino da “ricercare”. Non posso dare il voto perché ancora in crescita ma se tanto mi da tanto alla sua uscita sul mercato raggiungerà l’eccellenza.
– FoceRosso 2015. Cabernet Sauvignon 40%, Merlot 40%, Sangiovese dei Colli di Luni 20%. Macerazione con le bucce in vasche inox, maturazione e affinamento in barriques di Allier di 1°, 2° e 3° passaggio. Breve decantazione nuovamente in inox e poi 5/6 mesi in bottiglia. Prima annata in commercio con l’etichetta aziendale. Serrata presenza tannica e grinta sapida in chiusura. Sfumature aromatiche floreali macerate e frutto accompagnato dall’erbaceo tipico del cabernet. Dinamico. Ottimo, voto 87/100
– FoceRosso 2019. Campione di botte. Vale quanto detto per Màcina 2019. Un vino in eccellente percorso di costruzione. Luciano ha apportato tutte quelle modifiche dettate dalla crescente esperienza di coltivatore e cantiniere. Raggiungerà anche questo il gradino dell’eccellenza.
Mentre stavo “appollaiato” sul mio sgabello mi sono tornati alla mente alcuni assaggi di un’azienda lì vicino, condotta anch’essa da un architetto anche lui molto apprezzato, amante del vino “francese” con l’uso del legno come valido strumento di cantina. Non saranno mica le nozioni di architettura a suggerire “le costruzioni vinicole in vigna e in cantina”?
Luciano Baldiati il coltivatore di uve; solo questo? Chapeau!
Urano Cupisti
Assaggi effettuati il 2 luglio 2020
Azienda agricola Luciano Baldiati
Via Capaccola 84
Massa
Cell: 3473493306
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