Anticicloni africani, aria torrida, umida, appiccicosa. Voglia di fresco, di montagna, di aria fresca e pura, di verdi valli.Mi tornano in mente le fantasie di bambino. Nelle prime letture giovanili, nelle favole, ma anche nei cartoni di Disney, c’era, ricorrente, il richiamo ad una fantastica “valle incantata”. Era inevitabilmente circondata da alte montagne, l’aria pura, trasparente e fresca, i prati verdi attraversati da ruscelli cristallini che terminavano il loro corso in laghi di profondo blu.

Un’atmosfera rarefatta, quasi surreale, un senso di calma e benessere, di gioia, di tranquillità, il clima perfetto, la vita serena. Uccellini che cinguettano, profumo di fiori nell’aria e degli abitanti sempre sorridenti, felici per il loro lavoro, contenti di esistere e di condividere con gli altri questa gioia.

Utopia pura, pensavo, e fino a poco tempo fa ero assolutamente convinto che un luogo del genere esistesse solo nella fantasia di un ragazzo.

Poi un invito. Per la Mostra Vini del Trentino, organizzato dalla locale Camera di Commercio, dalla Provincia di Tranto e dai produttori, e da qui la visita alla Valle di Laghi. Un’arrampicata da Trento a Vezzano, sotto il Bondone, e all’improvviso la fantasia diventa realtà. Eccola lì la valle incantata, il fiume Sarca con i monti intorno, i laghi tutti in fila, Santa Massenza, Toblino, Cavèdine, il verde dei vigneti, il cielo turchese: tutto come nel sogno, non un particolare fuori posto. Perfetti anche i personaggi, quelli che vorresti incontrare ogni giorno, in ogni momento e in ogni occasione.

Giuseppe Pedrotti è forse quello che incarna più da vicino questo mondo di favola. Mondo di favola, badate bene, molto concreto perché qui, nella valle, si producono grandissimi vini, primo fra tutti il tradizionale Vino Santo Trentino spremuto dalla Nosiola appassita.

Giuseppe con Gino, Rosanna, Tullia e Clara, conducono in regime biodinamico l’azienda creata da nonno Gino ai primi del ‘900. Circa 5 ettari piantati a Cabernet sauvignon e franc, Nosiola, Rebo, un po’ di Chardonnay e di Schiava, con cui producono una media di 22.000 bottiglie.

Il Vino Santo è il gioiellino di famiglia, raro (solo 3.000 bottiglie nel migliore dei casi) e proprio per questo curato e coccolato nei minimi dettagli.

La Nosiola viene raccolta tardivamente a fine settembre e stesa su graticci, detti “arele”, collocati in una soffitta ventilata dall’Ora, il vento del Garda tanto amato dai velisti. Si utilizzano solo i grappoli spargoli provenienti da vecchie vigne, perché sono i soli a sopportare il lunghissimo appassimento che si conclude nella settimana santa di Pasqua. Gli acini godono dell’attacco della botrytis cinerea che si sviluppa in maniera graduale grazie alla buona ventilazione.

Il tutto provoca, però un calo dell’80% per cui la resa finale in mosto è pari al massimo al 18%. La fermentazione, lentissima e naturale, avviene nelle vasche di acciaio e si protrae fino a tre anni. Dopo quattro-cinque anni il Vino Santo viene travasato in barrique di rovere dove matura per altri tre o quattro anni. Infine si conclude con un affinamento in bottiglia di 12 mesi prima dell’uscita sul mercato.

Assaggiamo l’annata 1998: ci accoglie con un affascinante colore topazio brillante e luminoso. I profumi sono raffinati e di grande eleganza e ricordano il dattero, gli agrumi canditi, e chiudono con una  leggera nota di zafferano. In bocca è piacevolmente dolce e perfettamente equilibrato dalla vena acida. I suoi 150 g/l di residuo zuccherini scorrono via agili e veloci ed invitano al secondo sorso. Bel vino da bere da solo o con i classici dolci trentini come lo zelten, ma a suo agio anche con un cremoso gorgonzola.

Presso l’azienda c’è un piccolo bar osteria dove si possono degustare gli altri vini: dal Rebo, austero con note di grafite, rustico al palato, all’Avro, Cabernet franc e Merlot, o la fresca Schiava molto beverina, ma soprattutto i delicati bianchi come la Nosiola secca e l’Aura, il tutto accompagnato da salumi, formaggi, trote e soprattutto dalla simpatia di questa famiglia capace di infondere serenità e tranquillità in chiunque.

Già che siete in zona non potete fare a meno di recarvi a Lasino, dove ha sede l’Azienda Pravis.

Vi accoglierà Erika Pedrini, figlia di uno dei soci che insieme a Gianni Chisté e Mario Zambarda conducono l’azienda dal 1972.

I vigneti giacciono su suoli composti da marna e calcare, molto poveri e privi di materia organica. In caso di stagione siccitosa è necessario intervenire con irrigazione di soccorso. Si estendono per 30 ha, dei quali 6 sono situati intorno alla cantina. Gli altri sono sparpagliati tra le montagne ed in ogni vigneto viene coltivata la varietà più adatta.

Le varietà sono le classiche trentine ed internazionali: Müller-Thurgau, Kerner, Incrocio Manzoni, Nosiola, Traminer, Chardonnay, Pinot grigio, Riesling e Sauvignon, poi Cabernet, Merlot, Syrah, il Rebo ed un ottimo Pinot Nero dalle vigne della zona Calavino. Ci sono anche specie in estinzione come la Negrara e il Groppello di Revò, vere rarità.

I vini sono molto personali e si avverte bene il legame con il terroir. Il Kerner è profumatissimo, il Sauvignon Blanc tagliente e vegetale, L’Ora, nosiola leggermente passita, fermentata in barrique di acacia, è cremosa e speziata, profumata di miele ma agile per la sua freschezza acida, il Pinot Nero sa di fragoline di bosco, ma ha anche note minerali affumicate, molto slanciato in bocca con uno stile da pinot germanico.

Tra un lago e l’altro (non perdete assolutamente il romantico laghetto di santa Massenza) potrete fare sosta per ristorarvi alla Cantina di Toblino. Qui troverete un’ampia gamma di vini e soprattutto una scelta di Vino Santo da abbinare alle saporite preparazioni dell’osteria annessa.

Paolo Valdastri