Le nostre opinioni dopo una giornata di assaggi

La giornata di Anteprima del pout pourri delle più varie denominazioni toscane, svoltasi quest’anno in quel della Fortezza da Basso, è al contempo divertente e sfibrante. Divertente per la varietà di assaggi a disposizione, che impedisce a prescindere di annoiarsi (qualora ve ne fosse il rischio degustando vini toscani…); sfibrante perché chiaramente si tenta freneticamente di farsi un’idea consistente dei vini proposti. In quelle circostanze gli assaggi rischiano di non essere esaustivi, e necessitano comunque di un successivo riscontro. Pure, un’impressione specifica di una qualche fondatezza con la dovuta attenzione la si può ritenere, con la dovuta attenzione. Ecco quindi le opinioni di chi Vi scrive, denominazione per denominazione.

Montecucco

Pare aver percorso un altro passo del cammino che dovrebbe condurla a divenire la nuova Terra Promessa del Sangiovese (almeno per le posizioni meglio esposte): infatti positivo l’assaggio dei Sangiovese Riserva. In ordine decrescente di anzianità: il Sottocasa 2010 di Poderi Firenze ha un naso reso complesso dell’evoluzione (anche terrosità e idrocarburi, e una nota di scorza di arancia amara molto Montalcino style) con un palato di buona presa tannica. Bene il Viandante 2011 di Tenuta L’Impostino, maturo al naso, bocca tesa di acidità, accattivante finale dolce di frutto: non pare avere quasi 15° di alcool.

Qualità consistente nei 2012, apparsi comunque ancora bisognosi di ulteriore tempo di bottiglia. In ordine sparso: grande materia fruttata e palato avvolgente per il Licurgo di Perazzeta, un poco frenato dal legno; promettente la freschezza e la trama tannica del campione di Parmoleto; per ora in riduzione olfattiva, ma dal palato tonico di acidità quello di Campi Nuovi; di maturità e balsamicità accattivanti Ad Agio di Basile (rientrato nell’alveo della Denominazione); di elegante equilibrio, e dolce di una ciliegia fragrante già distesa il vino di Peteglia, che promette un interessante futuro; molto ben integrato in tutte le sue componenti, pieno senza essere pesante, il Poggio Lombrone di Collemassari, e infine il Fondo di Pio di Palmoletino, più semplice dei precedenti e proprio per questo forse il più facile da bere al momento.

Altre tipologie, ed annate: l’unico Sangiovese Ris. 2013 presente era l’ovviamente giovane campione di Assolati, ancora rigido di tannino ma saporito e dal palato disteso dall’acidità. Semplici Sangiovese in etichetta, ma ottimi il Lavico 2011 di Amiata, più profondo della media, cosa tanto più rilevante vista l’annata calda; e il Grotte Rosse 2013 di Salustri, dall’articolata progressione al palato verso un finale sapido e balsamico. Meno ambizioso ma ben disegnato il 2013 di Orcia Verde, equilibrato, dai consueti toni di eucalipto. Infine, il Montecucco Rosso 2015 di Poggio Trevvalle odora di ciliegia matura, è levigato e di gradevole, pronta beva.

Morellino di Scansano

Chi Vi scrive è convinto che la migliore caratteristica dei vini di questa denominazione sia l’immediata godibilità del frutto, e che quindi i Riserva, con qualche luminosa eccezione, costituiscono una sorta di forzatura. I miei assaggi sono stati volti a verificare questo assunto nel contesto della nuova annata 2015, e mi sono quindi limitato a degustare Morellino (appunto) annata affinati esclusivamente in acciaio. L’impressione è positiva: il millesimo pare non mancare di polpa, il frutto maturo è ben focalizzato, i vini non mancano di acidità che slancia la beva e impedisce eccessi di opulenza. Di 12 campioni assaggiati (ovviamente pochi, ma il tempo era tiranno), bene soprattutto l’Heba della Fattoria di Magliano (5% di Syrah) più chiuso di altri ma mirabilmente compiuto al palato; il Sangiovese in purezza di Terenzi, che riesce and esprimere un carattere floreale anche in termini di persistenza; e lo Spiaggiole di Poggio Maestrino, deliziosamente complesso al naso (frutta rossa e nera, una nota vegetale rinfrescante), sapido e reattivo al palato.

Ma anche altri vini erano degni di menzione: Motta, più rigido e contratto al momento ma solo perché più materico di altri; Erik Banti, opulento, con un’interessante riconoscimento di macchia mediterranea; Poggio al Lupo, con un tono speziato in evidenza e l’acidità che sostiene la progressione del frutto; A Luciano di Santa Lucia, anche con carattere vegetale varietale del Sangiovese, che rinfresca una maturità godibile. Non è veramente possibile citarli tutti, ma la consistenza dell’annata è apparsa evidente: hai visto mai che anche i Riserva… Futuri assaggi ce lo diranno.

Val di Cornia

Dopo la degustazione di campioni di diverse annate ed uvaggi, l’impressione è simile a quella colta in altre occasioni: il territorio ha uno straordinario potenziale, i vini (rossi) hanno materia ed acidità, ma talora prevale la tendenza di annichilire queste opportunità con uno stile di vinificazione troppo estrattivo, o caratterizzato da un uso eccessivamente disinvolto del legno usato per l’affinamento: si salvano da questo infortunio il Merlot in purezza Rubido 2012 dell’azienda Sant’Agnese di Paolo Gigli, slanciato dall’acidità; e il taglio bordolese Assiolo 2013 di Beppe Rigoli, affinato 12 mesi in barrique, non sfumato aromaticamente ma equilibrato e dal frutto preciso. Anche un classico della denominazione, come il Rosso degli Appiani 2012 di Sangiusto di Pierluigi Bonti (che peraltro dal 2014 non uscirà più) sfodera la balsamicità del Montepulciano ma denota rigidità di tannino. Così che alla fine il migliore assaggio è l’insolito taglio paritario tra Sangiovese e Syrah Bixbi 2013 di Terradonnà, sbarazzino nel nome come nella beva, succoso, fresco e comunque saldo nella presa di un tannino ben estratto: affinato, manco a dirlo, solo in cemento…

Riccardo Margheri

 

Nelle foto, dall’alto:

Montecucco – Fonte vinoe.it

Val di Cornia – Fonte lastradadelvino.com