Barcos Rabelos, Quinte, Pipe: una Storia straordinaria della Valle del Douro
Nella valle del Douro la presenza della vite risale alla Preistoria. Recentemente sono stati trovati fossili con all’interno la Vitis Vinifera. Sto parlando della Vite Selvatica che cresceva liberamente e che l’uomo ha cominciato a coltivarla molto presto. Per trovare le tracce storiche più importanti bisogna risalire al periodo della presenza dei Romani. I vini della Valle del Douro arrivavano a Roma e nelle case patrizie era motivo di fastose libagioni. Le triremi romane, come da disegni dell’epoca, partendo dall’odierna Vila Nova de Gaia, costeggiavano la costa portoghese, passavano le colonne d’Ercole e veleggiavano verso l’antica Anzio con il prezioso carico. Certo non trasportavano il vino liquoroso, ancora in parte sconosciuto.
Bisogna attendere il medioevo per registrare l’inizio della commercializzazione del vino del Douro particolarmente in Francia. Tempi difficili per gli scambi tra le continue guerre, gabelle, i Mori ecc… Bisogna attendere il ‘600, dopo la scoperta delle Americhe per registrare scambi commerciali vinicoli con le terre oltre oceano come le Antille e l’attuale Brasile. Poi la guerra tra francesi ed inglesi portò quest’ultimi alla ricerca di approvvigionamento di vino al di fuori della Francia. Fu ll’inizio. Vila Nova de Gaia divenne il porto d’esportazione più importante dell’appena “nato” vino liquoroso della Valle del Douro.
Fin qui un po’ di storia raccontata in sintesi. Ma quel vino piacevole, “corretto” con acqua ardente (aguardiente), con acidità gradevole e poco tannico ben presto risultò essere una vera scoperta per il mondo anglo-sassone. La piccola cittadina di Vila Nova de Gaia e la dirimpettaia Oporto (Porto) cominciarono a pullulare di Bodegas e il calmo, placido fiume Douro divenne un corso d’acqua commerciale tra i più trafficati. I Barcos Rabelos, i barconi che trasportavano le pipe, botti del vino liquoroso dalle zone di produzione nell’interno verso il confine con la Spagna, solcavano le acque del fiume con i loro carichi preziosi.
Oggi, tutto questo è lasciato ai ricordi ma il PORTO sorprende sempre.
Touriga Nacional, Touriga Francesa, Tinta Francisca, Tinta Amarela, Tinta Roriz e Bastardo. Questi i vitigni più importanti utilizzati per la produzione dei vari Porto. Hanno tutti dei riferimenti con i vitigni internazionali maggiormente conosciuti ma sarebbe, a mio avviso, togliere l’autenticità e lo spirito portoghese, anche solo mettere tra parentesi il rapporto, il legame, la relazione con i conosciutissimi Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Pinot Noir o il Tempranillo spagnolo. Dignità, rispetto e correttezza; chiamiamoli con il loro nome.
L’occasione di parlare del Porto è stata una degustazione particolare alla quale sono stato invitato recentemente durante il Vinexpo di Bordeaux organizzata da Sogevinus, l’Associazione che riunisce quattro produttori portoghesi ritenuti, a giusta ragione, tra i migliori nel Mondo.
Barros, Burmester, Cálem, Kopke. Un Gruppo che vanta ad oggi di essere il n° 1 nel segmento della prestigiosa categoria “Colheita”, la più nobile dei Tawnies.
Siamo in diversi all’interno della sala preparata appositamente per questo incontro prestigioso. A condurre la degustazione due nomi illustri a livello mondiale: Bernard Burtschy e Gonzalo Pedrosa. Gli otto campioni sono lì a far mostra di se con i loro colori e profumi. Si inizia: sono solo adesso con i miei ricordi enoscolastici, gli appunti sulle varie classificazioni (anche se si parlerà e assaggerà solo tawny e colheita).
Cálem. Fondata nel 1859 da Antonio Alves Cálem è oggi uno dei Marchi con il più alto numero di riconoscimenti. Le sue Bodegas ad Oporto risultano essere le più frequentate in assoluto. Il Porto che ha in se lo spirito d’avventura. Ho degustato:
Fine Tawny, il tipo più comune. Alcool 19,50%, pH 3,63, acidità 3,60 gr, zucchero residuo 103,00gr. Prodotto esclusivamente con uve nere il cui vino invecchia in legno minimo per tre anni. Rosso pallido rilascia una complessità olfattiva di tutto rispetto che ci porta al cuoio, radice di china e spezie dolciastre. Al palato l’evidente nota alcolica e il residuo zuccherino sono ben bilanciati dalla decisa freschezza, dai tannini finissimi e dalla presenza di una media sapidità. Bellissimo il finale. Voto
Colheita 2000. Direi un millesimato per la vendemmia di riferimento. Solo nelle grandi annate. Proveniente da un unico vigneto (Quinta). Alcool 20%, pH 3,58, acidità intorno ai 4,50, residuo zuccherino simile al precedente 100,20. Ambrato, passaggio in legno, le classiche pipe (botti allungate di capacità 500/550 lt.). Al naso un susseguirsi di aromi che rendono l’olfatto ampio. L’assaggio è dolce, morbido ed avvolgente. Lunga persistenza. Voto
20 Ans D’Âge. Un fine old tawny invecchiato per oltre 20 anni con una miscela di Porto di diverse età. Alcool 20%, pH 3,45, acidità 4,62 e residuo zuzzherino 112,00. Struttura incredibilmente morbida e vellutata. Noci e spezie dolci le caratteristiche olfattive. Morbidezza in equilibrio alla freschezza incredibile e alla sempre presente sapidità. Retrolfattivo persistente improntato alle spezie. Voto e chapeau!
Fine prima parte.
Urano Cupisti