Un’incredibile voglia di capire come si sono comportati i vini ancora in commercio di una zona che ho scoperto nel tempo e che ho trovato di grande interesse, non solo per la capacità di dare vini interessanti fin da subito, ma anche per una longevità impressionante.
Un desiderio che si è trasformato in una richiesta al “mio” gruppo di orvietani con il quale abbiamo vissuto bellissimi momenti di condivisione e crescita. Un messaggio e dopo pochi giorni avevo i vini in ufficio per organizzare questa panoramica sull’annata.
La 2024 dell’Orvieto racconta un bianco umbro pieno di ritmo (sono di parte sicuramente: ritengo che l’Italia centrale sia una terra meravigliosa per la produzione di bianchi). Il tratto comune è una sapidità pulsante che entra presto nel sorso, lo tiene teso e lo allunga: più che un vezzo stilistico, sembra una scelta consapevole di molti produttori, capace di dare tridimensionalità ai tradizionali tagli di Grechetto e Procanico. Il risultato è una gamma di profili che va dalla florealità soffusa alla mineralità rocciosa, con un lessico gustativo moderno: verticalità, presa tattile, progressione.
Gli assaggi
Il Sergio Mottura Orvieto Classico 2024 parte in punta di piedi, con un naso suadente e floreale; poi, in bocca, il vino «prende» il palato: ampiezza, grip, un finale dolce-salato che torna sapido senza esuberanze. È una chiave d’accesso limpida alla denominazione, centrata sull’equilibrio tra gentilezza aromatica e trazione gustativa. 91 punti
Di tutt’altra profondità il Tracugnano Orvieto Classico 2024, ancora Mottura: il profumo è sussurrato ma fitto, intreccia fiori e frutti con una vena minerale “un po’ unica”. In bocca cambia marcia a centro palato e poi vira con decisione sulla sapidità, dilatando il sorso. È la dimostrazione di come l’Orvieto sappia essere sfaccettato senza perdere bevibilità. 93 punti
Madonna del Latte firma un Classico Superiore 2024 di taglio affilato: il naso, intriso di sfumature minerali e un tocco di spezia, lascia presagire un carattere più severo; al gusto è «lama tagliente e verticale», roccioso nel finale e di rara continuità di beva. È l’estetica della tensione portata con eleganza. 94 punti

Lunato 2024 di Le Velette sempre un Orvieto Classico Superiore, con l’apporto di Malvasia, Verdello e Drupeggio, scalda i toni: polpa gialla e agrumi al naso, bocca più “golosa” e distesa, ma senza cedimenti – la chiusura resta salata. È la prova che la ricetta polivarietale può essere inclusiva per stili e occasioni di consumo, senza perdere identità territoriale. 92 punti
Enrico Neri con Ca’ Viti 2024 Orvieto Classico Superiore sceglie una tavolozza esotica: frutti che “fanno viaggiare”, dinamismo e progressione fino a un finale che riunisce dolcezza e sale. Qui la maturità del frutto non pesa, anzi scandisce il ritmo gustativo. 95 punti
Terre Vineate di Palazzone 2024 Orvieto Classico Superiore è tra i vertici della serie: agrumi nitidi, spunti minerali, una bocca «sferzante e viva» che cresce per balzi fino alla persistenza salina. È un Orvieto che parla chiaro e lungo, con una qualità tattile rara. 96 punti
Fuori denominazione, La Torre a Civitella 2023 (Grechetto IGT) chiude il cerchio: aromaticità da erbe e fiori d’agrumi, materia avvolgente ma sempre mobile, persistenza e “bevibilità” come idee guida. Ricorda che il Grechetto, quando ben estratto e ben contenuto, è un raffinato strumento espressivo. 96 punti
Il messaggio, nel complesso, è limpido: l’Orvieto contemporaneo non rincorre l’effetto speciale, ma lavora su precisione aromatica, tattilità e salinità. È un’identità che convince i tecnici e conquista i lettori: vini capaci di stare a tavola, dialogare con le cucine d’oggi e, soprattutto, di promettere una nuova stagione di attenzione critica per il bianco umbro.
Riccardo Gabriele



















