Il nostro giudizio su alcune denominazioni che dovrà essere riconfermato in altre successive degustazioni
Dopo un mio precedente articolo in cui ho dato conto delle mie impressioni dagli assaggi (necessariamente pochi) di Montecucco, Morellino di Scansano e Val di Cornia, ecco una seconda tornata di denominazioni. Anche qua, non giudizi esaustivi, ma ipotesi di lavoro per inquadrare territori, che dovranno essere riconfermate in successivi occasioni di degustazione.
Cortona
Qualche bicchiere al volo, ma a mio parere sufficiente per accorgersi che il Syrah, specie nell’annata 2013, qui ben si comporta; e che si sta affrancando, con maggiori profondità e sfumature aromatiche, dallo stile un po’ monolitico, di peso, volume e tutto frutto che ne aveva segnato gli esordi, cui mi sembra tuttora legata la selezione Bramasole de La Braccesca (Antinori), di cui però veniva presentato il 2011. Bene i 2013: il Gortynia di Poggio Sorbello si esprime su frutto maturo e toni varietali e ha un palato garbato, con un’estrazione tannica prudente; più incisivo il Klanis di Tenuta Montecchiesi (proprietà della famiglia Dal Cero, dalla Valpolicella), compatto, molto ben integrato in tutte le sue componenti: naso variegato, anche con note floreali ed elegantemente vegetali, bocca più semplificata aromaticamente con finale per lo più mentolato; ma il più disteso al palato era Il Castagno di Fabrizio Dionisio, tannino fine e bell’allungo, dolcezza e volume che non stancano.
Infine, un plauso per il 2014 dell’azienda Giannoni Fabbri: il millesimo poteva rivelarsi nefasto per il Syrah, che con la sua buccia sottile teme la pioggia che gonfia l’acino fino a spaccarla; ma il vino è comunque fragrante e mentolato, leggermente piacione ma ben fatto.
Colline Lucchesi
Qui, più che altrove, corre l’obbligo di contestualizzare gli assaggi. Poiché la diffusione in zona della cultura biologica e biodinamica costringe, talvolta, a decidere se certe incertezze olfattive e gustative sono da perdonare, in funzione di una futura auspicabile evoluzione che si può auspicabilmente presagire; oppure se si tratta di effettivi, censurabili difetti. Vedi la leggera riduzione del Palistorti 2015 della Tenuta di Valgiano, peraltro equilibrato, di bella presa tannica e disteso di frutto. Oppure la lieve imprecisione al naso del Mille968 2013, interessante esperimento di assemblaggio di uve provenienti dalle tre aziende Bordocheo, Maionchi e Sardi Giustiniani, polposo, fruttato e persistente, con un pizzico di rigidità sul finale. O ancora, la differenza tra le due referenze di Fabbrica di San Martino: l’Arcipressi 2015 slanciato dall’acidità e dalle gradevoli note agrumate, e una selezione 2013 veramente troppo scombussolata, con una nota di Brettanomyces che forse nemmeno il tempo saprà eliminare.
Più rifinito il Bordocheo 2015, sapido, ora contratto, ben in equilibrio, già godibile al naso; e, nell’ambito di un’enologia tradizionale più rassicurante ma in questo caso non “rufiana”, il Villa Sardini 2015 di Pieve Santo Stefano, che fa emergere la sua caratteristica nota balsamica in una buona corrispondenza naso-bocca, e in una beva al di sopra di ogni riserva.
Valdarno di Sopra
Qui vale la pena dilungarsi, che gli spunti interessanti sono più d’uno.
Intanto in una giornata rossista, mi sono fatto convincere ad assaggiare tre vini bianchi: la Malvasia Bianca in purezza Villa Cafaggio 2015 di Podere La Madia, fermentata in botti d’acacia non tostate, saporita e con note varietali rinfrescanti piacevolmente rilanciate dall’acidità in una lunga persistenza; il Sangiovese vinificato in bianco Nero su Bianco 2015 di Gianluca Baldi, di buon volume, con personali toni agrumati e di idrocarburi; e un singolare taglio Chardonnay-Pinot Nero 2015 de La Cantina di Presciano, minerale e floreale al naso e al palato, anche qui con lunghezza più che adeguata.
Poi le conferme dalle aziende più blasonate del territorio. In primis Il Borro: il Valdarno di Sopra DOC “base” (Sangiovese con copioso saldo di Merlot) è ben fatto, dolce e accattivante come ci si può attendere da un simile uvaggio. Il Sangiovese in purezza Vigna dell’Impero 2013 di Tenuta Sette Ponti è fragrante e suadente, fitto di tannino, ben disegnato, al limite in piccolo debito di acidità. Infine Petrolo: più che il Merlot Galatrona annata 2014 frenato dal legno (e verosimilmente dal millesimo), piuttosto un Torrione (taglio di Sangiovese e vitigni bordolesi) stessa annata, che si apre con l’ossigenazione su ciliegia e mora, e riparte dinamico da centro bocca con bella fragranza; e un Sangiovese Bogginanfora 2015 sottile ma sapido, che quasi riecheggia un Pinot Nero in una lunghissima persistenza sulla dolcezza del frutto.
Non sono da meno gli assaggi di due produttori meno sotto la luce dei riflettori, già citati. Il Podere La Madia ha fatto una bellissima riuscita con il Sangiovese Bagnolo 2014, figlio dell’annata nella eleganza fragrante del naso, screziata di un vegetale garbato, a fronte di un palato saporito e adeguatamente lungo che si fa ribere con piacevolezza. Mi è piaciuto anche il Sangiovese 2015 Musicato di Gianluca Baldi, altro allungo floreale gradevolissimo, forse appena amaricante nel finale.
In sintesi, un territorio che offre vini gradevoli, misurati nell’estrazione, fragranti, di gran beva, a prezzi quanto mai ragionevoli. Urge una visita in tempi brevi: non appena chi Vi scrive ne avrà occasione, Ve ne darà conto.
Riccardo Margheri
Nelle foto, dall’alto:
Cortona (Fonte madeintuscany.it)
Valdarno di Sopra (Fonte certignano.it)