Centinaia di assaggi durante la settimana delle Anteprime toscane, e ovunque l’idea di estrapolare i 10 migliori assaggi, e il prima possibile per di più, magari in tempo reale. Come se 10 fosse un numero magico che potesse compendiare un giorno (o più giorni) di impressioni intense. Come se al di fuori di quei 10 non vi fossero tanti altri vini meritevoli di attenzione, con molto da insegnare e raccontare.

Chi Vi scrive arriva (molto) più tardi: non ritengo di poter selezionare la mitica decina con la stessa adamantina sicurezza (e soprattutto con la stessa velocità) esibita da altri commentatori, che perciò sentitamente invidio. Tanto meno ho osato cimentarmi in questo sport pericoloso con gli assaggi di Montalcino, dove le etichette in degustazione si fanno un vanto di avere un lungo cammino di fronte a sé.

Quello che ho potuto fare, dopo meditazione lunga e comunque soggetta a più di un dubbio e di un ripensamento (nonché mediata e distillata da più di un riassaggio), è riportare alcuni vini che mi hanno colpito. Forse saranno 10, forse meno o più. Ma a mio parere meritano di essere conosciuti e apprezzati, come altri, che per mancanza di tempo e mia negligenza non citerò. E con lo sfizio, peraltro, di citare qualche nome (non tutti…) al di sotto dei radar.

In ordine sparso

Brunello di Montalcino 2013 Il Bosco di Grazia: sottile ma non magro, leggero ma non senza sapore, fresco e reattivo ma con succo, si distende con naturalità con un coté floreale che non abdica al frutto. Beva irresistibile.

Rosso di Montalcino 2016 Fattoi: un piccolo Brunello, un Bignami del Sangiovese. Tannino fermo e rifinito, sapidità, cornucopia di frutto tra ciliegia marasca, prugna, lampone, più qualcosa di fragrante tra erbaceo varietale e un che di floreale. Saporito e succoso.

Brunello di Montalcino 2013 Le Potazzine: gli si perdona volentieri un po’ di riduzione iniziale al naso, quando poi dispiega ciliegia fragrante e un tono floreale, erbaceo fresco e peposità; palato corrispondente aromaticamente, reattivo, salato, già godibile ma futuribile.

Brunello di Montalcino 2013 Padelletti: paradigmatica dolcezza di ciliegia e agrume matura, che non si stempera in mollezza ma al contrario gode di un acidità che lo rilancia al palato. Mettiamoci pure una bella presa del tannino, e oltre che piacevole adesso è pure di prospettiva.

Brunello di Montalcino 2013 Martoccia di Brunelli: se si vuole il Brunello comunque “pronto subito”, immediatamente accattivante da bere con buona pace di quello che potrebbe succedergli in futuro, difficile fare meglio di così: articolazione aromatica al naso tra fragola matura e tono floreale, un’idea di dolcezza che si ritrova avvolgente e opulenta al palato.

Brunello di Montalcino 2013 Fornace Le Ragnaie: della triade delle etichette di Riccardo Campinoti quest’anno la mia preferita. Il contrario del precedente: complesso, saporito, profondo, potente, in rilancio aromatico da centro bocca. Definirlo con una parola? Futuribile, oppure buonissimo; anzi, meglio usarle tutte e due.

Brunello di Montalcino Riserva 2011 Lisini: se il naso brilla per verace complessità aromatica, la bocca dilaga: opulento, sapido, fresco, si beve da Dio a dispetto della massa, ed è pure lungo. Dubbio amletico se dimenticarlo in cantina, o “fare fuori” le bottiglie immediatamente e pentirsene, anzi no.

Rosso di Montalcino 2016 Vasco Sassetti: il classico caso in cui ti domandi se l’etichetta non sia sbagliata, ovvero un Brunello sotto mentite spoglie, perché è terroso agrumato avvolgente fresco, e non manca di dolcezza. Però si beve come un vero Rosso, e scusate se è poco.

Rosso di Montalcino 2016 Solaria: un Rosso di Montalcino può essere molte cose: un Brunello mancato, o in pectore, o un ripiego, o un vino più immediatamente bevibile. Qui l’ultima versione: forse è un po’ semplice, ma maturità e godibilità del frutto (dei frutti) sono assolute, al punto che dovrebbe esserne proibita la commercializzazione in formato inferiore alla Magnum, tanto la singola bottiglia non basta…

Brunello di Montalcino Riserva 2012 AdAlberto Caprili: la soluzione al problema del riscaldamento globale è tenersi strette le vigne vecchie. Qui, in una delle zone più calde di Montalcino, si fanno un baffo dell’annata (manco a dirlo, calda…), e integrano i 15° di alcool in una struttura di mirabile compiutezza e beva, con l’acidità che rilancia e allunga la dolcezza del frutto. Bello.

Rosso di Montalcino 2016 Le Chiuse: bevuto a cena con la produttrice, e i complimenti d’obbligo son venuti spontanei. La quadratura del cerchio tra le citate due possibili interpretazioni di Rosso, tra l’immediatezza e l’ambizione. Anche se qui la legittima aspirazione ad un’interessante evoluzione passa in secondo piano, perché è talmente buono che viene voglia di berlo subito.

Brunello di Montalcino 2013 Costanti: naso tra i più complessi con già evidenza (oltre a tutto il resto) quella nota di tabacco che fa tanto Sangiovese. E palato austero, preciso nell’estrazione tannica, fintamente compresso sulle prime, per terminare (lungo) deliziosamente dolce. Qui però mi sbilancio: aspettatelo, ne vale la pena.

Questo è. Alla fine ho sforato, sono dodici belle emozioni. E se non sono scientificamente le più formidabili, al di là di ogni ragionevole dubbio (come qualche report di degustazione proclama), sono convinto lo saranno per qualcuno.

Ad maiora e in alto i calici.

Riccardo Margheri