Storia di un Banco d’Assaggio

Banco d’Assaggio del Corriere del Vino: Barbaresco. L’altro Grande Vino facente parte dei TRE “B” (Barbaresco, Barolo e Brunello) con un unico comune denominatore: Grandi Vini prodotti da monovitigni, che identificano un territorio.

Barbaresco, l’aristocratico, anche se il nome è legato ai popoli barbari che causarono la caduta dell’Impero Romano. Nelle ricerche storiche si trova anche “Barbarica Silva” che ha a che fare con il popolo ligure in fuga. Ogni grande Vino si perde nei tempi in storie e leggende che lo rendono ancor più fascinoso. Mi piace identificarlo come “aristocratico” e legarlo all’800, a Cavour, alla Marchesa Falletti ed ai Savoia. Dargli quella sua verità che lo contraddistingue dalla vicinanza con il Barolo e “liberarlo” da quella sudditanza che lo vorrebbe, ancor oggi, Barolo al femminile per la sua eleganza, raffinatezza, stile.

Il suo colore intenso ma non troppo, con sfumature dal rubino al granato che suscita profumi fruttati su di un letto di spezie dove predominano il pepe verde, la cannella e la nocciola. Ė meno longevo del Barolo ma, a volte, riesce a raggiungere i 20-30 anni con disinvoltura. Meglio berlo tra 8-15 anni per apprezzarlo con migliori risultati.

La zona di produzione comprende i territori dei Comuni di Barbaresco, Treiso, Neive e parte di Alba.  Le differenze le fanno le posizioni collinari, le cascine, i singoli vigneti.

Ne abbiamo assaggiati cinque provenienti dalle sottozone Asili, San Rocco Senio d’Elvio, Martinenga e da altre. Come sempre, tra loro, un intruso prodotto con lo stesso vitigno e nello stesso territorio ma fuori dai canoni del disciplinare e rientrante nella Doc più generica Langhe Nebbiolo.

Ma vediamoli nei particolari accompagnati dalle note sensoriali descrittive:

Produttori del Barbaresco, vendemmia 2010, selezione dai 100 ettari di proprietà. Colore rubino intenso, al naso il frutto in evidenza con speziature avvolgenti. Palato fresco, sapido in equilibrio con alcolicità e morbidezze. Tannini fini e persistenza lunga. Bel ritorno gusto-olfattivo. Pecca ancora di gioventù. Voto Barbaresco, l’aristocratico

Sanadaive di Marco e Vittorio Adriano, vendemmia 2005, selezione dalla zona di san Rocco senio d’Elvio-Alba. Un Barbaresco giunto alla sua migliore maturazione. Decisamente granato, ruota nel calice con media consistenza lasciando evidenti tracce gliceridi. Al naso una bella intensità apre alla complessità fatta di frutti rossi , ginepro e pepe nero. Al gusto stesse percezioni con sapore lungo, equilibrato e tannini maturi. Voto Barbaresco, l’aristocratico

Langhe Nebbiolo di Giacomo Fenocchio, 2012. L’intruso Una gran bella novità. Facile da capire per la spiccata gioventù ma difficile da posizionare. Langhe o oltre il Tanaro? Rubino luminoso, frutto importante, facile beva, Un bel Langhe Nebbiolo che ci ha fatto discutere molto. Voto Barbaresco, l’aristocratico

Barbaresco Asili di Roagna, vendemmia 2006. Ricco e articolato nei profumi. Elegante e fine trama speziata. Palato maturo equilibrato e persistente con rimandi piacevoli e continui. Un barbaresco veramente aristocratico. Voto Barbaresco, l’aristocratico e chapeau!

Camp Gros Martinenga delle Tenute Cisa Alinari dei Marchesi di Gresy, vendemmia 2004. Una conferma, una piacevole conferma. L’annata aiuta molto. Colore “barbaresco”, con splendida fusione olfattiva che rimanda alle viole, ai mirtilli, alle nocciole e alla noce moscata aprendosi su toni balsamici. Palato equilibrato con trama tannica fine. Ha molto da raccontare questo splendido Barbaresco. Voto Barbaresco, l’aristocratico e chapeau!

Barbaresco di Prunotto. Vendemmia 1999, uve provenienti dal Comune di Treiso. Ha colpito la sua consistenza. Al naso le evidenti ossidazioni, lasciano spazio poco a poco al suo fruttato e alle note speziate e balsamiche. Al palato dona ancora la piacevolezza del grande barbaresco. Equilibrio, persistenza e ritorni con limitate ossidazioni che accompagnano la beva importante. Voto Barbaresco, l’aristocratico

Al di là di ogni razionale valutazione restano i vini a raccontare le loro storie, la loro provenienza, l’appartenenza ad un territorio vocato. L’analisi sensoriale è ogni volta un’esperienza del tutto interna e soggettiva. La componente culturale e conoscitiva è quella più difficile da trasmettere ma quando ci si riesce è la più affascinante. Spero di essere stato all’altezza.

Urano Cupisti