Quei pazzi vignaioli di montagna

Quattro anni fa la scommessa. Oggi una realtà consolidata. Quattro anni fa dicemmo e scrivemmo: “ma questi pazzi dove vogliono andare”. Oggi, i pazzi, hanno avuto ragione grazie alla loro caparbietà vera sintesi di tenacia e passione.

Lucca, 13 aprile, complesso di San Micheletto. Eccopinò 2015. I vignaioli dell’Appennino hanno lasciato le loro vigne e sono scesi a valle, per la prima volta in città. Per farsi conoscere, per gridare, urlare con finezza, soavità e delicatezza, quasi sussurrando: esistiamo, ci siamo.

Nonostante le modeste dimensioni aziendali, non per niente amano definirsi artigiani del vino,con 16.000 bottiglie prodotte su base annua, gli otto vignaioli non rinunciano a proporre pinot noir di personalità, ricchi di colore, dalla robusta intelaiatura tannica (rispetto ad analoghi di altre zone). I terreni posizionati in Valli distanti tra loro (Casentino, Mugello, Lunigiana e Garfagnana), profondi e generosi nelle singole dotazioni, presentano analogie che li accomunano  in quella filosofia che li porta a condividere la pratica o il semplice interesse verso l’agricoltura biologica e biodinamica.

Ma soprattutto a diffondere il loro credo (trattasi veramente di un credo, fede) ovvero “diffondere, nell’immaginario collettivo, la realtà appenninica toscana come territorio vocato al pinot nero”. Una gran bella scommessa che, partita dall’indifferenza di molti e la curiosità di pochi, giorno dopo giorno, con cocciutaggine, irremovibilità è riuscita ad ottenere lusinghieri risultati. E la sala piena di giornalisti, bloggers, uomini di vini, ne è la testimonianza.

Otto produttori a raccontare passioni, trasporti, sentimenti ma anche timori, preoccupazioni, paure. Alcuni a spiegare scelte che pongono l’essere umano al centro di un percorso che cura i vari processi, dalla vigna alla cantina, con epicentro il paesaggio che li circonda. Altri alla conduzione agricola biologica, con interventi limitati, lavorando con tutto quello che la natura offre. Tutti appassionati al mondo del “vino naturale”, l’utilizzo corrente di questa definizione che si contrappone al “convenzionale”. Comunque la si pensi questi vignaioli, innegabilmente e concretamente, ci credono e lo percepisci dai loro racconti.

Castel del Piano, Lunigiana. Nella valle del Torrente Taverone. Conduzione biologica, allevamento a guyot, basse dosi di solfiti (quanto basta), ha presentato Melampo 2012, bottiglie prodotte 2.000.

Podere Còncori, Garfagnana. Nella valle del Serchio con vigne a terrazzamento e ottima esposizione al sole. Azienda certificata biologica e biodinamica. Pinot Noir 2012, bottiglie prodotte 1.800.

Macea, Media Valle (alle porte della Garfagnana). Valle segnata dal fiume Serchio, vigneti in parte terrazzati e ad alta pendenza. Azienda recentemente certificata biologica. Macea 2012, bottiglie prodotte 1.800.

Il Rio, Mugello. Vigneto reimpostato a lyra, conduzione prevalentemente biologica. Particolare attenzione a tutte le fasi di vinificazione limitando gli interventi all’essenziale. Ventisei 2012, bottiglie prodotte 4.000.

Terre di Giotto, Mugello. Si raggiungono i 590 metri di altezza con conduzione agronomica che si attiene ai principi della biodinamica. Gattaia 2012, bottiglie prodotte solo 800.

Fattoria Il Lago, Mugello. Anche con i vigneti di questa azienda si raggiungono i 600 metri di altitudine. Ha una dimensione maggiore con i suoi 21 ettari di estenzione. Pinot Nero 2012, bottiglie prodotte 2.200.

Voltumna, Mugello. Passione per l’agricoltura per un progetto collettivo. Società cooperativa per condividere intenti che pongono l’uomo in un continuo confronto con la natura. Pinot Nero 2012, bottiglie prodotte 1.400.

Podere della Civettaja, Casentino. Rimane in una Toscana quasi isolata dove, ancora oggi, le famiglie vivono e lavorano come contadini e boscaioli. Conduzione biologica con vinificazioni in maniera naturale. Pinot Nero 2012, bottiglie prodotte 4.000.

Due parole sulla vendemmia 2012, la protagonista dell’incontro. Annata difficile che ha portato quasi tutti i produttori a vendemmiare in ritardo (intorno alla metà di settembre, più o meno). Il Pinot nero ci regala sempre queste momenti di esaltazione e preoccupazione. Ė un vitigno nobile, principesco, viziato. Chiede sempre attenzione e continui interventi e, quando dona risultati eccellenti, sprigiona vero amore da parte dei viticoltori.

Analisi sensoriale in generale. Pinot dal colore rubino marcato (per alcuni ho notato una luminosità maggiore), naso di confetture di ribes, lamponi, resina di pino e inaspettate note evidenti floreali. Sorsi bilanciati  e appaganti con evidenti tracce di acidità e tannini ben tessuti. Finale per alcuni lungo, per altri un po’ meno con speziature evidenti.

Il prossimo anno sarà la volta della Lunigiana ad ospitarli e ospitarci perché sarò presente a seguire questi pazzi di montagna.

(volutamente ho evitato di riportare l’analisi sensoriale e i voti dei singoli assaggi. In un contesto simile sarebbe stato irriverente)

Urano Cupisti