Seconda parte

Capitoni Marco: “sempre con il naso all’insù, a vedere se piove o se fà bello

si pena tanto nelle cattive annate, ma forse altrettanto nelle buone, perché allora dipende solo da noi…” Mettersi in gioco, mettere la faccia. Capisci che ti trovi di fronte uno che crede nel proprio lavoro. Insomma la vera passione e i vini lo ripagano.

Capitoni 2010 un blend di Sangiovese 80% e Merlot 20%. Rubino sfumato con un naso elegante e complesso dove il merlot marca la sua presenza. Al palato si presenta con un impatto gustativo, vigoroso.

Orcia Wine Festival 2014. Partecipe di un evento da ricordareMa è il Frasi 2009 che ti stupisce. Sangiovese 90% e 10% tra Colorino e Canaiolo. Prodotto solo in “annate eccellenti” e proveniente da un vigneto degli anni ’70. Uvaggio dei più classici con affinamento in Botti Grandi. Olfatto dove i “fruttati” lasciano il posto ai “terziari speziati” uniti in una complessità armonica. Al palato avvolgente e soffice, tannini che danzano eleganti nella parte gengivale mentre la persistenza non termina mai. Chapeau.

La Bagnaia: Di questa azienda ti ricordi soprattutto l’assaggio del Il Fattore un Petit Verdot in purezza. Un modo diverso di interpretare il territorio della val d’Orcia affidando l’incarico ad un solo vitigno, diverso. Originario del Médoc (Rive gauche del Bordeaux) ha trovato nel sud della Toscana un ambiente ideale per dare il meglio di se. Lo conosciamo come vino “d’appoggio” nei blend. In purezza si apprezza  il colore rubino, intensi profumi fruttati, floreali e speziati; molto caratteristico è il tannino intenso ma morbido e vellutato.

Campotondo: Azienda relativamente giovane, anno 2000, con la caratteristica di allevamento ad “alberello”. Interessanti i Rossi Il Tocco, il Banditone e il Bianco Tavoleto. Affascinante il Mezzodì un Sangiovese in purezza con un percorso limitato al solo acciaio per una beva fresca, equilibrata con note fruttate. Da definire “semplice ed onesto”.

Val d’Orcia Terre Senesi: Conduzione biologica. “rimarcare fin nella propria denominazione il proprio radicamento territoriale”. Azienda nata dalla passione di alcuni amici.  Da ricordare il Ripario 2010 Sangiovese 95% e Cabernet Sauvignon 5%. Svela profumi di buona intensità e al palato scorre morbido caldo con durezze che riequilibrano il sorso.

Il Pero: La Signora Diana ricorda la Storia dell’Azienda. La tradizione contadina mai dimenticata. Originalità nella tradizione. Al confine ovest della val d’Orcia, passaggio obbligato per scendere nel grossetano. Quindi rifornimento di olio e vino da consumare a livello familiare. Vino discreto sfuso. Oggi si cercano nuove strade. Tentativi con Rossi per un salto di qualità e un Bianco veramente alle origini. C’è da lavorare molto; la passione c’è (ed è già buona cosa).

La Canonica: Donella e Serenella Vannetti a dirigere l’Azienda. Vini Rossi che rientrano, con i propri vitigni, nel disciplinare. Si percepisce una qualità imprenditoriale che riesce ad esprimersi nell’assaggio dei Vini. Gradevolezza ed eleganza, sapori coerenti, a volte grintosi al femminile.  Don Giovanni, Terre dell’Asso e Orfeo, l’unico IGT.

Castello di Ripa d’Orcia: Chi scrive ha sufficiente memoria per ricordare i prodotti di questa azienda di alcuni anni fa. Troppo tradizionali da risultare anonimi. Certamente buoni, fatti con semplicità ma dimenticabili presto. La realtà odierna è diversa. Cambio nella “mano”, una maggiore attenzione nell’intero percorso, dalla zolla alla bottiglia e il raggiungimento di risultati ottimali. Un passato da ricordare per la consapevolezza di un presente e un futuro da protagonisti. Il Bianco Le Piagge, i Rossi Ripagrande, Ripa d’Orcia, Terre di Sotto. Tutti dalla tradizione di Val d’Orcia. Il Merlot in purezza Ripensis con un impianto olfattivo costituito da intensità fruttata e da una beva ben equilibrata con tannini di fine tessitura. Ma è il Borro delle Streghe un syrah in purezza che mi ha affascinato. Intensi profumi di confetture di frutti di sottobosco per una struttura dai tannini imponenti e un finale insistente e decisamente armonioso.

L’ho già detto, lo ripeto ancor più convinto: la sfida della val d’Orcia inizia da qui.


Urano Cupisti