Ero passato da qui anni or sono, 15 o giù di li, per una felice cucina di campagna, carica di sapori e già ricca di ingredienti del luogo. Certo, ricordo pure, sul menù, il salmone selvaggio (notoriamente estraneo alle fresche acque del non lontano Sangro e tributo al pubblico dell’epoca ancora in preda alla febbre da Nouvelle Cuisine) ma la cifra abruzzese nei piatti era già al tempo chiara e netta.

Ci ritorno a questi giorni a Villa Maiella, alle prime pendici del massiccio, sulla via dei Sette Dolori, per rinfrescare ricordi sbiaditi di saggia ospitalità e buona cucina. Mi attendono due ore di felicità, coccolato da mani esperte e calorose; quelle di Peppino Tinari e del suo “family team” (a sottintendere la famiglia al gran completo e l’aria di casa che si respira ai tavoli, pur di immacolata eleganza).

Un piatto (su tutti) e la sua storia, fatta di incroci tra persone e luoghi lontani, ma accumunati dal genio italico :

la BATTUTA DI AGNELLO CROCCANTE AL TIMO SU CREMA DI CANESTRATO DI CASTEL DEL MONTE

Narra la leggenda che da questi tavoli transiti un giorno Vittorio Fusari. A chi ha qualche annetto “di troppo” sulle spalle ed un po’ di ristoranti stellati “nella pancia”, il nome dirà forse qualcosa: Vittorio Fusari è chef di antica notorietà (alle Maschere ed al Volto di Iseo, oggi al servizio di Vittorio Moretti nella Dispensa di Franciacorta) e pure gourmet errante e curioso (ne ho testimonianza diretta in un recente incrocio tra “famiglie in vacanza”  in quel di Caggiano alla Locanda Severino del talentuoso e giovane Vitantonio Lombardo).

Peppino e Vittorio si conoscono da tempo ed il primo non perde occasione di sfruttare il palato del secondo per fargli testare qualche sua nuova “scoperta” in fatto di ingredienti e materie prime. Il discorso ruota attorno ad una carne d’agnello che più nostrale non si può. Ad un certo punto, gira che ti rigira, scatta la scintilla; Vittorio Fusari irrompe in cucina, così racconta Peppino, e preso coltellaccio e padella s’inventa un trito di carne d’agnello che appallottolata a polpetta, arricchisce di una soffice panatura al timo e frigge “al rosa” in olio d’oliva locale. Manca solo il dettaglio finale che è una golosa crema di formaggio canestrato a spezzare con la sua sapidità la dolcezza della carne d’agnello.

Cos’è il genio? (libera citazione cinematografica, e non particolarmente dotta) Una base  d’eccellenza, una carne d’agnello assolutamente spettacolare, e pochi gesti, saggi e decisi, di chi conosce il mestiere, senza improvvisazioni ed effetti futuristici.  Il risultato è un piatto che vale il viaggio; provare per credere.

 

Daniele Bartolozzi

Coordinatore e collaboratore di Vini Buoni d’Italia – Touring Club (all’occorrenza palato errante)