Mediatis fornisce infatti vini sconosciuti e a volte molto particolari che solleticano la curiosità degli enofili smaliziati

Nel mare di vini e di progetti dedicati al suo sviluppo, anche commerciale, la novità Mediatis cerca il suo spazio puntando, per l’importazione e la distribuzione nel mercato italiano, su due caratteristiche: solo vini “estremi” e solo cantine di persone conosciute da vicino.

La sfida è stata presentata in questi giorni a Roma con diversi appuntamenti, tra questi una cena per la stampa specializzata presso il ristorante La Pallacorda mercoledì 12 novembre, nella quale sono stati degustati vini italiani, georgiani e sloveni con risultati più o meno attesi. La squadra è formata da un imprenditore che mai prima d’ora si era occupato di vino, Riccardo Siviero, e da un gruppo di “tecnici” (sommelier ma non solo) capitanati da Luca Cristaldi, accompagnato nella cena del 12 dalla sommelier Alessandra Quattrocchi.

L’avventura è agli inizi ma le sue caratteristiche identitarie sono già ben rappresentate. Tentare di sfondare in Italia con etichette georgiane piuttosto che sudafricane, sempre di alta qualità, non è un gioco semplice e vincere la partita richiede appunto idee chiare, coraggio e determinazione. Non parliamo di vini da scaffale della grande distribuzione ma di realtà, magari anche di medie dimensioni, di categoria superiore e spesso afferenti a vitigni autoctoni e recuperati, comunque mai distribuite nel nostro Paese. Il valore aggiunto quindi c’è, il tempo ci dirà se la fortuna aiuterà l’impresa ma si può subito dire che gli appassionati possono essere felici di questa novità, Mediatis fornisce infatti vini sconosciuti e a volte molto particolari che solleticano la curiosità degli enofili smaliziati. A volte possono anche spiazzare, certamente, ma questo fa parte del gioco di chi vuole scoprire e non fermarsi a quanto già conosciuto.

Le aziende protagoniste della serata di presentazione alla stampa di settore sono state le due italiane Dea Rivalta (Valdobbiadene – Veneto) e Marco Bianco (Asti – Piemonte), la slovena Zanut e la georgiana Nina Ananiashvili e Wine Art. Una bella pattuglia di etichette che spaziano tra l’estremo, anche troppo, del Kisi georgiano al “piacione” del Sauvignon sloveno, passando per prodotti ricercati e fini come le due versioni di Prosecco. Vini da consumare con regolarità e vini da assaggiare almeno una volta, tutti comunque con un loro significato, pur sempre variabile in funzione del singolo consumatore e dei suoi gusti.

 

Note di degustazione dei vini che hanno accompagnato la cena del 12 novembre a Roma:

Valdobbiadene Prosecco superiore DOCG Extra Dry “Incontri” – Azienda: Dea Rivalta

Vino dal bel giallo paglierino, con un ottimo equilibrio che lo premia alla lunga pur nella sua semplicità. Il residuo zuccherino, come sempre, sembra più apprezzato dal pubblico femminile. Mediatis, i vini estremi hanno il loro punto di riferimento nella distribuzione

Valdobbiadene Prosecco superiore DOCG Brut “Nero” – Azienda: Dea Rivalta

I sei mesi in autoclave si sentono, le bollicine sono fini ma soprattutto ne guadagnano i profumi di frutta matura e la suadenza di un prodotto di alto livello. Mediatis, i vini estremi hanno il loro punto di riferimento nella distribuzione

Sauvignon 2012 – Azienda: Zanut Kocijancic (Slovenia)

Un vino che esprime al massimo i sentori classici del Sauvignon, un impatto olfattivo fin troppo potente comunque mitigato dalla sapidità e da una buona beva. Forse troppo spostato sulle note morbide, in una parola un po’ “piacione”. Mediatis, i vini estremi hanno il loro punto di riferimento nella distribuzione

St. Helene Kisi 2010 – Azienda: Nina Ananiashvili e Wine Art (Georgia)

Il vino estremo è servito. Il Kisi è un vitigno autoctono georgiano, tutte le fasi di lavorazione sono svolte in anfora e vengono addirittura aggiunti raspi in fermentazione. Il risultato è un vino quasi rosato, con sentori di ossidato, di erbaceo e addirittura una punta di torbato. In bocca è spigoloso, troppo forte la sensazione acetica e comunque non molto equilibrato. Se vogliamo farlo rientrare nella categoria “vino”, forse meglio considerarlo un dopo pasto da meditazione, il consiglio è di assaggiarlo almeno una volta nella vita. Mediatis, i vini estremi hanno il loro punto di riferimento nella distribuzione

La Nina 2010 – Azienda: Nina Ananiashvili e Wine Art (Georgia)

Un taglio bordolese con il Malbec, in quota minima, al posto del Merlot mentre il resto è appannaggio dei due Cabernet. Vino piacevole al naso, con sentori armonici che introducono ad un gusto elegante ma forse leggermente corto. Mediatis, i vini estremi hanno il loro punto di riferimento nella distribuzione

Moscato D’Asti DOCG 2012 “Villa” – Azienda: Marco Bianco

Il Moscato adatto a farmi riconciliare con la categoria. I profumi sono intensi e ricchi come deve essere ma in bocca l’eleganza alleggerisce la sensazione dolce che poco sopporto. Forse il fatto di non consumarlo “fresco” ma vecchio di due anni aiuta l’espressione completa di questo vino (Magari dell’intera tipologia?). Mediatis, i vini estremi hanno il loro punto di riferimento nella distribuzione

 

Nota gastronomica.

Il ristorante “La Pallacorda” in piazza Cardelli a Roma, un angolo della più nota via della Scrofa, ha accompagnato la cena Mediatis con un menu di pesce, che è il territorio in cui si muove meglio la cucina con prodotti freschi dei mari locali (soprattutto Anzio e Terracina) il che è un grande merito, e una portata di carne nel finale per sposare l’unico vino rosso della serata. Splendidi i locali all’interno di un palazzo storico, elegante l’arredamento e professionale l’accoglienza. A tavola sono stati serviti Insalata tiepida di polpo alla mediterranea su passata di ceci al rosmarino, Risotto al ragout di spigola, pomodori secchi e punte di asparagi al limone, Calamaro ripieno di patate e pesce in salsa di pachino arrostiti, Filetto di manzo mignon in crosta di pasta kataifi con fondo bruno e olive taggiasche, Torta soffice caprese con fonduta di cioccolato bianco.

Strano a dirsi ma, nonostante la specializzazione del ristorante sul pesce il piatto che più ci ha colpito è stato l’unico a base di carne. Il filetto era perfetto in cottura, morbido e con la giusta succulenza. La pasta kataifi accompagnava bene il sapore intenso della carne e del fondo bruno mentre le olive davano quella sterzata pungente per non stancare la bocca con la sensazione dolciastra del resto. Un secondo davvero molto piacevole.

Fabio Ciarla