ma la contrapposizione ad un Recioto dolce. Sfatiamo una leggenda

Tutto parte dal Recioto. Al di là della storica frase attribuita al capo cantiniere della Cantina Sociale di Negrar nella Valpolicella, Adelino Lucchese, pronunciata nella primavera del 1936 a seguito del ritrovamento di una botte di Recioto dimenticata da tempo in un angolo, quello che sarà poi battezzato con il nome “Amarone” trae origini in tempi remoti. Già nel 49 a.C. Catullo, che era di quelle parti, reclamò in “calices amariores” un vino amaro in contrapposizione ad uno dolce. Di seguito Cassiodoro ed altri fecero menzione nei loro scritti di un “recchiotto amaro”. Che poi tanto amaro non era. Se ne deduce oggi che il termine amaro sia stato in uso solo a significare secco come contrario di dolce. Quindi: nessuna “amarezza”.

La storica frase di Adelino Lucchese “questo non è un vino amaro, è un Amarone” assume l’onore delle cronache come l’inizio di una vinificazione in larga scala o meglio dire la riscoperta di un prodotto già esistente da parecchio tempo a livello familiare e circoscritto alla Valpolicella Classica.

Vendemmie un po’ tardive (massimo alla prima decade di ottobre) comunque raccolta dei grappoli ancora intatti leggermente sovramaturi. Disposti in un unico strato in cassette (plastica o legno), impilate (arelle) e collocate in ampi fruttai,  perfettamente aerati, ricavati sopra le cantine. 120 giorni dopo, ad appassimento avvenuto, inizio della pigiatura che porta ad un mosto con alto contenuto zuccherino. Si procede alla fermentazione tanto quanto basta a ultimarla completamente o con un residuo che non deve superare 1,1 grammo litro. Per disciplinare, se al termine della fermentazione alcolica il residuo supera quella soglia, il vino rientrerà nella denominazione Recioto (dolce).

Il vero motivo per cui mi trovo a parlare di Amarone è la splendida serata organizzata dal Ristorante Carpe Diem, viale Europa (Darsena) a Viareggio in collaborazione con il team di degustatori del Corrieredelvino.it. Tre bottiglie provenienti da due zone diverse della Valpolicella per valutare la differenza pedoclimatica della Mano (la mano della Valpolicella), dei terreni, delle influenze che il vento del Nord condiziona nei “fruttai”; insomma studiare e vagliare il terroir.

Amarone Vigna Garzon Pieropan 2012. Corvina 65% e 35% di Corvinone, Rondinella, Croatina e altre uve a bacca nera autoctone veronesi. Provenienza Colline di Cellore d’Illasi nella Valpolicella Allargata (zona Est). Tav 16% dichiarato. Percezione oltre i 16,50%. Affinamento in barriques e tonneaux per 24/30 mesi. Colore Rubino inchiostro con evidenti sfumature violacee. La gioventù nel calice. Abbondanti lacrimazioni dopo una corposa consistenza registrata nel lento roteare. Al naso complessità “aristocratica” dovuta al susseguire dei floreali, fruttati, speziati. Al palato l’impronta minerale in evidenza in trama con una freschezza molto presente. Tannini dalla grana “robusta”. Il tutto in perfetto equilibrio con il “caldo” alcolico e le abbondanti glicerine. Lungo, Pai infinita e retrolfattivi nel ricordo dell’impatto nasale. Elegante nonostante la giovinezza marcata. Eccellente Voto 93/100. Pieropan non si smentisce. Chapeau!

Amarone Costasera, Azienda Masi 2011. 70% Corvina, 25% Rondinella e 5% Molinara. Provenienza S. Ambrogio nella Valpolicella Classica. Tav 15% dichiarato. Percezione oltre i 15,50%. Affinamento di 30 mesi in parte in barriques di diversa provenienza e passaggio.  Un dato incredibile: bottiglie prodotte nel 2012 ben 12.500.000 complessive. Rubino compatto di pregevole estrazione. Gira con difficoltà nel calice lasciando traccia abbondante del suo passaggio. Archetti fitti. Al naso una complessità “scontata” per questo Amarone conosciuto in tutto il mondo. Confettura di ciliegia, cannella, tabacco dolce da pipa e ampi ricordi balsamici. Al palato sono le morbidezze che entusiasmano. Equilibrato con trama tannica levigata. Eccellente. Voto (scontato) 91/100

Amarone Vigneto Monte Sant’Urbano Azienda Speri 2011. 70% Corvina e Corvinone, 25% Rondinella e 5% Molinara. Provenienza San Pietro in Cariano nella Valpolicella Classica. Tav 15% dichiarato. Percezione oltre 15,50%. Botti grandi e tonneaux. Cantina a misura d’uomo. Di questa “vigna” vengono prodotte circa 100.000 bottiglie. Si presenta molto scuro al colore con lampi violacei in evidenza. Molto consistente lascia traccia di se nel lento roteare. Al naso sprigiona profumi variopinti di frutta rossa in confettura, ribes e mirto. Evidenti gli speziati e i balsamici. Al palato il sorso è elegante con la sua presente alcolicità, glicerine in perfetto equilibrio con la vena fresco-sapida accarezzata da tannini finissimi. Eccellente. Voto 95/100. Il campione più gettonato della serata.

Il primo Amarone, Pietropan, è stato definito “il risultato di un mix di innovazione nella fedeltà della tradizione”; il secondo, Masi Costasera, “l’Amarone internazionale veicolo di comunicazione di questo vino nel mondo”; il terzo campione Vigneto Sant’Ubaldo di Speri, “l’Amarone che si ama, la continuità della tradizione, il forte radicamento nel territorio “classico”.

Hanno accompagnato l’assaggio di questi tre vini alcuni piatti di “terra”: antipasto con crostini di fegatini e grissini stirati a mano con lardo avvolto, tagliatelle fresche del Carpe Diem con ragù di fagiano, ossobuco in gremolada con patate prezzemolate e per finire il dolce della casa a sorpresa.

Il Carpe Diem, posizionato di fronte al mare, viene maggiormente ricordato per menù a base di pesce. Il chè non ha fatto passare in secondo piano la professionalità e abilità della cucina ad elaborare piatti di “terra” atti ad esaltare i tre Amaroni. Chapeau alla brigata di cucina abilmente diretta dallo Chef Paolo Lucarini.

Urano Cupisti