C’è un blog francese dal nome “Le cinq du vin”. Uno dei cinque è il mio amico Michel Smith, uno dei più profondi conoscitori di cucina internazionale e di vini del Languedoc-Roussillon. Gli altri sono dei simpaticoni, dotati del più classico degli sciovinismi di cui sono capaci solo i francesi. Durante le anteprime del 2011 David Cobbold, Jim Budd, Hervé Lalau e Marc Vanhellemont avevano appena terminato le degustazioni dei vini di San Gimignano e si erano imbarcati sul pullman che li avrebbe portati a Bolgheri.

In questo contesto si misero a scrivere valutazioni sulla prossima tappa, ovvero sui vini di Bolgheri. Tappa inutile e assurda, a loro parere. Con tutti i Cabernet della Francia del sud, che necessità c’era di perdere tempo con quei vini bolgheresi supponenti e cari? Il loro commento non lasciava adito a repliche: era secco, deciso e definitivo.

Mi è venuto a mente questo episodio tornando dalla Tenuta Ornellaia dopo aver assaggiato i vini top dell’annata 2010, annata giudicata difficile e fredda per molte zone della Toscana. Un Ornellaia di grande finezza ed eleganza ed un Masseto di buona struttura, ma armonico ed equilibrato, tra i migliori di sempre.

Arrivato a casa ho pensato di aprire una bottiglia di un vino che Michel mi aveva regalato decantandolo come uno dei migliori della Francia del Sud. Per la cronaca: Château Saint Martin de la Garrigue, Bronzinelle Coteaux du Languedoc 2001.

Delusione assoluta: un vino evoluto dai profumi marmellatosi e surmaturi, tutto calore alcolico e niente finezza. Un vino che dopo una decina d’anni in bottiglia non aveva più assolutamente niente da raccontare. Allora ho pensato che anche tra i colleghi francesi un po’ più di umiltà non guasterebbe.

Sarà pur vero che la Francia esprime grandissimi vini, senz’altro alcuni dei più grandi del mondo, anzi molti, ma la gioia di trovarsi di fronte a esemplari come l’Ornellaia o il Masseto del 2010, e si potrebbe continuare con Sassicaia, Grattamacco e via dicendo, è un qualcosa che ti riconcilia con la vita e ti rende felice di vivere in un territorio come questo. Con buona pace della Francia minore.

Tenuta dell’Ornellaia.

Le Volte 2011. Il vino base dell’azienda, ma che di base ha ben poco. Frutto netto pulito maturo e fresco, è morbido all’attacco ma ben sostenuto dalla vena acida che lo rende piacevolmente bevibile. Ha un tannino solido che lo rende buon compagno di una tavola a base di piatti di carne, soprattutto grigliate di maiale.

Bolgheri rosso Le Serre Nuove 2011. Annata con forte vampa di calore a fine agosto e maturazioni anticipate. Ma nel vino si continua a sentire una bella freschezza di profumi e di sapori. Molto eleganti i toni mentolati nel fine bocca. Un Serre Nuove di piena godibilità, dotato di tutta la razza desiderabile nei vini di quest’azienda.

Bolgheri rosso superiore Ornellaia 2010. Il vino della Celebrazione: 1985 – 2010 ovvero 25 vendemmie. La bottiglia speciale da 9 litri è interpretata da Michelangelo Pistoletto che ha scelto per l’occasione una veste austera e regale.

L’annata, con buone escursioni termiche in fase di maturazione, vendemmia in ritardo di una settimana sulle medie, ha dato luogo ad un vino raffinato e soave. Ha profumi complessi e variegati che spaziano dal frutto nero alle note di alloro ed erbe aromatiche. La trama tannica colpisce per il suo fine velluto. Il centro bocca non è concentratissimo e magari farà storcere il naso ai vecchi amanti dei vini parkerizzati, ma lo sviluppo è continuo e dinamico ed il finale lunghissimo lascia la voglia di un ulteriore bicchiere.

Masseto 2010. Ormai è un brand a sé, un vino cult conteso sulle piazze internazionali e dal prezzo conseguentemente problematico per le tasche prosciugate dalle varie IMU. Qualcuno storce il naso di fronte a questo aspetto. Io rispondo sempre che prima di arrivare ai prezzi di Petrus o della Romanée-Conti abbiamo ancora del cammino da fare e che è bene farlo.

Profumo intenso di frutto nero maturo, note speziate ed uno strano accenno di rabarbaro amaro, erbe mentolate, tabacco da sigaro. In bocca ha polpa densa e struttura piena ma ben slanciata e succosa, con tannino finissimo, dolce e sostenuto. Un vino che, come il cugino, lascia prevedere una lunghissima capacità di invecchiamento.

Ornus 2011 assaggio dalla vasca. Al primo impatto viene in mente l’espressione migliore dei vini dello Jurançon da vendemmia tardiva: profumi di agrumi canditi, cedro e mandarino, polpa fruttata e conseguente freschezza che attenua il residuo zuccherino pur alto. Lascia prefigurare un vino perfettamente a suo agio con fois gras fresco spadellato, oppure un grande Gorgonzola o un Montbrison.

Poveri amici giornalisti francesi, non sapete cosa vi state perdendo.

Paolo Valdastri