Elio Altare pronuncia le parole magiche del mondo del vino: “Non finisco mai di imparare”. E il bello è che ci si diverte pure.

Un percorso di vita che parte dalle prime visite in Borgogna (a basso budget: Elio raccontava di aver dormito sulle capezzagne tra un vigneto e l’altro dentro la propria 128!), dall’aspirazione a produrre un vino di superiore eleganza, e soprattutto di dare un senso alla propria fatica contadina strangolata dai mediatori di uva.

Ha allargato gli orizzonti del vino di Langa, tracciato la strada per un’intera generazione di produttori di Barolo e Barbaresco con le sue vinificazioni rivoluzionarie (in breve: uso intelligente del rotomaceratore, macerazioni brevi, calibrato ricorso al legno piccolo); ha affrontato prove non lievi, come l’avversione familiare al suo approccio innovativo, oppure il famoso episodio un’intera annata di Barolo rovinata da una partita di tappi difettosi, cosa che ha dovuto dimostrare in tribunale a colpi di perizie per avere un adeguato risarcimento.

E, soprattutto, ha prodotto vini di eccelsa suadenza, che, come sperava, un po’ “pinonnereggiano”, pur rimanendo profondamente Nebbiolo, e magnificamente valorizzando un cru come l’Arborina, cioè non uno dei più blasonati.

E adesso, con l’azienda nelle mani sicure della nuova generazione, Elio Altare si diverte. Con un progetto, chiamato Campogrande, in uno dei terroir più incredibili, e più faticosi da lavorare, di tutta la penisola, le Cinque Terre. Niente Vermentino, solo Bosco e Albarola, i vitigni di “secondo piano”. Non tante bottiglie, laggiù è impossibile. Un IGT vinificato alla borgognona, manco a dirlo, dai profumi freschi di fiori bianchi e dall’apprezzabile mineralità.

Ma anche, per “imparare”, per “sperimentare”, una barrique “dimenticata” sulle fecce nobili per 14 mesi (scusate le tante virgolette, ma è per rendere l’idea della disarmante, entusiasta semplicità con cui il produttore ne parla). Ne scaturisce un bianco avvolgente, volumico, sostenuto dall’alcool ma mirabilmente alleggerito dall’acidità, allungato dalla sapidità (marina?), profondo, agrumato, complesso, splendido. Alla faccia delle uve “minori”.

Grazie a Elio, per averci ricordato quante meraviglie enoiche ci sono ancora in giro per l’Italia, basta solo voglia di andarle a cercare. Aver voglia di imparare.