Seconda puntata della selezione di impressioni di degustazione alla recente Chianti Classico Collection alla Stazione Leopolda di Firenze, qui dedicata agli assaggi dei produttori della provincia di Siena

Nuovamente si sottolinea che le omissioni non dipendono necessariamente da un giudizio di scarsa qualità in merito all’assaggio effettuato: alcuni vini non sono stati “rivisitati” perché si trattava delle vecchie annate, altri non erano giudicabili in quanto campionature in affinamento ancora troppo lontane dal risultato finale, ecc. ecc. Inoltre, la mancanza di spazio costringe a tralasciare numerose etichette comunque assolutamente gradevoli.

Castellina in Chianti

Bibbiano: davvero una bella batteria, con continuità nella progressione della struttura dall’annata 2013, alla Riserva 2012 Montornello e alla Gran Selezione 2011 Vigna del Capannino. L’azienda è una di quelle che maggiormente ha creduto in quest’ultima tipologia, e la superiore maturità caratteristica di questo cru consente una migliore integrazione del legno dell’affinamento: dunque opulenza di frutto all’attacco, grip tannico, non stramaturazione ma acidità rinfrescante, ulteriore apertura aromatica all’orizzonte.

Bandini – Villa Pomona: deliziosa continuità, da un’annata all’altra, nel proporre vini dalla beva slanciata e accattivante senza abdicare alla struttura: annata 2013 sottile ed elegantemente fragrante; Ris. 2012, prodotta in tirature confidenziali, di bella fittezza tannica e pulizia, e ciliegia matura!

Poggio al Sole: i vini di Giovanni Lavaz li mettiamo qua, specie la bella G.S. 2012 Casasilia: ciliegia sotto spirito e carattere tabaccoso di Sangiovese al naso, più legno ancora da digerire; bocca adesso reticente, ma di bella integrazione e promettente potenziale.

Rignana: il Ch. Cl. 2012 di Cosimo Gericke conferma che quest’annata può stupire con toni delicatamente floreali, qui abbinati a una bocca suadente, di calibrata estrazione tannica, cioccolatosa nel finale.

Lilliano: ritorno sugli scudi per un azienda dal grande passato, con vini dall’espressione aromatica accattivante: più sfumato adesso il Ch. Cl. 2011, con bocca in leggero debito di frutto rispetto al naso ma piacevolmente amaricante e balsamico nel finale; più monolitica la G.S. dello stesso millesimo, con la maturità che già si allarga al palato senza eccessi.

Radda in Chianti

Monteraponi: campionatura di Ch. Cl. 2013 dal frutto centratissimo, ma soprattutto due splendide Ris.: in particolare Il Campitello 2012, levigato, rifinito, sottile ma profondo, con uno sviluppo del frutto naturale e articolato; e un Baron’Ugo 2011 poderoso, ancora contratto ma dal volume ottimamente risolto.

Caparsa: se in Chianti c’è un vigneron nell’accezione francese del termine, è Paolo Cianferoni, autore di vini a volte ruvidi, ma certo di grande carattere e notevole potenziale di evoluzione. Come la Ris. Doccio a Matteo 2011 di gran presa tannica, spinta acida e legno ben integrato.

Val delle Corti: Ch. Cl. 2013  forse meno sfumato aromaticamente dell’annata precedente, ma di golosissima succosità; affascinante campionatura dell’annata 2014, tutt’altro che vegetale a dispetto della pioggia.

Castello di Volpaia: G:S. Puro 2011 tra le più risolte in termini di rapporto con il legno, equilibrio, con bella acidità.

Colle Bereto: conferme dai riassaggi dell’annata 2012 e della G.S. 2010, con dolcezza di frutto senza stramaturazione, elegante speziatura, note di tabacco.

Castello d’Albola: intelligentemente calibrata la Ris. 2011, dove alla ciliegia sotto spirito fa da pendant un tono floreale, e l’acidità slancia con naturalezza una bocca suadente, dal tannino rifinito.

Gaiole in Chianti

Badia a Coltibuono: stuzzicanti le selezioni di Sangiovese provenienti da Gaiole (più sfumata e complessa) e Castelnuovo della Berardenga (di grande sapidità), che confluiranno nel Ch. Cl. annata. E’ vero che così si possono meglio gestire le variabilità dei diversi millesimi, ma sono così caratterizzate che sarebbe bello poterle riassaggiare vinificate da sole. La Ris., poi, è una sicurezza.

Le Miccine: Ch. Cl. 2013 garbato come il sorriso di Paula Cook, con bella florealità, e con i toni dolci della spezia e del frutto mai smaccati e plateali.

Capannelle: Ris. 2012 sottile, ma dal personale profilo aromatico terroso e balsamico, con la foglia d’alloro in evidenza.

Castello di Ama: detto dell’affidabilità di costruzione del Ch. Cl. 2013, nell’annata 2011 tra le G.S. (tipologia di cui Marco Pallanti è sempre stato paladino) spicca il San Lorenzo, balsamico e verticale, sul Vigneto La Casuccia, ancora “imbastito” dal legno.

Cantalici: stile misuratamente moderno per vini di buona godibilità. Meglio il Ch. Cl. Baruffo 2012 rispetto alla Ris. 2011 dallo stesso nome: l’acidità meglio riscatta l’esuberanza alcolica.

Rocca di Castagnoli: batteria di strepitoso livello che consacra definitivamente l’azienda, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, tra i fuoriclasse del Chianti Classico. Si “parte” con un’annata 2013 di grande compiutezza, per passare a Ris. Poggio a’Frati e G.S. Stielle, entrambe 2011, già più aperta la prima, compatta e rifinita ma ancora compressa la seconda.

Castelnuovo della Berardenga

N.B.: queste note si basano anche sugli assaggi compiuti in sede di presentazione dei Chianti Classico del comune, organizzata dai locali produttori presso la Certosa di Pontignano vicino a Siena alla fine di gennaio 2015.

La Lama: Ch. Cl. 2012 di precisa caratterizzazione varietale, buon volume ed equilibrio, in crescita di espressione aromatica con l’ossigenazione; è semplice, è vero, ma invita a riberlo.

Querciavalle: annata 2012 con naso esuberante nel porgere il frutto, e anche il palato non delude, con buona corrispondenza; non enorme struttura, ma tannino garbato, e adeguata lunghezza.

Monaciano: altra piccola azienda non certo sotto i riflettori ma autrice di una Ris. 2011 che trova nell’immediatezza del frutto, accattivante sia olfattivamente sia al palato, il suo atout. E anche il tannino non manca di finezza.

Castell’in Villa: vini come al solito da aspettare, e come al solito ne varrà la pena. Ris. 09 sinceramente figlia dell’annata calda nella sua leggera monoliticità a livello di pienezza di frutto; ma il modo in cui le varie componenti dell’equilibrio gustativo si integrano tra loro è davvero rimarchevole, da vero fuoriclasese.

San Giusto a Rentennano: quasi troppo. La ricerca della potenza e della profondità, ovvero del pugno di ferro nel guanto di velluto, da parte di Luca Martini di Cigala attinge a dei risultati estremi. Ovvero un Ch. Cl. 2013 sontuoso e avvolgente più di sempre, con la maturità spinta al punto di scontare un leggero difetto di acidità. E una Ris. Le Baroncole 2012 con una massa tannica a livello di un Barolo (ma di quelli tosti…).

Riccardo Margheri