Giudicare la nuova annata di Brunello a Montalcino in quel di Benvenuto Brunello pone più di una difficoltà. Vedi le anticipazioni dei critici, di solito d’oltre oceano, che hanno degustato la nuova annata en primeur, e relativi mugugni; le previsioni sulla base dei precedenti assaggi di Rosso di Montalcino; le aspettative, ecc.

Chi Vi scrive, volutamente a bocce ferme, nel tentativo di sottrarsi alla frenesia del “chi lo scrive prima”, e meditati i propri appunti, propone qualche riflessione, qualche punto fermo che possa servire per interpretare un’annata tanto attesa quanto meno univoca del previsto.

  • Non è assolutamente vero che tutti i Brunello 2013 abbiano una grande acidità: più di un campione mostrava una certa “soddisfatta” opulenza, un andamento poco reattivo al palato, un’idea di un ciclo di vita già percorso per la maggior parte. E questo in un millesimo previsto come agile e slanciato.
  • Appunto, anche un’annata come il 2013 pone più di un problema al viticoltore. L’influsso del riscaldamento globale, caso mai la questione fosse ancora controversa, non si può più negare. Sempre più la combinazione tra localizzazione del vigneto (nel senso di esposizione), ventilazione, gradiente termico tra il giorno e la notte diviene cruciale per l’equilibrio finale del vino e le sue potenzialità di evoluzione.
  • Detto più estesamente, il terroir sta riconquistando sempre più il ruolo che gli compete: le condizioni pedoclimatiche, e il modo in cui il viticoltore le interpreta attraverso l’età del vigneto, che garantisce uno sviluppo più equilibrato.
  • In soldoni: la ricerca dell’estratto, ovvero di una struttura che consenta al vino la longevità che compete alla tipologia, avviene attraverso una maturazione prolungata e una vendemmia ritardata, che nelle posizioni più assolate impongono il pedaggio della riduzione dell’acidità; solo le piante “vecchie”, con il loro intimo equilibrio, evitano questo rischio.
  • Non è, quindi, un caso che alcune delle riuscite più godibili siano da ricercare tra quei vini che più coerentemente perseguono uno stile votato all’eleganza e alla facilità di beva. Che non vuol dire banalità: spesso una apprezzabile profondità sapida fa presagire un luminoso futuro.
  • Per tacere dei Rosso di Montalcino 2016, ingiustamente trascurati in sede di degustazione, che confermano il loro status di vini tra i più sottovalutati d’Italia, con un rapporto qualità/prezzo commovente: sia nel caso dei vini dal frutto più immediato, sia nel caso dei “piccoli Brunello”, più assertivi nella struttura e maggiormente articolati dal punto di vista aromatico.

Volendo incasellare la splendida complessità di una simile denominazione in poche frasi: i migliori assaggi di Brunello 2013 non deludono chi si attendeva un’annata di valore, reattiva e longeva. A fronte, alcuni vini già colti in una fase evolutiva godibile in sé, ma che non fa presagire un luminoso futuro.

E poiché da Montalcino è lecito attendersi il fascino che lega i grandi vini al tempo, forse meglio ricorrere a dei Rosso di Montalcino raramente così buoni.

Riccardo Margheri