Con un vino “etrusco dei giorni nostri” il “Vel Aules” della fattoria Poggio Gagliardo
Presso la “Casa dell’Aviatore” in Roma, a cura dell’Associazione Nazionale di Commissariato Militare, si è tenuta una serata inaugurale, primo evento di un programma di iniziative culturali e conviviali. Con la presidenza del Gen. Corrado Lauretta la serata, generalmente riservata ai militari, è stata aperta anche agli amici conferendo notevole vivacità all’iniziativa.
A.NA.CO.MI.
La conferenza, a cura del Gen. C.A. Rocco Panunzi e della Dott.ssa Barbara Roggio, ha esplorato aspetti poco conosciuti della civiltà Etrusca, talvolta tramandati con errori storici, cultura che meriterebbe di essere conosciuta meglio anche per le competenze che ci sono state da loro tramandate. Considerevole rispetto era attribuito al ruolo della donna, come manager della vita familiare e non come semplice casalinga, anticipando un ruolo piuttosto progredito per quei tempi. Gli Etruschi, tra le loro arti, avevano anche una grande conoscenza nell’allevamento della vite e producevano vini con maestria.
Non poteva mancare il riferimento di un vino “etrusco dei giorni nostri” il “Vel Aules” della fattoria Poggio Gagliardo. Questo vino rievoca riferimenti alla cultura etrusca a cominciare dai vitigni, di origine molto antica, la malvasia nera di toscana e il colorino, fino al nome dato al vino “Vel Aules” ricordo di un antico racconto che narrava le esperienze di un viaggio iniziatico di un ragazzo etrusco, che portava questo nome, che viaggia attraverso esperienze fino a giungere alla conoscenza dei famosi vini di quella che diverrà la Costa degli Etruschi. La storia toccò la fantasia del produttore tanto da aver influenzato l sue scelte future al punto di seguire il padre in quest’arte manuale, proprio come accadeva al ragazzo etrusco. Fu così che, dopo anni di esperienze in vigna e in cantina, riaffiora il ricordo di questa lontana storia. Questo vino rinato ai giorni nostri e antico nella sua tipologia di produzione, ricalca i metodi di vinificazione ritrovati su un vecchio manuale del 1700 in possesso alla famiglia Surbone, i proprietari della fattoria. Un vino estremo, una scommessa. Senza correzioni, né filtrazioni, né solforosa. Prodotto soltanto nelle annate in cui la natura ne concede la facoltà.
Note di Degustazione.
Vigne vecchie di trentacinque anni, nella profondità del terreno, assimilano tutta la natura della vigna, donando al vino complessità e carattere.
Trasparente all’analisi visiva pur senza essere sottoposto a filtrazione. Rubino di intenso spessore. Eleganti sentori di frutta e fiori, amarene e rose rosse, sono completati da note di cacao. Avvincenti e molteplici le speziature: cannella, pepe nero e noce moscata. A tratti dolci e poi forti nell’indole. L’alcol è ben integrato ad una freschezza vivace. Grande corpo e struttura. Tannicità molto fine. Note ferrose completano la sua forza.
Ad accompagnare la degustazione, intermezzi musicali della mezzosoprano Savina Maesano, che ha intonato arie espressione artistica della cultura del vino, profondamente radicata nella nostra tradizione.
Antonella Avantaggiato
Ci è piaciuto degustare questo vino che non è più in produzione come ha tenuto a precisare l’azienda che è stata contattata