Abbiamo incontrato uno degli chef più grandi del mondo a Identitá Golose Milano

“Torna da noi, mi manchi tanto!” Ebbene sì, questa frase l’ho detta io ad un uomo! Ma non sto facendo outing. Le mie preferenze sessuali sono “all’antica” e, con tutto il rispetto e la comprensione per chi ha gusti diversi, a me piacciono sempre le donne. La frase l’ho pronunciata di fronte a quell’uomo che io continuo a considerare uno dei più grandi cuochi del mondo, un genio dell’architettura del piatto, un grandissimo conoscitore del cibo, del vino e dei relativi abbinamenti, un personaggio non facile nei rapporti umani, ma assolutamente retto e onesto nella proprio rigore professionale.

Ho incontrato Fulvio Pierangelini a Identità Golose Milano, la manifestazione ideata da Paolo Marchi e che attira ogni anno un numero sempre più consistente di grandi nomi dell’Olimpo della cucina.

Avevo richiesto all’ufficio stampa di poterlo intervistare nell’apposita sala al pari degli altri chef, subito dopo l’“omaggio” pubblico da parte di Massimiliano Alajmo e Massimo Bottura, omaggio centrato su una rivisitazione della storica passatina di ceci, e da un tortello con sfoglia tirata in forma e colori della mortadella.

Ma Fulvio, tanto per non smentire il proprio personaggio, mi fa chiamare ad un banco laterale, in disparte, ben nascosto dalla folla. Mi attende con un sorriso bonario, segno che sono ancora tra le persone che godono della sua fiducia, e questo mi rassicura, oltre a farmi piacere. Quando gli dico che “mi manca” il sorriso si allarga, poi si fa radioso quando azzardo delle perplessità sulla cucina di un suo notissimo collega. Allora piazzo lì la stoccata: “Fulvio è vero che si parla di un tuo ritorno sulla piazza di Roma?”. Ovviamente nessun commento e nessuna risposta, non mi aspettavo tanto, ma quel sorriso che permane e non si smorza, conoscendo il personaggio, vale quasi un’ammissione palese. Non c’è niente di certo, nessuna notizia sicura, ma la speranza di poter alzare il telefono e prenotare un tavolo per una cena preparata da Fulvio in un locale tutto suo non è ancora finita.

Ricordo con lui un piatto di crostacei insolitamente impreziosito da spezie orientali, decorato con una foglia caramellata e annaffiato da un trockenbeerenauslese della Mosella vecchio di venticinque anni. Era accaduto diversi anni or sono in occasione della visita di Daniele Cernilli, allora direttore della Guida Vini del Gambero Rosso. Un piatto dalla complessità impressionante, ma con un filo conduttore rigoroso, del tutto in sintonia con uno dei più grandi vini bianchi del mondo. Una sinfonia di aromi e di sapori impossibile da rimuovere dalla memoria, un capolavoro di creatività riservato a pochi intimi.

Elogio la sua meticolosità nella ricerca delle materie prime. Tutt’oggi continuo ad approvvigionarmi da una coltivatrice di ortaggi e frutta biologica indicatami da lui, così come utilizzo l’allevatore dei suoi mitici piccioni, base di un piatto tra i più famosi del suo menu accanto alla passatina di ceci. Ed in proposito Pierangelini ricorda l’origine di questa ricetta, origine che risale più o meno al 1984 quando i Marchesi Incisa e Antinori bussarono alla porta del suo ristorante per pranzare e discutere un’importante affare. Quel giorno il ristorante era chiuso e Fulvio li invitò a venire a casa sua, dove però aveva solo ceci e gamberi comprati il giorno prima. Nacque così per caso la passatina, ovviamente apprezzatissima dai due nobili personaggi, dando anche inizio ad una serie di imitazioni del piatto che a tutt’oggi è ben lungi dall’essere terminata.

Ora Pierangelini è formalmente chef del Jardin de Russie di Roma, ristorante dell’Hotel de Russie del gruppo Forte. In pratica però è responsabile della formazione degli chef e dei cuochi di tutti gli alberghi del gruppo anglo italiano sparsi per il mondo.

Gli chiedo come agisce in questa nuova situazione  per riuscire ad approvvigionarsi di prodotti all’altezza  della sua cucina, ma con numeri decisamente più importanti di quelli del Gambero Rosso e con fornitori lontani.  Esce una carrellata di nomi e cognomi e di certificazioni e garanzie per fornitori di assoluta fiducia che rispettano rigorosamente la salubrità di una cucina internazionale, ma sempre orientata sulle singole territorialità e sulla bontà della materia prima. La professionalità dello chef si è trasferita su dimensioni di scala maggiori, ma la ricerca non è meno meticolosa di quella attuata nel ristretto ambiente della costa livornese.

Parliamo dei nuovi stili di cucina e mi accorgo che al centro dell’attenzione di Pierangelini c’è si la materia prima, ma che molta parte della riuscita del piatto è dovuta alla sua genialità, alla sua creatività e sensibilità. Cose non facili da trasmettere agli “allievi”, che dovranno fare la loro parte per impegnarsi a catturare le sue preziose indicazioni. Ma quello che più conta è che i suoi piatti hanno sempre un filo conduttore logico e rigoroso e che non si disperdono in mille rivoli diversi utili soltanto per accontentare le esigenze estetiche e formali dei critici, più che a perseguire la vera armonia di sapore, di profumi, di visione.

Fulvio, torna da noi!!

 

Paolo Valdastri