Interpretazione del pinot nero secondo un piccolo produttore di Mazzon
Non si perde nella notte dei tempi la Storia di questa piccola azienda altoatesina. Una settantina d’anni da quando il padre Umberto iniziò a lavorare in mezzadria tra i filari di Mazzon. Meno di diciassette anni da quando, con la figlia Michela, ha iniziato a vinificare le proprie uve provenienti sempre dalla collina posta a sinistra del fiume Etsch (nome tirolese dell’Adige) nella Bassa Atesina.
È Michela che, nel riceverci nella sua cantina nel centro di Ora, entra immediatamente nel personaggio “vignaiola”. “La nostra filosofia è coltivare il vitigno giusto nel posto giusto”.
Figura esile, all’apparenza timida, da subito mette in evidenza un carattere da vera combattente, tenace, decisa e sicura del suo pensiero. “Spero presto che sia possibile riportare in etichetta il nome Mazzon non in quanto nome di un vino ma come zonazione vitivinicola rispettando così un territorio che risulta essere terra vocata al Pinot Noir: simbolo di origine per questo vino irripetibile e inconfondibile”.
Ben arrivati nell’Azienda Ferruccio Carlotto!
Nel mese di marzo, insieme ad amici vinogirovaghi, dediti alla scoperta dell’essenza di una provincia, quella di Bolzano. Come non cominciare dal Pinot Noir, che da oltre duecento anni ha trovato dimora da queste parti .
Niente avviene per caso. Studi in enologia di entrambi, analisi, approfondimenti sull’evoluzione del Pinot Noir nel mondo, applicazione dei sistemi di vinificazione dei grandi di Borgogna. Perché il territorio di Mazzon, nel suo piccolo, ha affinità con la Côte de Nuits.
Estrazione dei tannini dai vinaccioli evitando la possibile astringenza, macerazioni sulle bucce più lunghe per ricavare colore dalla scarsità di antociani, fermentazione parcellare e separata in inox termocontrollati, malolattica e affinamento in barriques di primo, secondo, terzo passaggio a rotazione non meno di 12 mesi e assemblaggio finale in apposito tino per poi sostare 6/8 mesi in bottiglia. Il concetto di “terroir” francese, borgognotto, capito da sempre.
Michela parla mentre noi seduti su panche ad ascoltarla in attesa della degustazione. Parla ricordando il libro scritto su Mazzon e il suo Pinot Nero insieme a Peter Dipoli. Parla dei caratteri distintivi di questo vitigno dalle origini assai remote.
Per le sue facilità a modificazioni genetiche spontanee non è assolutamente facile, direi quasi impossibile, stabilirne un albero genealogico. Qualcuno azzarda a dire che la mamma sia il Traminer e il padre il Pinot Meunier, altri solo mutazione dal capostipite Pinot Bianco. Una cosa è certa. Ai nostri giorni il riferimento come “originale” è considerato all’unanimità il Pinot noir della Borgogna e Ferruccio, insieme alla figlia Michela ne sono consapevoli insistendo sulle peculiarità di un terroir simile sulla collina di Mazzon.
Infine la degustazione per capirne tipicità e caratteristiche:
Pinot Noir 2014. Vendemmia difficile nei filari di Mazzon. Macerazioni seguite ora per ora nei circa 20/25 giorni per estrarre il meglio. Vinificazione attenta per consegnare alle barriques vini precisi d’affinare. Insomma poco tempo lasciato al riposo. Ed infine la consapevolezza di aver ottenuto un Pinot non eccelso ma pur sempre posizionato nella scala degli ottimi. Rubino lucente. Ha offerto profumi di viola, frutti di bosco, felce e chiodi di garofano. Fresco, sapido, bilanciato ma per nulla semplice. Il finale ha retto anche se con difficoltà. Ottimo, voto 87/100
Pinot Noir 2012. Altra stoffa, il Pinot di Mazzon che ti aspetti. Tonalità granato. Ventaglio aromatico complesso con pot-pourri di secondari che hanno lasciato spazio a terziari seducenti. Sorso fresco e rotondo con tannini appena percettibili che hanno riportato ai grandi Borgogna. Ha stupito l’agilità che si è trasformata in eleganza. Eccellente. Voto 92/100
Abbiamo degustato anche un ottimo Lagrein 2014 (87/100) e la sempre presente buona Schiava 2015 (85/100).
“Sull’altipiano di Mazzon troviamo sparsi 12 masi, forme di insediamento rurale. Verrà il giorno che riporteremo in etichetta i loro nomi come riferimento di provenienza delle uve: i Clos di Mazzon”.
Urano Cupisti