Continuo la disamina degli effettuati sabato 13 febbraio ultimo scorso, presso l’Hotel Michelangelo a Firenze, dei vini toscani presentati in anteprima dai vari consorzi di tutela. Le impressioni sono suddivise per banchi di assaggio

Valdarno di Sopra: chi Vi scrive, ben impressionato dagli assaggi dell’anno precedente, ha passato una discreta quantità di tempo a questo desk, con più di una soddisfazione. Trattasi di denominazione spalmata sulle pendici della Valle dell’Arno a Ovest di Arezzo: causa la recentissima istituzione, è ancora poco nota e per questo, se non altro, meritevole di approfondimento. Il disciplinare sembra effettivamente ben concepito a livello tecnico, con il fine del raggiungimento di un superiore livello qualitativo generale. Vedi a questo proposito: divieto di impianto di vigneti al di sotto di 170 mt. slm; indicazione della resa massima consentita non solo per ettaro, ma anche per singola pianta, con buona pace delle vecchie vigne a bassa densità cui si impedisce la sovrapproduzione; una zonazione del territorio curata dal prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano, ecc. Meno mi convince, invece, il mantenimento del vecchio vezzo di “abbuonare” un eccesso di resa del 20% (consentendone il declassamento) nelle annate particolarmente abbondanti.

Ciò detto, individuare una cifra stilistica condivisa è in generale ancora prematuro. Gli assaggi esibiscono da un lato buona struttura; un equilibrio da registrare nelle annate più torride (e non solo) con qualche eccesso alcolico; un rapporto con il legno usato per l’affinamento talvolta ancora da risolvere per i vini più ambiziosi. Etichette assolutamente gradevoli, peraltro, non mancano a nessun livello. Bene l’unico rosato assaggiato nella giornata, il 2013 de La Salceta, polposo e sapido, anche balsamico al naso, “diritto” sul frutto al palato ma piuttosto lungo. Consistenti i risultati della batteria dell’azienda biologica La Traiana, con il Rosso Alò 2013 di succosità accattivante, scorrevole e ben bilanciata dall’acidità; il Sangiovese Campo Arsiccio 2011 frenato aromaticamente dal legno, ma ben congegnato a livello di equilibrio; e il Cabernet Sauvignon Pian del Pazzo 2011 riconoscibile nei fragranti toni varietali, con una bella acidità che lo slancia e si fa beffe dell’annata calda. Infine, incondizionato il mio apprezzamento per i vini della Fattoria di Petrolo: si parte da un Rosso In Arno 2013 dal frutto sfumato da rimandi floreali e di eucalipto, saporito e polposo, molto conveniente.

Le due espressioni del Vigna Boggina spaziano da un’Anfora 2014 tutt’altro che svilito o diluito dall’annata, alla versione “tradizionale” affinata in legno 2013 già compiuta, gradevole per finezza tannica, in attesa di regalare ulteriore allungo al palato. Dulcis in fundo le due selezioni, la base Sangiovese Torrione 2013 dove l’accattivante piacevolezza fruttata non nasconde lo slancio dell’acidità e il tannino saporito; e il celebrato Merlot Galatrona versione ancora 2013, palato di impressionante presa tannica e sapidità che ne allunga il gusto, senza pesantezza peraltro (ancora una grande acidità!): è ancora imbastito nel suo vestito di legno, ma se ne libererà dopo il necessario affinamento in bottiglia.

Cortona: necessaria qui un operazione di reset, ovvero dimenticare il tannino ruspante e gli slanci del Sangiovese per sintonizzarsi con la terra promessa del Syrah italiano, con buona pace della Sicilia. Le altre produzioni della denominazione sono infatti residuali, anche se si segnala il gradevole Merlot dei poliziani Boscarelli. Syrah, appunto, inteso all’italica maniera: ovvero dove la compatta massa di frutto talora sconta l’ancor giovane età dei vigneti (nonché, a volte, un certo stile estrattivo), e quindi non sempre si distingue per sfumature balsamiche varietali e territoriali. Quando il rapporto con il legno è più risolto, e l’acidità non abdica alla voglia di strafare nella maturazione, allora la pienezza di questa “invasione” fruttata è oggettivamente impressionante e godibile. Da dire che le annate calde certo non aiutano in questo senso, anche se il vitigno francese le sopporta meglio di altri.

Tra gli assaggi, bene il 2014 de Il Fitto, di godibile peposità varietale, ottima interpretazione di un millesimo problematico per il Syrah: la sua buccia infatti è sottile; con la pioggia l’acino si gonfia d’acqua e la spacca, con tutto quel che ne segue di distruttivo per la polpa esposta agli agenti atmosferici. Bocca semplice ma discreto allungo per il Selverello 2013 di Dal Cero, anche qui ben riconoscibile nelle note tipiche del vitigno. Tra le uscite dei celebrati Tenimenti D’Alessandro, meglio il Borgo 2013 (volume al palato, equilibrio, spinta acida, solo leggermente corto) de Il Bosco 2011, sgranato da legno usato per l’affinamento. Così, alla fine, la bottiglia di più immediata fruizione per dolcezza di frutto pare Il Castagno 2013 di Fabrizio Dionisio, fatta salva qualche impuntatura tannica anche qui ascrivibile al legno; e, peraltro, un minimo di acidità in più avrebbe giovato.

Riccardo Margheri

 

Foto tratta dal sito www.petrolo.it