Silvano Brescianini

Barone Pizzini: un Metodo Classico a base di Erbamat.

Quando parlo di bollicine della Franciacorta mi viene una voglia immediata di appendere la penna (o la tastiera) al muro.

Perché il Franciacorta è Franciacorta ed è rigorosamente vietato parlare di spumante, di metodo classico, di méthode champenoise, men che meno di bollicine, di frizzante e di vivace, insomma è vietato tutto, tanto che il buon Alessandro Masnaghetti era arrivato a definirlo “la Cosa”.

Un tormento per chi deve parlare di vini spumanti. Se questo precetto può essere comprensibile per il vino DOCG, davanti a un Vino Spumante di Qualità proveniente sempre da quella zona, come devo comportarmi?

Rinnegare la dizione di legge “Spumante” non è possibile. Per fortuna la definizione prosegue con Metodo Tradizionale, quindi adotterò questa forma che mette in pace tutti.

Avevo appena tirato un sospiro di sollievo per aver trovato la soluzione, quando Silvano Brescianini, Direttore della Barone Pizzini ha cominciato a parlare della composizione di questo vino: in prevalenza  Erbamat”.

Erbamat?

Che significa, sarà un distributore automatico di erba? Di questi tempi non si sa mai: Constellation Brands sta disinvestendo in vino per reinvestire 4 miliardi di dollari nella cannabis con Canopy Growth. Che sia quell’erba lì? Per fortuna, no. Siamo di fronte a qualcosa di più antico.

Il mondo delle bollicine sta conoscendo un momento di grande euforia con numeri impressionanti di bottiglie vendute. Oltre ai buoni risultati dei grandi classici, Franciacorta, Trento e Oltrepò Pavese, i grandi numeri vengono soprattutto da Asti (ora anche con la versione secco) e dal Prosecco.

Inoltre non c’è regione italiana senza un produttore che si cimenti nella spumantizzazione di qualsiasi cosa affondi le radici nella terra. Le bollicine (ecco!) italiane invadono il mondo con successo.

I giornalisti Pellucci e Tesi con Brescianini

Il fatto che in Franciacorta, ovvero nel regno dell’ortodossia, si tentino strade nuove mi ha colpito in maniera decisamente positiva, soprattutto quando ho scoperto che l’Erbamat è un antichissimo vitigno in via di estinzione per il suo carattere scorbutico.

“Non matura mai” afferma Brescianini. La sua maturazione fisiologica è definita “tardiva/molto tardiva”. Di questo vitigno si ha segnalazione già dal 1550 in un testo sull’agricoltura di Agostino Gallo, dove è citato con il nome di Albamatto, in seguito Erbamatto, mentre in epoca recente veniva coltivato per la quantità, essendo altamente produttivo.

L’Erbamat è un vitigno vigoroso e altamente produttivo e per tenerlo a bada occorrono suoli molto magri e portainnesti riduttivi al massimo. Le  difficoltà in fase di maturazione, uva tardiva che matura 6-8 settimane dopo lo chardonnay, e la sua buccia sottile avevano portato ad un suo lento abbandono da parte dei vignaioli locali, anche se la sua resistenza all’oidio e alla muffa grigia era discreta.

Un lavoro voluto dalla Provincia di Brescia e condotto dalla Statale di Milano con il Prof. Attilio Scienza lo ha riportato all’attenzione del mondo vitivinicolo.

Nel 2008 la Barone Pizzini impianta diversi filari di una selezione massale di questo vitigno con sistema di allevamento a guyot, 5.000-6.500 ceppi/ha e comincia a studiare i risultati.

I vigneti sono quelli di Prada a Corte Franca, Pian delle Viti e Roncaglia. Suoli di origine morenica recente con abbondante scheletro ghiaioso. Magrissimi, dunque. 

Il vitigno è molto vigoroso e la resa viene mantenuta a fatica, con diradamenti consistenti, entro i 90-95 qli/ha. In parallelo alle sperimentazioni, viene modificato il disciplinare che consentirà, dalla vendemmia 2017, di utilizzare l’Erbamat nei Franciacorta fino ad un massimo del 10%.

I “Tesi”

Ma intanto si preparano tre vini sperimentali, Tesi1, Tesi2 e Tesi3, tre Metodo Classico. Il Tesi1 prevede un uvaggio composto da Erbamat al 60%, Chardonnay 20% e Pinot Nero 20%. Le altre Tesi conterranno lo stesso uvaggio, ma con assemblaggi diversi per cercare di comprendere a fondo il potenziale di quest’uva e di capirne la predisposizione in abbinamento con altre varietà.

Mise en place sotto il faggio pendulo

Il 17 ottobre la Barone Pizzini ha riunito un ristretto gruppo di giornalisti del settore intorno ad una romantica tavola rotonda apparecchiata sotto un faggio pendulo al centro dei Giardini Della Gherardesca del Four Seasons di Firenze.

Il tema prevedeva la presentazione del Tesi1 e così finalmente abbiamo soddisfatto la curiosità con l’assaggio diretto. Tesi1: vendemmia prevalente 2012, tiraggio 2016, sboccatura 2018. Pressatura soffice, fermentazione in vasca inox, quindi 6 mesi in vasca e barrique di secondo passaggio. L’affinamento sur lie è di 60 mesi. Teniamo ben presente che l’Erbamat ha una acidità titolabile di 11,3 g/l con pH 2,83.

La prima impressione? Ebbene, niente che ricordi qualcosa di già  sentito, tanto meno nella Franciacorta classica. Un profilo molto personale e scontroso a tratti, realizzato con mano sicura e tecnica enologica di prim’ordine.

Perlage cremoso e continuo, fine e pungente, con colore giallo paglierino brillante. Ma è il profumo l’aspetto più personale di questo vino. Al primo impatto emergono delle note metalliche e minerali, poi un floreale di fresia e giglio che avvolge un frutto giallo di susina e uva spina accompagnate da frutta secca noce e nocciola.

Questo significa una bella complessità olfattiva, con profumi molto originali, fuori dal coro, niente di banale insomma. La  bocca è di buona consistenza, si ripete il floreale con forte accento di fresia, poi sentori citrini e di pompelmo giallo, il tutto su una vena acida molto tagliente e un finale con lunghezza di tutto rispetto.

Un vino che soddisfa il palato e impegna la mente nella comprensione della sua particolarità rocciosa, dei suoi profumi polimorfi, del suo nerbo deciso, vino perfetto per un aperitivo accompagnato da crostacei e crudo di pesce, ma anche a suo agio con preparazioni di mare, nel nostro caso da un risotto con cime di rapa, calamaretti spillo e ricci di mare.

Tartare di scampi

Già perché ad accompagnare il vino era previsto l’intervento di chef Vito Mollica del Palagio, il ristorante del Four Seasons.

Una tartare di scampi con insalata di funghi e nocciole accompagnava il Franciacorta Dosaggio Zero Animante, sapido cremoso di bella avvolgenza e freschezza.

Il risotto, come detto, accompagnava l’esordio in società dell’erbamat con il Metodo Classico Tesi1.

Il baccalà con crema di ceci e confit di cipolla di Certaldo aveva ben due vini al suo servizio di accompagnamento: il Franciacorta Dosaggio Zero Riserva Bagnadore pieno e vibrante e il pluripremiato Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico 2015 di Pievalta, consistente, solido, vanigliato, minerale e fruttato, scattante nel finale.

Baccalà con cipolla di Certaldo

Per finire un croccante al caffè d’orzo con gelato al fior di latte e ovetto di arancia di esecuzione magistrale.

Un grande chef, Vito Mollica, i cui piatti precisi, giustamente personali, con ingredienti impeccabili e ben riconoscibili, avrebbero potuto porre in secondo piano la personalità dei vini. Personalità che invece si è dimostrata spiccata e decisa, allo stesso livello di eccellenza della cucina di Mollica.

In conclusione, attendiamo con grande interesse la presentazione del Tesi2 e, perché no, anche del Tesi3.

Paolo Valdastri