Continua la disamina degli assaggi dei vini toscani presentati in anteprima dai vari consorzi di tutela

Continuo la disamina degli effettuati sabato 13 febbraio ultimo scorso, presso l’Hotel Michelangelo a Firenze, dei vini toscani presentati in anteprima dai vari consorzi di tutela. Le impressioni sono suddivise per banchi di assaggio.

Carmignano: qualche assaggio al volo, per una denominazione che in generale si giova di un clima fresco che consente una lenta maturazione (anche fenolica) delle uve; e dove l’integrazione dei vitigni internazionali è plurisecolare: il Cabernet Sauvignon se ne sta qui da secoli, e mai abdica alle sirene di un gusto piacione. In questo contesto, saluto con piacere la riuscita classicità del Villa Capezzana 2013, sapido e fresco ritorno alle origini dopo la controversa gestione enologica di Stefano Chioccioli, consulente scrupoloso, preciso e affidabile quant’altri mai che aveva comunque impresso una propria impronta stilistica ai vini. Dell’affidabile gamma della Fattoria Ambra, un Santa Cristina in Pilli 2013 di bella fragranza e tensione acida, al solito godibilissimo; e tra le Riserve 2012, meglio l’Elzana, dolce e dal tannino fitto, di un Montalbiolo ancora scomposto. La Ris. 2012 de Le Farnete evita con cura gli eccessi legnosi del passato, e sciorina, anche qua, spinta acida e finitura tannica, anche se il frutto deve ancora dispiegarsi. Infine, al solito impressionante per polpa e volume (a dispetto dell’annata), ma davvero ancora poco leggibile Il Sasso 2014 di Piaggia.

Maremma: qui ci sarebbe voluta una giornata intera. Da un comprensorio così grande, così schizofrenicamente variegato per altitudini, giaciture, esposizioni, composizioni geologiche dei suoli, unito solo da una storica menzione geografica che aspira a diventare un brand, era disponibile una buona cinquantina di etichette di differenti annate, ambizioni, uvaggio, sistema di affinamento. Sarebbe stato teoricamente possibile costruire percorsi tematici per vitigno o per specifico areale: il tempo e le circostanze lo hanno impedito.

Quindi qualche assaggio sparso, togliendosi lo sfizio di esplorare qualche vitigno altrimenti poco praticato. Vedi il Pugnitello (sarà davvero Montepulciano, come qualcuno sostiene?) annata 2013 di Roccapesta, polposo, saporito, con l’inconfondibile nota aromatica “animale”. O il Ciliegiolo d’autore di Sassotondo, la selezione Sanlorenzo 2012 sapida e di grande spinta al palato, con il legno ancora da digerire; o più ancora un delizioso 2014 fruttato e peposo, dalla beva irresistibile. Clamorosamente balsamico al naso, pulito ma corto al gusto il Syrah Galfridus Selezione del Saggio 2013 di De Vinosalvo, dall’etichetta arcaicizzante. E poi, due Supertuscan di classe superiore: il Botrosecco 2013 della Tenuta Le Mortelle di Antinori, uvaggio dei due Cabernet, vero paradigma di eleganza bolgherese al massimo livello trasportata qualche decina di Km più a Sud; e, ovviamente, l’inossidabile Avvoltore di Moris Farms: la versione 2012 ha tannino garbato, profondità sapida, cresce da centro bocca verso un finale dolce di frutto: il legno residuo si assorbirà.

 

E, per finire, Montecucco: confesso di provare un rapporto di odio-amore per questa denominazione, capace di sfornare più di un vino di immediata piacevolezza fruttata, ma di cui viene raramente sfruttato nella sua pienezza lo straordinario potenziale di eleganza e profondità (suoli vulcanici, altitudini elevate, esposizioni inappuntabili, microclima ventilato; il tutto almeno in buona parte del territorio interessato). Alla fine di una lunga giornata di degustazione, mi sono divertito a provare etichette di aziende a me sconosciute: un Sangiovese 2011 di Marco Salustri dolce ma leggermente in debito di acidità, il coevo Poggio Mandorlo di persistente nota fruttata e buona sapidità, ma dal tannino a corto di definizione. Problema questo verosimilmente di più facile soluzione nell’interessante millesimo 2013: in attesa di ulteriori interpretazioni, il Sangiovese di Campi Nuovi mi è piaciuto per grip gustativo e fresca reattività, che ne fa presagire un interessante futuro.

Conservo le perplessità di un mio precedente assaggio sul Sangiovese Ris. 12 Poggio Lombrone di Collemassari, dopo la splendida riuscita dell’annata precedente: è chiaro comunque che è ancora in debito di bottiglia, e si può quindi auspicare che l’impressione di staticità al palato dipenda in effetti da quello. Infine, le consuete, splendide riuscite dei vini di Leonardo Salustri: un Sangiovese 2012 Santa Marta per il quale ho scritto una nota lapidaria: “buonissimo”. E l’etichetta di punta Grotte Rosse rappresentata da una bottiglia del 2006 residuata dalla degustazione guidata proposta alla stampa: matura, terrosa e caratteriale al naso, con note di scorza di arancia amara che richiamano la non lontana collina ilcinese; ormai leggermente in debito di acidità al gusto, ma di accattivante dolcezza allungata dalla inconfondibile sapidità.

Riccardo Margheri