L’esperienza di degustazione è suggestione che merita una meditazione successiva per sviscerarne tutte le sfaccettature, specie nel clima convulso delle Anteprime

Di recente, in rete repertori dei migliori assaggi alle più svariate manifestazioni enologiche, nelle più disparate circostanze, se ne trovano un sacco e una sporta. E sparati in rete a volte in tempo reale, con l’urgenza dello scoop vero o presunto di essere il primo (o la prima) a commentare l’evento. Chi Vi scrive una tale sicurezza dei propri strumenti conoscitivi in sede di assaggio, un tale adamantina incontrovertibile certezza delle proprie opinioni, non la attinge, e certamente non nell’immediato. Al limite la invidia, può capitare non la condivida del tutto. Perché per il sottoscritto l’esperienza di degustazione è suggestione che merita una meditazione successiva per sviscerarne tutte le sfaccettature, specie nel clima convulso delle Anteprime.

Quel che segue dunque non è una lista dei “20 (o che quel sono) migliori Chianti Classico”: è al contrario un elenco di alcune etichette che mi hanno colpito, soprattutto per piacevolezza ed espressione identitaria; sulle quali avrei piacere di ritornare (e presto o tardi lo farò); senza pretesa di esaustività, solo a mo’ di spunto di riflessione per qualche riassaggio o qualche bevuta in compagnia. Suddivise alquanto schematicamente per territorio di appartenenza, senza preminenza dell’uno sull’altro; descritte non con puntuale richiamo ai descrittori organolettici (specie olfattivi), bensì in forza delle emozioni che hanno saputo suscitare. Senza pretesa di esaustività, che tra le aziende non citate di vini gradevoli ce n’erano, eccome!

Greve in Chianti

Cigliano: il Chianti Classico annata 2012 riprende con grazia e slancio il consueto registro floreale e sapido, anche se per adesso il palato non è lunghissimo.

Villa Calcinaia: Sebastiano Capponi conferma con il Ch. Cl. 2013 Vigna La Fornace la sua pressoché stregonesca abilità nel conseguire, da vigneti di pochi anni di età, profondità e compiutezza di solito associati a impianti molto più vecchi. Bene anche Ch. Cl. 2012 e Riserva 2011, anche se in debito di bottiglia.

Triacca: da un’azienda teoricamente “industriale”, un Ch. Cl. 2013 Bello Stento suadente, dolce e fitto nel tannino, e non è la prima volta; le piccole imprecisioni aromatiche saranno verosimilmente superate da un maggior tempo in bottiglia.

Montesecondo: seguiamo con simpatia questo produttore, per la coerenza con cui applica il regime biodinamico. Il naso del Ch. Cl. 2012 è un poco feccioso, è vero: ma il palato ha succo, equilibrio, tannino risolto e allungo balsamico che articola la dolcezza iniziale.

Le Fonti: Ch. Cl. 2012 dal naso variegato tra ciliegia fragrante e geranio, quasi lamolese nel carattere; palato leggermente allentato e sgranato, ma son minuzie, e finisce dolce.

Barberino Val d’Elsa

Isole e Olena: deliziosa conferma di un Ch. Cl. 2013 tradizionalmente classico nella sua filigrana tannica e sapidità, misuratamente moderno nel ventaglio di preziosità aromatiche (dall’immacolata dolcezza di frutto al finale balsamico), con l’uvaggio internazionale – Syrah compreso – meravigliosamente integrato.

Castello di Monsanto: Ch. Cl. 2013 più immediatamente fruttato del solito, ma non per questo meno gradevole da bere; Ris. 2011 per ora espressa aromaticamente solo sulle note balsamiche, con palato ovviamente ancora chiuso, ma di rimarchevole eleganza tannica e profondità sapida: si farà…

Castello della Paneretta: davvero difficile decidere quale fosse il migliore tra il Ch. Cl. 2012 e la Ris. 2010, entrambi sottili, profondi, stilizzati, caratterizzati da un sentore di alloro molto riconoscibile. Forse alla fin fine meglio la Ris., che l’annata basa il suo impatto al palato su una leggera prevalenza alcolica.

Quercia al Poggio: probabilmente avveduta la scelta di presentarsi solo adesso con il Ch. Cl. 2011: personale il profilo aromatico (rabarbaro, cioccolato); ancora contratto il palato, ma ci sono struttura ed equilibrio. Un salto di qualità, considerato che i vertici dell’annata 2009 si giovavano anche della mancata uscita della Riserva.

Podere La Cappella: coerenti con lo stile aziendale l’annata 2012 e la Ris. 2011 di Bruno e Natascia Rossini: potenti, materici, alleggeriti dall’acidità, ora compressi ma da risentire con fiducia tra qualche anno.

Lamole

I Fabbri: a parte la conferma della paradigmatica Ch. Cl. 2012 Lamole (il nome dice tutto), le etichette di Susanna Grassi guadagnano in struttura: specie la Gran Selezione 2011, già fruttata al naso, in allungo al palato per ora solo su toni di erbe aromatiche, ma profonda e sapida.

Podere Castellinuzza: un’annata 2012 in cui la fragranza di Lamole vuole ossigenazione per aprirsi; ma se ne è ricompensati anche al palato, di buon volume e tensione e di beva slanciata.

Lamole di Lamole: alla faccia della produzione “industriale” e dello stile “scontato”: Ch. Cl. 2012 Etichetta Bianca non del tutto aperto proprio perché non banale, dal tannino fitto e ben salato; Ris. 2011 appena più rigida; e Gran Selezione 2010 Vigneto di Campolungo forse un attimo più “tecnico” al naso (speziatura dolce di legno) ma con bocca piena, profonda, sapida di territorio, dall’equilibrio integrato e dall’interessante futuro.

Panzano

Fontodi: i Ch. Cl. 2012 e 2011 scontavano in termini di esuberanza alcolica le luci della Stazione Leopolda che elevavano oltre al dovuto la temperatura di servizio, ma ciò non ne nascondeva finezza tannica, equilibrio, buona acidità, toni aromatici anche fragranti.

Il Palagio: compiutezza e stile misuratamente moderno per le etichette di Monia Piccini, con il taglio internazionale nell’uvaggio che non cancella il carattere del Sangiovese; senza dimenticare Ris. e G.S. Le Bambole, più godibile adesso soprattutto l’annata 2012, intelligentemente disegnata per raggiungere un equilibrio efficace grazie anche alla sua mineralità, con rinfrescante balsamicità finale.

Montebernardi: Ch. Cl. Retromarcia 2013 dal naso sotto sopra, ma suadente e dallo spinta acida clamorosa, così che lo si attende con fiducia; Ris. 2012 già più registrata, con bell’allungo sulla dolcezza del frutto.

Riccardo Margheri