A dispetto del suo nome così garbato e innocuo, la tignoletta fa parte di una specie fitofaga, che si nutre cioè delle piante su cui sempre garbatamente si posa. Un vero flagello per la vite

Quando per la prima volta ho sentito parlare di “confusione sessuale” avevo frainteso. Credevo che si stesse affrontando un problema sociologico evolutivo umano ed ero pronta a dare il mio apporto alla conversazione, cosa che fortunatamente non ho fatto.

Dopo poco ho appreso che si stava parlando della tignoletta. La qual cosa, di per sé, non mi ha in prima istanza facilitato di molto, e ha solo infittito la nebbia che velava la mia capacità di partecipazione a questa avvincente conversazione.

La tignoletta è una farfallina, che solo per essere stata evocata dapprima aveva richiamato in me graziose immagini bucoliche. Pensavo ad un bambino che saltella felice nei prati inseguendo le gentili evoluzioni della variopinta fatina alata. Mi ero confusa ancora una volta.

A dispetto del suo nome così garbato e innocuo, la tignoletta fa parte di una specie fitofaga, che si nutre cioè delle piante su cui sempre garbatamente si posa. Un vero flagello per la vite. Questa “gentil farfalletta”, altri non è che la Lobesia Botrana, un lepidottero le cui larve riuniscono con dei filamenti i bottoni floreali, formando delle matasse all’interno delle quali si sviluppano, distruggendo dapprima i fiori e poi i piccoli acini appena formati. Ma non è finita qui, la loro progenie, più molesta ancora, è capace di penetrare negli acini succhiando via tutto quello che riesce, svuotandoli.

Gli acini così danneggiati diventano scuri e si disidratano fino a rinsecchirsi completamente. L’acino ormai indebolito e ferito è alla mercé di infezioni successive da parte di muffa grigia o di  marciume acido.

Una vera catastrofe.

Non contenta, questa botrana continua ad imperversare, trasportando allegramente, già che c’è, propaguli di muffa grigia, qua e là, che deposita attraverso le sue feci, ma torniamo all’argomento principale: la confusione sessuale.

Come in ogni razza vivente il richiamo dell’ormone è forte e la botrana non fa eccezione. I maschi svolazzano verso le femmine per l’accoppiamento.

Qui interviene l’ingegno umano (e anche la censura direi), che cercando di difendere la vite dalla sciagura annunciata, ha escogitato un acuto stratagemma.

Per lunghi periodi di tempo, il viticoltore, deciso a salvare la sua vigna, la asperge con feromoni sessuali sintetici, molto simili a quelli prodotti dalle femmine di botrana.

In questo modo il maschio, smarrito, confuso e disorientato non riesce a trovare le femmine e la riproduzione è fortemente ridotta.

Affinché questo procedimento sia il più efficace possibile si devono rispettare alcuni accorgimenti: la popolazione di partenza deve essere il più possibile già ridotta, la superficie trattata deve essere isolata, non deve essere inferiore ai 2 ettari, la distanza tra i filari massima di 4,5 metri e la forma dell’impianto e delle piantagioni deve essere il più possibile uniforme.

Per quello che concerne i feromoni, questi non hanno nessuna tossicità.

Questo metodo ha il pregio di ridurre fortemente l’impiego di trattamenti chimici che sarebbero nocivi per la salute dell’ambiente.

Tirando le somme dunque è ad oggi considerato un sistema più che valido per debellare la terribile farfalla fitofaga, senza ricorrere all’utilizzo di prodotti chimici nocivi all’uomo e all’ambiente. Dunque consigliamo alla botrana di praticare l’astinenza.

Alessandra Rachini


La farfalletta (La vispa Teresa)
Luigi Sailer (1825 – 1885)

La vispa Teresa
avea tra l’erbetta
A volo sorpresa
gentil farfalletta
E tutta giuliva
stringendola viva
gridava distesa:
“L’ho presa! L’ho presa!”.

A lei supplicando
l’afflitta gridò:
“Vivendo, volando
che male ti fò?
Tu sì mi fai male
stringendomi l’ale!
Deh, lasciami! Anch’io
son figlia di Dio!”.

Teresa pentita
allenta le dita:
“Va’, torna all’erbetta,
gentil farfalletta”.
Confusa, pentita,
Teresa arrossì,
dischiuse le dita
e quella fuggì.