Il ricordo di una degustazione

Chi incontra per la prima volta Peter Dipoli ne rimane colpito vuoi per “il carattere riservato, discreto, a volte schivo”, vuoi  per la “sua conoscenza della viticoltura altoatesina e non solo”. È l’uomo del Pinot Nero, conoscitore, competente ed esperto di questo vitigno in ogni luogo dove viene allevato. Al tempo stesso, come viticoltore, come persona profondamente appassionata del proprio lavoro, sperimenta, testa, saggia per i suoi vini “un più saldo inserimento e radicamento territoriale”.

Conosco Peter da diversi anni per quell’amore innato di entrambi per il principe dei vitigni: il Pinot Noir.  Ho appreso da lui l’essenza, le sfaccettature sensoriali, la fragilità, la cedevolezza di questo vitigno di fronte a stagioni calde o piovose, i diversi usi e scelte dell’utilizzo del rovere per l’affinamento. E pensare che il vigneron Peter non alleva Pinot Nero.

Ho incontrato recentemente Peter Dipoli nel mese scorso quando mi ha ospitato nella sua cantina, con alcuni miei amici, per diversi assaggi dei suoi vini. E l’occasione è stata anche per ricordare la sua vita, le sue scelte, i suoi traguardi.

Studi di enologia presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige si forma presso la Stazione Sperimentale di Laimburg dove “capisce” le potenzialità di certi vitigni alloctoni come i bianchi Sauvignon e Chardonnay e i rossi Cabernet e Merlot  in alcuni territori della bassa atesina.

“Anni fa decisi di esercitare sul campo la mia passione per il vino e diventare, a mia volta, produttore”. Correva l’anno 1987 quando acquisì circa 1,2 ettari in località Penon sopra l’abitato di Cortaccia.

Fu l’inizio che portò, dopo tre anni, all’uscita della prima bottiglia di Voglar, quello che è diventato il Sauvignon Blanc dell’Alto Adige.

“Negli anni successivi le altre tappe: l’acquisizione (proprietà ed affitto) di nuovi vigneti sopra Magrè con l’allevamento di cabernet sauvignon e merlot”.

Era stata individuata quella fascia di territorio, tra i 400 e 600 mt,  sopra i Comuni di Magrè, Cortaccia e Termeno che oggi è indicata come fascia bordolese lasciando al fragile Pinot Noir le terrazze di Mazzon sopra Egna.

“Ritengo che ogni vitigno vada collocato nell’habitat che  è più congeniale. Al produttore resta il compito di trasformare l’uva, così come i vigneti l’hanno consegnata, in un prodotto fedele al terreno, all’ambiente, all’annata”. Il Dipoli pensiero.

Ci siamo seduti intorno al tavolo nella piccola sala degustazione, nella cantina di Egna,  che rispecchia il carattere “riservato, discreto, a volte schivo”. “Solo gli amici entrano qui, per i perditempo esistono altre cantine ben organizzate per loro. Tra queste mura ci si confronta sulla cultura della vigna”

È iniziato così l’assaggio di ben 10 campioni (ma chi l’ha detto che Peter è schivo) tra aneddoti e ricordi. Ne riporto 7:

1. Voglar 2016 (campione di botte) Sauvignon Blanc 100%. Bisogna conoscere e capire il sauvignon blanc per assaggiarlo dalla botte. Tutte le sue peculiarità in evidenza, dirette ma comprensibili nella sua tipicità. Un’annata ottima che forse avrà bisogno di un affinamento più lungo per esprimersi al meglio. Ottimo, voto 88/100

2. Voglar 2014, Sauvignon Blanc 100%. Chi l’ha detto che la vendemmia 2014 è stata una pessima vendemmia? Nell’insieme è da classificare tra quelle “problematiche” ma in alcuni habitat è riuscita a consegnare uve di altissimo livello. Quelle della vigna Penon sono tra le ultime, salvate dall’altitudine (quasi 600 mt). Paglierino brillante, Toni di pompelmo rosa, salvia e mela golden. Struttura snella, con freschezza agrumata  e sapori in linea con l’olfatto. Scia minerale in evidenza. Lungo. Eccellente voto 91/100

3. Voglar 2012,  Sauvignon Blanc 100%. Cinque anni e non sentirli. Esplosione di aromi fruttati e balsamici che sono aumentati con l’aumentare della temperatura. Vena fresco-sapida sorretta dalle morbidezze dei polialcoli. Eccellente. Voto 92/100

4. Voglar 2007. Sauvignon Blanc 100%. Partito con una marcata mineralità per poi aprirsi nei profumi del Voglar. Questo campione come il successivo sono da meditazione e come tali, compresi nelle eccellenze, non possono essere ricondotti a numeri. Speciali, unici.

5. Voglar 2003. Sauvignon Blanc 100%. Eleganza e bevibilità senza paragoni. Chapeau!

6. Iugum 2012. Merlot 80% e Cabernet Sauvignon 20%. Il rosso di Dipoli. Uve provenienti da sopra dell’abitato di Magrè. Rubino fitto e compatto. Al naso aromi di frutta in confettura, rabarbaro e tabacco per poi aprirsi su note speziate.  Al palato buona concentrazione tannica e tenore alcoolico. Lungo con ritorni retrolfattivi in linea con i nasali. Eccellente, voto 91/100

7. Iugum 2010. Merlot 80% e Cabernet Sauvignon 20%. Rubino concentrato. Note fruttate rosse su di un manto di spezie tendenti al dolciastro. Fase gustativa dominata dalla presenza di tannini di grana fine. Eccellente. Voto 92/100

“Cercando di assecondare i gusti del mercato si rischia non solo rinunciare alla naturale variabilità del prodotto ma di perdere anche l’unicità del territorio”. Che dire se non essere d’accordo sul Dipoli pensiero. Strada ancora in salita nell’educare il consumatore.

Concludendo ho ricordato a Peter che i suoi vini riflettono un savoir-faire enologico che mette in evidenza la ricerca dei dettagli e la purezza d’espressione. Chapeau!

Urano Cupisti